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Cos’è l’artrite reumatoide e come si affronta

Cos'è l'artrite reumatoide e come si affronta

Vediamo insieme in cosa consiste l’artrite reumatoide, una malattia cronica che colpisce circa 400.000 persone in Italia e l’1% della popolazione mondiale. Intro. 

L’artrite reumatoide (AR) è una malattia infiammatoria cronica che colpisce principalmente le articolazioni, classificata come malattia autoimmune

Cosa vuol dire? Semplificando, significa che il sistema immunitario, incaricato di proteggere il corpo da agenti esterni, attacca erroneamente, nei pazienti affetti da questa malattia, i tessuti sani dell’organismo.

L’AR è una malattia diffusa in tutto il mondo, con una prevalenza di circa l’1% della popolazione. Secondo le stime fornite dalla Fondazione Umberto Veronesi, in Italia sono circa 400.000 i soggetti affetti da questa condizione, con una prevalenza molto maggiore nelle donne rispetto agli uomini. La malattia può manifestarsi a qualsiasi età, ma l’esordio è più frequente tra i 40 e i 60 anni.

Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire cos’è l’artrite reumatoide, quali sono le cause, come si manifesta, quali sono le terapie ad oggi disponibili e cosa vuol dire vivere con questa malattia.

Cos’è l’artrite reumatoide?

Per rispondere a questa domanda, partiamo da una definizione accurata, fornita dal dottor Claudio Vitali, Direttore, U.O. Medicina Interna e Sezione di Reumatologia, Ospedale “Villamarina”, Piombino (LI), in un articolo pubblicato sulla rivista della SIMG, la Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie:

“L’artrite reumatoide (AR) è una malattia infiammatoria cronica nosologicamente collocata tra le malattie autoimmuni sistemiche (o connettiviti), delle quali è la più frequente. Essa è definita classicamente come una poliartrite simmetrica ad evoluzione erosiva, nella quale si possono riscontrare sintomi costituzionali, come astenia e febbricola, e presenza di fattore reumatoide (70-80% dei casi)”.

Proviamo a fare chiarezza, e rendere il tutto più semplice da comprendere. Da questa definizione possiamo acquisire le seguenti informazioni basilari, che ci serviranno per approfondire l’argomento: 

  • l’artrite reumatoide è una malattia autoimmune, quindi provocata da un’azione anomala del nostro sistema immunitario;
  • è una malattia infiammatoria, quindi caratterizzata dalla presenza di un’infiammazione che colpisce le articolazioni e tessuti connettivi;
  • è una malattia cronica, questo vuol dire che il paziente dovrà conviverci per tutta la vita;
  • colpisce più articolazioni;
  • colpisce le stesse articolazioni su entrambi i lati. Se, ad esempio, coinvolge le mani, allora saranno interessate entrambe;
  • se non trattata, può danneggiare progressivamente le articolazioni, erodendo, quindi consumando, la cartilagine e le ossa. Questo può portare a deformità, dolore cronico e perdita della funzione articolare.

Il termine artrite reumatoide è stato coniato da Sir Alfred Garrod nel 1859 e nel 1941 fu definitivamente adottato dall’American College of Rheumatology (ACR). 

Come vedremo più nel dettaglio, l‘AR ha un impatto significativo sulla qualità di vita dei pazienti, limitando la loro capacità di svolgere le attività quotidiane, lavorative e sociali. 

La diagnosi precoce e l’inizio tempestivo di un trattamento adeguato sono fondamentali per rallentare la progressione della malattia, prevenire danni irreversibili alle articolazioni e migliorare la qualità di vita dei pazienti.

Cause e fattori di rischio dell’AR

Le cause precise dell’artrite reumatoide sono ancora sconosciute, ma la ricerca scientifica ha identificato diversi fattori che possono contribuire allo sviluppo della malattia

Si ritiene, infatti, che sia il risultato di una complessa interazione tra predisposizione genetica e fattori ambientali, che innescano una risposta anomala del sistema immunitario.

1. Fattori Genetici

L’artrite reumatoide non è una malattia ereditaria, ma la presenza di alcuni geni nel patrimonio genetico di un individuo può aumentare la suscettibilità a sviluppare questa condizione.

Sono stati condotti degli studi che hanno coinvolto dei gemelli, identici e non identici, cioè che condividono rispettivamente il 100% e il 50% del corredo genetico, dai quali è emerso come i primi avevano maggiori probabilità di sviluppare entrambi l’artrite reumatoide rispetto ai secondi.

Specifici geni del sistema di istocompatibilità umano (HLA) sono stati associati a un aumentato rischio, in particolare HLA-DRB1, considerato il più forte fattore di rischio genetico ad oggi conosciuto per lo sviluppo dell’artrite reumatoide. Detto questo, chiariamo che la presenza di questi geni non determina automaticamente lo sviluppo della malattia.

2. Fattori Ambientali

Diversi fattori ambientali sono stati associati all’aumentato rischio di insorgenza dell’artrite reumatoide, tra cui i seguenti:

  • infezioni: alcune infezioni, in particolare quelle del cavo orale, potrebbero attivare il sistema immunitario in modo anomalo, scatenando l’AR in soggetti predisposti;
  • fumo: il fumo di sigaretta è un fattore di rischio ben documentato. I fumatori hanno un rischio significativamente maggiore di sviluppare la malattia e tendono a presentare una forma più aggressiva;
  • obesità: l’obesità è associata a un aumentato rischio di AR e a una maggiore gravità della malattia;
  • dieta: alcune ricerche suggeriscono che la cosiddetta “dieta mediterranea”, ovvero una alimentazione ricca di frutta, verdura, pesce e oli vegetali, possa avere un ruolo protettivo contro l’AR. Al contrario, una dieta ricca di proteine e grassi animali sembra essere associata a un maggior rischio di sviluppare la malattia.

