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Cos’è e come si manifesta il Morbo di Alzheimer

Cos'è e come si manifesta il morbo di alzheimer

La malattia di Alzheimer, più comunemente nota come morbo di Alzheimer, è la forma di demenza senile più diffusa in Italia e nel mondo. Approfondiamo insieme. Intro. 

Secondo le stime fornite dall’Epicentro dell’Istituto Superiore di Sanità, l’Alzheimer oggi colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni. In Italia si stimano circa 500mila ammalati.

Uno studio condotto nel 2007 ha previsto un aumento esponenziale dei casi di Alzheimer entro il 2050, quando 1 persona su 85 in tutto il mondo si troverà a convivere con la malattia. 

Sempre secondo queste previsioni, il 43% dei casi accertati necessiterà di un alto livello di assistenza, equivalente a quello di una casa di cura. Se si riuscisse, attraverso interventi mirati, a ridurre la progressione della malattia anche solo di 1 anno, si registrerebbero circa 9,2 milioni di casi in meno entro il 2050.

Purtroppo, ad oggi non esistono cure contro questa forma di demenza senile

Ma approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire cos’è e come si manifesta il Morbo di Alzheimer

Cos’è il Morbo di Alzheimer

Il morbo di Alzheimer è una forma di demenza senile, più precisamente si tratta di una malattia cerebrale non reversibile legata all’età che si sviluppa nell’arco di anni, causando problemi alla memoria, al pensiero e al comportamento.

Con il termine demenza si fa riferimento a diverse condizioni e disturbi neurologici e mentali, come il morbo di Parkinson ad esempio, tali da compromettere la vita quotidiana. 

Come accennato, l’Alzheimer è una malattia progressiva, in quanto i cambiamenti che avvengono nel cervello iniziano a livello microscopico molto prima che si manifestino i segni iniziali di perdita di memoria.

Questi ultimi, poi, vengono spesso sottovalutati nelle prime fasi, perché si tratta di piccole dimenticanze, cose di poco conto, che possono essere attribuite alla distrazione, alla stanchezza, o ad altre condizioni non necessariamente patologiche. 

Il decorso è sì progressivo, ma inarrestabile; questo vuol dire che, con il passare del tempo e il lento ma inesorabile invecchiamento del cervello, si può solo peggiorare

In media i pazienti possono vivere fino a 8-10 anni dopo la diagnosi della malattia.

Il Morbo di Alzheimer non fa parte del normale invecchiamento

Trattandosi di una malattia progressiva che colpisce in prevalenza soggetti over 65, si tende a pensare che sia in qualche modo una naturale evoluzione dell’invecchiamento, ma non è così

Purtroppo, questo atteggiamento provoca anche quella tendenza a sottovalutare i primi sintomi già menzionata prima. 

Le persone affette da questa malattia in una fase iniziale, infatti, sperimentano perdita di memoria e confusione, che possono essere scambiate per manifestazioni associate al normale invecchiamento

Tuttavia, i sintomi dell’Alzheimer portano gradualmente a cambiamenti comportamentali e di personalità, un declino delle capacità cognitive, come il processo decisionale e le abilità linguistiche, e problemi nel riconoscere la famiglia e gli amici, fino a causare una grave perdita della funzione mentale.

Ecco perché è importante non prendere sottogamba questi primi sintomi. Un ruolo essenziale, in tal senso, è ricoperto da familiari e amici, che possono notare segnali preoccupanti da evidenziare, invitando la persona cara a sottoporsi a visite e accertamenti medici.

Alzheimer ad esordio precoce o tardivo

Più del 90% delle diagnosi di malattia di Alzheimer si sviluppa nelle persone di età superiore ai 65 anni. In questi casi si parla di Alzheimer ad esordio tardivo.

Il decorso di questa malattia varia da persona a persona, così come il tasso di declino. Nella maggior parte delle persone, i sintomi compaiono per la prima volta dopo i 65 anni.

In pochissimi e rari casi, invece, le persone sviluppano la malattia tra i 30, i 40 e i 50 anni. Questo è quello che si chiama Alzheimer ad esordio precoce

Questi individui presentano una mutazione in uno dei tre diversi geni ereditari che causano l’inizio della malattia in età precoce (ne parliamo più avanti). 

