Cos’è il tampone per il COVID-19, come si effettua e a cosa serve? In cosa consiste, invece, il test sierologico, e qual è la differenza con il tampone? Facciamo chiarezza. Intro.
Da quando l’epidemia da nuovo coronavirus ha iniziato a diffondersi non si fa altro che parlare – giustamente – di tampone e di test sierologico.
Come spesso accade – e come è accaduto in questi mesi – l’introduzione nel dibattito quotidiano di termini e procedure alle quali non eravamo abituati in precedenza genera un po’ di confusione.
Molti non hanno capito come si effettua il tampone, a cosa serve, perché viene inserito nel naso e non in bocca, e qual è la differenza tra tampone e sierologico.
Cerchiamo di spiegarlo in questo breve articolo.
Indice dei Contenuti
Quando si parla del tampone per l’individuazione del contagio da nuovo coronavirus si fa riferimento a un test diagnostico, ad oggi l’unico in grado di favorire l’elaborazione di una diagnosi certa.
Come abbiamo spiegato nell’articolo dedicato alle differenza tra influenza stagionale e COVID-19, solo il tampone può darci la certezza di aver contratto o meno il virus SARS-COV-2.
Quello per il nuovo coronavirus è un tampone rinofaringeo, composto da un semplice cotton fioc, abbastanza lungo, che viene inserito all’interno del naso e spinto fino a raggiungere la porzione superiore della faringe.
Con il tampone si preleva un campione di muco che riveste le cellule superficiali della mucosa del rinofaringe o dell’orofaringe.
In questo video tutorial realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità si mostra come viene effettuato il tampone.
Perché si esegue il tampone rinofaringeo?
Molti cittadini si sono chiesti come mai fosse necessario effettuare un tampone rinofaringeo e non un semplice prelievo della saliva.
È presto detto.
Il virus SARS-CoV-2 provoca un’infiammazione alle vie respiratorie, quindi per la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 il campione di elezione deve provenire dalle vie respiratorie, nello specifico dalle vie respiratorie alte e non basse, da preferire invece per individuare i virus che provocano la polmonite.
La raccolta di un campione di saliva, in questo caso, non avrebbe nessun effetto.
A cosa serve il tampone?
Il tampone rinofaringeo serve a verificare un contagio in corso, analizzando il campione di muco prelevato durante l’esame.
Come si legge nel documento “Raccomandazioni ad interim per il corretto prelievo, conservazione e analisi sul tampone rino/orofaringeo per la diagnosi di COVID-19”, elaborato dall’ISS
“Dal materiale biologico viene effettuata l’estrazione e la purificazione dell’RNA per la successiva ricerca dell’RNA virale”.
Tramite l’impiego di specifici reagenti, si verifica la presenza o meno del genoma virale.
In parole semplici, il tampone ci permette di sapere se, al momento dell’esame, siamo positivi o meno al virus.
Cos’è il test sierologico?
Dopo aver spiegato cos’è il tampone, come si esegue e a cosa serve, vediamo ora in cosa consiste il test sierologico.
Come suggerisce il nome, il test sierologico è un esame del sangue, che si esegue in modo molto più semplice e rapido rispetto al tampone rinofaringeo.
Però, è importante ricordare che la praticità del test sierologico non deve farlo preferire al tampone, come vedremo.
Il test sierologico è un esame anticorpale, che ha come finalità l’individuazione di una risposta del nostro organismo in seguito ad un avvenuto contagio da SARS-CoV-2, anche in assenza di sintomi (questo elemento è centrale, come vedremo tra poco).
A cosa serve il test sierologico
Riprendendo le parole riportate su un opuscolo informativo del Ministero della Salute relativo all’indagine sierologica partita il 25 maggio scorso:
“Il test sierologico verifica la presenza nel tuo sangue degli anticorpi al nuovo coronavirus. Quando il virus contagia un individuo il suo organismo reagisce naturalmente, sviluppando gli anticorpi necessari a combatterlo. Può succedere di essere contagiati senza manifestare sintomi. Vuol dire che l’organismo ha combattuto o sta combattendo il virus senza che te ne sia accorto. Gli anticorpi restano in circolazione anche dopo la scomparsa del virus.”.
