Per analizzare lo stato di salute delle vie biliari il medico potrebbe raccomandare un esame denominato Colangiografia Percutanea Transepatica o PCT. Vediamo in cosa consiste. Intro.
Il Piano sanitario del Fondo ASIM prevede la copertura delle spese per numerosi esami di “Alta diagnostica radiologica (esami stratigrafici e contrastografici, “anche digitale”)”, tra cui la Colangiografia Percutanea Transepatica o PCT.
I lavoratori aderenti al Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa, ovvero quelli del comparto Servizi di Pulizia, Servizi Integrati/Multiservizi, possono accedere anche a ulteriori test diagnostici, come ad esempio l’angiografia e l’artrografia.
Nonostante un nome alquanto articolato, la colangiografia percutanea transepatica (PCT) non è altro che una radiografia alle vie biliari con l’impiego di un mezzo di contrasto.
Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire in cosa consiste la colangiografia percutanea transepatica, come si esegue e a cosa serve.
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In cosa consiste la colangiografia percutanea transepatica
La colangiografia percutanea transepatica è un esame diagnostico sicuro ed efficace, seppur invasivo, finalizzato alla valutazione delle vie biliari, e consente di evidenziare eventuali alterazioni e, in alcuni casi, aiuta il medico a individuare le cause delle stesse.
Di fatto, si tratta di una radiografia con mezzo di contrasto, ma per capire meglio in cosa consiste la PCT è necessario chiarire cosa si intende per vie biliari.
Semplificando, possiamo immaginare le vie biliari come una sorta di sistema di trasporto, composto da varie strade, i cosiddetti dotti biliari (dotti epatici, dotto cistico, dotto epatico comune), attraverso i quali passa la bile prodotta dal fegato, per poi raggiungere la cistifellea e l’intestino tenue, al fine di favorire la digestione.
Grazie alla colangiografia, quindi, si possono analizzare i dotti biliari e verificare la presenza di calcoli, tumori, cisti, stenosi o altre alterazioni che impediscono il naturale passaggio della bile.
Come si esegue l’esame
Secondo quanto riportato nelle “Linee Guida per il miglioramento della qualità nella Colangiografia Percutanea Transepatica e Drenaggi biliari” sviluppate dalla SIRM – Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica, la PCT è una procedura diagnostica
“che consiste nel posizionamento, mediante guida imaging e in condizioni di sterilità, di un ago da 21-gauge o di calibro minore, all’interno di diramazioni biliari periferiche; successivamente l’iniezione di mezzo di contrasto consente di opacizzare le vie biliari, delineandone l’anatomia.”
Quindi, per eseguire questo esame si inserisce, sotto sedazione locale, un ago all’interno delle vie biliari periferiche e si inietta il liquido di contrasto, che serve a opacizzare i dotti e renderli più visibili.
Non è un esame di facile esecuzione, per questo oggi si tende a un suo impiego per scopri terapeutici più che per quelli diagnostici, preferendo a tale scopo mezzi meno invasivi per l’imaging dell’albero biliare, come l’ecografia transaddominale, la colangiopancreatografia, la risonanza magnetica, la tomografia computerizzata e l’ecografia endoscopica.
Il suo impiego principale, allo stato attuale, consiste nell’esecuzione del drenaggio biliare percutaneo transepatico, ovvero nella rimozione della bile in eccesso che si è accumulata lungo i dotti a causa di ostruzioni varie, o nell’inserimento di uno stent, che allargando le vie favorisce il suo deflusso.
In genere si sottopone il paziente a una profilassi antibiotica a partire dalla sera prima dell’esame, per prevenire una delle complicanze principali della PCT, ovvero l’infezione.
I soggetti allergici o in terapia con farmaci anticoagulanti devono comunicarlo subito al medico, che provvederà a valutare la situazione e stabilire come e se procedere con l’esame.
Perché viene eseguita
Come spiegato, la colangiografia percutanea transepatica può aiutare a diagnosticare la causa di un blocco del dotto biliare, che impedisce oppure ostacola il passaggio della bile dal fegato fino all’intestino.
La bile è un liquido composto da colesterolo, sali biliari e prodotti di scarto, che aiuta il corpo a digerire i grassi. Un blocco delle vie biliari può portare a ittero (colorazione gialla della pelle), prurito della pelle o infezione del fegato, della cistifellea o del pancreas.
In presenza di questi sintomi e complicazioni, il medico può valutare la prescrizione di una colangiografia.
Quando viene eseguita, la PCT è molto spesso la prima parte di un processo in due fasi messe in atto per alleviare o trattare un blocco:
- l’esame consente di creare una sorta di mappa delle vie biliari, che può essere utilizzata per pianificare il trattamento;
- una volta acquisita la mappa e individuato il blocco, quest’ultimo può essere trattato posizionando uno stent o un drenaggio;
- il drenaggio o lo stent aiuterà il corpo a liberarsi della bile accumulata.
Liberando le vie biliari dalla bile in eccesso è possibile individuare le cause del blocco, tra cui:
- cicatrici;
- calcoli;
- cancro dei dotti biliari;
- cancro al fegato;
- cancro al pancreas;
- cancro della cistifellea.
Sarà il medico ad analizzare i risultati dell’esame e giungere a una diagnosi.
Rischi e complicanze
Abbiamo visto che la colangiografia percutanea transepatica non è un esame di semplice esecuzione, e come molti altri esami diagnostici invasivi presenta rischi e complicanze.
Secondo le linee guida succitate, i rischi di questa procedura sono molto bassi, circa il 2%, per quanto riguarda le complicanze maggiori, tra cui:
- sepsi;
- colangite;
- leak biliare;
- emorragia;
- pneumotorace;
- ascessi;
- peritonite;
- colecistite;
- reazione allergica al mezzo di contrasto.
Prima di sottoporsi all’esame il medico avrà cura di fornire al paziente tutti i dettagli relativi alla procedura, compresi i possibili rischi e le complicanze.