La comunità medico-scientifica non è ancora in grado di comprendere appieno le cause della malattia ad esordio tardivo, ma probabilmente influiscono fattori genetici, ambientali e stile di vita

I tre stadi della malattia

Il morbo di Alzheimer è una malattia degenerativa progressiva, questo vuol dire che con il passare degli anni peggiora.

In genere, si tende a distinguere il percorso della patologia in tre fasi, altrimenti detti stadi. 

Stadio iniziale

Nella fase iniziale dell’Alzheimer, una persona può conservare la propria indipendenza. Ad esempio, può ancora guidare, lavorare e partecipare ad attività sociali

Nonostante questo, può sperimentare piccoli vuoti di memoria o altre difficoltà, come:

  • problemi a trovare la parola o il nome giusto;
  • difficoltà a ricordare i nomi quando viene presentato a nuove persone;
  • difficoltà nell’eseguire compiti sul lavoro;
  • dimenticare materiale appena letto;
  • tendenza a perdere o smarrire un oggetto di valore;
  • aumento dei problemi con la pianificazione o l’organizzazione.

Stadio intermedio

L’Alzheimer allo stadio intermedio è in genere la fase più lunga, e può durare per molti anni. 

Con il progredire della malattia, la persona con Alzheimer richiede un livello di cura maggiore da parte di familiari e caregiver

In questo stadio, il malato tende ad usare parole confuse, appare frustrato o arrabbiato, e agisce in modi inaspettati, come rifiutarsi di fare il bagno. I danni alle cellule nervose nel cervello possono rendere difficile esprimere pensieri ed eseguire compiti di routine.

A questo punto, i sintomi saranno evidenti e possono includere:

  • dimenticanza degli eventi o della propria storia personale;
  • tendenza a sentirsi lunatici o introversi, specialmente in situazioni socialmente o mentalmente difficili;
  • non essere in grado di ricordare il proprio indirizzo o numero di telefono, oppure il nome del liceo o dell’Università in cui si sono laureati;
  • confusione su tempo e luogo;
  • la necessità di aiuto nella scelta dell’abbigliamento adeguato per la stagione o l’occasione;
  • difficoltà a controllare la vescica e l’intestino;
  • cambiamenti delle abitudini legate al sonno. Ad esempio, tendono a dormire durante il giorno e a essere irrequieti di notte;
  • un aumento del rischio di vagabondaggio e di perdersi, anche in strade note. Capita a sei soggetti affetti da Alzheimer su dieci;
  • cambiamenti nella personalità e nei comportamenti. Ad esempio, spesso assumono un comportamento compulsivo e ripetitivo, come la tendenza a strizzare o sminuzzare i tessuti.

Fase avanzata

Nella fase finale della malattia, gli individui perdono la capacità di rispondere al loro ambiente, portare avanti una conversazione e, eventualmente, controllare i movimenti

Possono ancora dire parole o frasi, ma comunicare il dolore diventa difficile

Con il progressivo peggioramento della memoria e delle capacità cognitive, possono verificarsi cambiamenti di personalità molto evidenti, rendendo spesso necessario un aiuto per tutte le attività quotidiane.

In questa fase, gli individui possono: 

  • avere bisogno di assistenza 24 ore su 24 con attività quotidiane e cura della persona; 
  • perdere la consapevolezza delle esperienze recenti, così come del proprio ambiente; 
  • sperimentare cambiamenti nelle capacità fisiche, compresa la capacità di camminare, sedersi e, alla fine, deglutire; 
  • avere maggiori difficoltà a comunicare;
  • diventare sempre più vulnerabile a infezioni, in particolare alla polmonite.

Inoltre, trascorrendo molto tempo allettati, si espongono al rischio delle classiche piaghe da decubito

Cosa succede al cervello di un paziente affetto da Alzheimer?

Spiegare cosa succede al cervello di un paziente affetto da morbo di Alzheimer non è affatto semplice, ma la Alzheimer’s Association – associazione leader nel mondo in ambito sanitario su base di volontariato impegnata nell’assistenza, nel sostegno e nella ricerca sul morbo di Alzheimer – ha prodotto un opuscolo nel quale viene illustrato in modo molto chiaro

Prendiamo spunto da questo documento per spiegare, in poche parole, perché il cervello smette di funzionare in modo corretto in questi soggetti

Il cervello è dotato di miliardi di neuroni, che si connettono tra di loro per formare delle reti di comunicazione, ognuna delle quali è deputata a svolgere dei compiti specifici

Alcune sono coinvolte nel pensiero, nell’apprendimento e nella memoria, altre invece ci aiutano a vedere, sentire, annusare e dire ai nostri muscoli quando muoversi.