Quindi, semplificando, il test sierologico consente di verificare se il soggetto è stato contagiato in precedenza e se ha sviluppato una risposta immunitaria al virus (che richiede circa 1-2 settimane dall’avvenuto contagio).
Ecco perché non va inteso come un esame sostitutivo del tampone rinofaringeo, che consente invece di rilevare il contagio in corso, ma risulta molto utile per 4 ragioni principali:
- tracciare il contagio e fare delle stime statisticamente rilevanti sulla diffusione nella popolazione, il motivo per il quale si è indetta l’indagine sierologica a cui abbiamo fatto menzione prima;
- capire se un soggetto asintomatico, che quindi non ha sviluppato quei sintomi tali da giustificare un tampone, ha o meno contratto virus e sviluppato degli anticorpi;
- i soggetti che hanno sviluppato una risposta immunitaria sono essenziali per un eventuale raccolta di plasma per la terapia anti COVID-19 di cui abbiamo parlato qui;
- sottoporre a un tampone i soggetti positivi al test sierologico, per verificare o meno la presenza di un contagio in corso.
Come si effettua il test sierologico
Il test sierologico è un esame molto semplice, come accennato prima, che richiede poco tempo e non è per niente invasivo.
Può essere effettuato in due modalità, tramite il prelievo di sangue da una vena del braccio oppure con una piccola puntura sul dito, un po’ come avviene quando si controllano i livelli di zucchero nel sangue nei soggetti diabetici.
Un esito positivo indica l’avvenuto contagio e la produzione di una risposta immunitaria al virus. In questi casi, si può procedere all’esecuzione di un tampone per verificare la presenza o meno di un contagio ancora in corso.
Un esito negativo, invece, indica che il soggetto non è mai entrato in contatto con il virus.
Differenza tra tampone e sierologico
Quindi, qual è la differenza tra il tampone e il test sierologico? Volendo schematizzare, potremmo dire che:
- il tampone è, ad oggi, l’unico test diagnostico efficace per verificare un contagio in corso e, di conseguenza, per elaborare una diagnosi corretta;
- il test sierologico è un esame non diagnostico, che consente di tracciare il contagio, studiare la risposta immunitaria e la persistenza o meno degli anticorpi prodotti, ma non ci dice se il soggetto è positivo nel momento in cui effettua il test.
Per questo motivo, come si legge in una circolare del Ministero della Salute datata 9 maggio 2020
“[…] i test basati sull’identificazione di anticorpi IgM e IgG specifici per la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2, secondo il parere espresso dal Comitato tecnico scientifico istituito presso il Dipartimento di Protezione civile, non possono, allo stato attuale dell’evoluzione tecnologica, sostituire il test molecolare basato sull’identificazione di RNA virale dai tamponi nasofaringei, secondo i protocolli indicati dall’OMS. Infatti, il risultato qualitativo ottenuto su un singolo campione di siero non è sufficientemente attendibile per una valutazione diagnostica, in quanto la rilevazione della presenza degli anticorpi mediante l’utilizzo di tali test non è, comunque, indicativo di un’infezione acuta in atto e, quindi, della presenza di virus nel paziente e del rischio associato a una sua diffusione nella comunità. Inoltre, per ragioni di possibile cross-reattività con differenti patogeni affini, quali altri coronavirus umani, il rilevamento degli anticorpi potrebbe non essere specifico della infezione da SARS-CoV-2. Infine, l’assenza di rilevamento di anticorpi (non ancora presenti nel sangue di un individuo per il ritardo che fisiologicamente connota una risposta umorale rispetto al momento dell’infezione virale) non esclude la possibilità di un’infezione in atto in fase precoce o asintomatica e il relativo rischio di contagiosità dell’individuo”.
Insomma, in presenza di sintomi attribuibili al COVID-19, e dietro indicazione del proprio medico, l’unico modo per verificare un contagio in corso è il tampone. Il test sierologico, invece, ha altre finalità e funzioni.