Gli scienziati ritengono che il morbo di Alzheimer impedisca a questo processo di funzionare bene, ma non sono sicuri del perché questo accada e dove si origini il problema. 

Una ipotesi si sofferma sul possibile ruolo svolto da placche e grovigli presenti in abbondanza nei cervelli dei malati, in misura molto maggiore rispetto a un soggetto sano, tali da impedire o compromettere la comunicazione tra i neuroni.

Quello che è sicuro è che la diffusione del danno provoca la perdita di capacità delle cellule di svolgere il proprio lavoro e, alla fine, la loro morte.

Sulla pagina Wikipedia dedicata al morbo di Alzheimer è presente questa interessante immagine, che mostra un confronto tra un cervello sano (a sinistra) e un cervello di una persona affetta da Malattia di Alzheimer (a destra), evidenziando la palese mutazione di quest’ultimo. 

Malattia di Alzheimer

I 3 principali segni distintivi dell’Alzheimer

Come si legge sul sito dell’autorevole National Institute of Neurological Disorders and Strokes, ci sono tre principali segni distintivi nel cervello che sono associati ai processi patologici del morbo di Alzheimer, che abbiamo già menzionato nel paragrafo precedente.

  1. Placche amiloidi, costituite da frammenti di una proteina chiamata peptide beta-amiloide mescolata con una raccolta di proteine ​​aggiuntive, resti di neuroni e frammenti di altre cellule nervose;
  2. Grovigli neurofibrillari, che si trovano all’interno dei neuroni, sono raccolte anormali di una proteina chiamata Tau, necessaria per i neuroni sani. Tuttavia, nei pazienti affetti da questa malattia, questa proteina si raggruppa creando dei grovigli, appunto, dei grumi. Di conseguenza, i neuroni non funzionano normalmente e alla fine muoiono;
  3. Perdita di connessioni tra i neuroni responsabili della memoria e dell’apprendimento. I neuroni non possono sopravvivere quando perdono le connessioni con altri neuroni. Quando i neuroni muoiono in tutto il cervello, le regioni colpite iniziano ad atrofizzarsi o a ridursi. Nella fase finale della malattia, il danno è diffuso e il tessuto cerebrale si riduce in modo significativo.

Purtroppo, l’individuazione di placche e grovigli, che rappresentano, oggi, l’unico modo di giungere a diagnosi certa di Alzheimer, è possibile solo dopo il decesso del paziente, durante l’autopsia. 

Il primo step, quindi, consiste nell’individuare in modo precoce i sintomi tipici della malattia

Quali sono i sintomi principali dell’Alzheimer

Abbiamo più volte sottolineato la natura progressiva di questa malattia, questo vuol dire che i sintomi si presentano lentamente, con intensità crescente nel corso del tempo, ma non tutti i soggetti colpiti li sperimentano allo stesso modo. 

In genere, però, i sintomi principali sono i seguenti

  • lievi problemi di memoria;
  • gravi perdite di memoria;
  • tendenza a porre più volte le stesse domande;
  • tendenza a perdersi in luoghi familiari;
  • incapacità di seguire indicazioni precise;
  • frequenti disorientamenti sul tempo, sulle persone e sui luoghi; 
  • tendenza a trascurare la propria sicurezza personale, l’igiene e la nutrizione.

In presenza di uno o più sintomi, è opportuno procedere con specifici accertamenti, per giungere a una diagnosi di Alzheimer

Come si esegue una diagnosi di Alzheimer

Come accennato prima, l’unico modo per avere la certezza che un paziente sia affetto dal morbo di Alzheimer è attendere il decesso ed eseguire l’autopsia per cercare placche e grovigli

Per questo motivo, durante il decorso della malattia si può fare solo una diagnosi di Alzheimer “possibile” o “probabile”, come sottolinea l’Epicentro dell’ISS. 

I medici, in genere, sottopongono i pazienti che si sospetta essere affetti dalla malattia ad una serie di esami, tra cui esami clinici, come quello del sangue, delle urine o del liquido spinale, test neuropsicologici per misurare la memoria, la capacità di risolvere problemi, il grado di attenzione, la capacità di contare e di dialogare e Tac cerebrali per identificare ogni possibile segno di anormalità.

Non esiste un singolo test che dimostri che una persona ha l’Alzheimer, quindi è necessario procedere per step e coinvolgere più medici specialisti, dal neurologo allo psichiatra. 

Possibile cause e fattori di rischio

Anche se gli scienziati sanno che il morbo di Alzheimer comporta il malfunzionamento delle cellule nervose, non sono ancora in grado di spiegare perché questo accade. 

Tuttavia, hanno individuato alcuni fattori di rischio che aumentano la probabilità di sviluppare l’Alzheimer

  • Età: il più grande fattore di rischio noto per l’Alzheimer è l’età crescente. La maggior parte delle persone con la malattia hanno 65 anni o più. Una persona su nove in questa fascia di età gruppo e quasi un terzo delle persone over 85 sono affetti da questa malattia;
  • Storia familiare: la ricerca scientifica ha dimostrato che chi ha un genitore, fratello o sorella con l’Alzheimer presenta maggiori probabilità di sviluppare la malattia rispetto agli individui che non ne hanno. Il rischio aumenta se più di un membro della famiglia ha la malattia;
  • Ereditarietà e genetica: i ricercatori hanno scoperto diversi geni che aumentano il rischio di Alzheimer. APOE-e4 è il primo gene di rischio identificato e rimane quello con l’impatto più forte. Altre forme comuni del gene APOE sono APOE-e2 e APOE-e3. Tutti ereditano una copia di una qualche forma di APOE da ciascun genitore. Coloro che ereditano una copia di APOE-e4 hanno un aumentato rischio di sviluppo di Alzheimer; chi eredita due copie ha un rischio ancora più alto, ma non una certezza.

Come già spiegato, però, tutti questi indicatori possono solo condurre a una diagnosi di probabile o possibile Alzheimer, perché non esiste la possibilità, durante la vita del paziente, di averne la certezza. 

Come si previene e cura il morbo di Alzheimer

Ad oggi, non esiste una cura per il morbo di Alzheimer, ma solo una serie di terapie, farmacologiche e non, che intervengono sui sintomi, per migliorare il più possibile la qualità della vita dei malati. 

Secondo alcune ricerche, è possibile intervenire in modo precoce per prevenire l’insorgere di condizioni tali da provocare la malattia

Ad esempio, si consiglia di:

  • controllare i livelli di colesterolo;
  • tenere monitorata la pressione arteriosa, soprattutto se alta; ;
  • fare attività fisica;
  • tenersi mentalmente attivi;
  • consumare alcol in quantità moderata.

In aggiunta, si dovrebbe creare un ambiente sicuro e di supporto per il paziente, ad esempio rendendo il luogo in cui trascorre le giornate luminoso, allegro, stabile e concepito per aiutare l’orientamento, con la presenza di qualche stimolo, come radio o tv, senza eccessi.

Per quanto riguarda il trattamento farmacologico, ricordiamo che esso influisce sui sintomi e non sulla malattia in sé, e consiste in genere nella somministrazione di inibitori della colinesterasi, che impedisce la rottura della acetilcolina, una sostanza chimica importante per la memoria e l’apprendimento, di memantina, o farmaci antipsicotici e antidepressivi per gli stadi più avanzati. 

Ovviamente, sarà cura del team di medici individuare il trattamento più adatto alle proprie esigenze

Lo scorso giugno è stata diffusa la notizia dell’approvazione, da parte della FDA statunitense, di un farmaco in grado rallentare gli effetti del morbo di Alzheimer

Si tratta, quindi, del primo farmaco approvato contro la malattia, e non solo i suoi sintomi.

Dopo circa un mese, però, la commissaria dell’FDA ha chiesto un’indagine indipendente sull’approvazione da parte della stessa FDA del farmaco. Puoi leggere un approfondimento qui

Si spera che la ricerca scientifica possa trovare finalmente una cura efficace contro una delle più diffuse e terribili patologie esistenti oggi.

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Le informazioni qui riportate hanno carattere divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportati sono assunte in piena autonomia decisionale e a loro rischio.
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