3. Ruolo del sistema immunitario

Come spiegato, nell’AR il sistema immunitario attacca erroneamente i tessuti delle articolazioni, in particolare la membrana sinoviale. 

Questa reazione anomala è causata dalla produzione di autoanticorpi, che si legano alle cellule della membrana sinoviale e innescano un processo infiammatorio cronico.

L’infiammazione persistente porta alla formazione del cosiddetto panno sinoviale, un tessuto anomalo che invade e danneggia la cartilagine, l’osso e i tessuti circostanti.

Sebbene la causa esatta della malattia rimanga sconosciuta, la ricerca ha fatto progressi significativi nell’identificare i fattori che contribuiscono al suo sviluppo. La comprensione di questi fattori di rischio è fondamentale per la prevenzione, la diagnosi precoce e lo sviluppo di terapie più efficaci.

Sintomi principali dell’artrite reumatoide

Come si fa a capire se si tratta di artrite reumatoide? Essa si manifesta con una varietà di sintomi, principalmente a carico delle articolazioni, ma non solo. 

Per questo motivo, possiamo individuare due macro categorie di sintomi, quelli articolari e quelli sistemici

Sintomi Articolari:

  • dolore: il dolore articolare è il sintomo predominante dell’AR. È descritto come spontaneo, continuo, spesso anche notturno, e si accentua con il movimento e il carico;
  • rigidità: la rigidità articolare è un altro sintomo distintivo. È più intensa al mattino, al risveglio, e può durare per ore, a differenza dell’osteoartrosi, in cui la rigidità tende a svanire in pochi minuti. Questa rigidità è causata dall’accumulo di liquido infiammatorio nell’articolazione durante la notte;
  • gonfiore: le articolazioni colpite si presentano gonfie a causa dell’infiammazione della membrana sinoviale (sinovite) e dell’edema dei tessuti circostanti;
  • calore e arrossamento: nelle fasi acute della malattia, le articolazioni gonfie possono essere anche più calde e arrossate al tatto;
  • limitazione funzionale: l’infiammazione e il dolore limitano la capacità di movimento delle articolazioni colpite, rendendo difficile svolgere le normali attività quotidiane.

Le articolazioni più frequentemente colpite sono:

  • mani: le piccole articolazioni delle mani, inclusi polsi e dita, sono spesso le prime a essere colpite. Si può avere difficoltà a chiudere il pugno;
  • piedi: le piccole articolazioni dei piedi, comprese caviglie e dita, sono frequentemente coinvolte;
  • ginocchia: le ginocchia sono grandi articolazioni spesso colpite dall’AR, causando dolore e difficoltà nella deambulazione;
  • gomiti e spalle: anche gomiti e spalle possono essere colpiti dalla malattia, limitando i movimenti del braccio;
  • anche: l’infiammazione delle anche può causare dolore e difficoltà a camminare, sedersi e alzarsi;
  • colonna cervicale: l’AR può colpire la colonna cervicale, in particolare la giunzione tra le prime due vertebre (atlante ed epistrofeo). 

Come già spiegato, l’interessamento articolare nell’artrite reumatoide è tipicamente simmetrico, il che significa che le stesse articolazioni su entrambi i lati del corpo sono colpite in modo simile.

Oltre ai sintomi articolari, la malattia può manifestarsi con sintomi sistemici, che interessano l’intero organismo, come ad esempio:

  • stanchezza (astenia): è un sintomo comune, spesso presente anche nelle fasi iniziali della malattia. Può essere particolarmente intensa nel pomeriggio;
  • febbre: la febbre, di solito lieve (febbricola), può accompagnare le fasi acute della malattia;
  • perdita di peso: può essere un sintomo precoce, spesso associata alla perdita di appetito;
  • indolenzimento muscolare: può causare dolore e debolezza muscolare, soprattutto intorno alle articolazioni colpite;
  • noduli reumatoidi: in alcuni casi, si formano noduli sottocutanei, non dolenti, localizzati soprattutto sulle zone sottoposte a pressione, come i gomiti;
  • sindrome sicca (o Sindrome di Sjögren Secondaria): l’AR può essere associata alla sindrome di Sjögren, che causa secchezza degli occhi e della bocca;
  • manifestazioni a carico di altri organi: la malattia può colpire anche altri organi e apparati, come pelle, occhi, cuore, polmoni e vasi sanguigni.

I sintomi possono variare notevolmente da persona a persona. Alcune possono sperimentare sintomi lievi e occasionali riacutizzazioni, mentre altre possono presentare una forma più aggressiva e progressiva della malattia.

Come si effettua una diagnosi di artrite reumatoide?

La diagnosi dell’artrite reumatoide rappresenta una sfida, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia, perché non esiste un singolo test diagnostico definitivo, ma anche perché i sintomi possono essere inizialmente sfumati e sovrapporsi a quelli di altre patologie reumatiche

Tuttavia, una diagnosi precoce è fondamentale per poter intervenire tempestivamente e rallentare la progressione della malattia, prevenendo danni articolari irreversibili.

In genere, si procede con una combinazione di controlli medici, test ed esami più o meno specifici, a cominciare da una visita con un reumatologo, durante la quale potrà raccogliere informazioni dettagliate sulla storia clinica del paziente e valutare la presenza di sintomi tipici dell’AR, come dolore, rigidità e gonfiore articolare, e la loro durata. L’esame obiettivo si concentra sulla valutazione delle articolazioni, verificando la presenza di dolorabilità, calore, gonfiore e limitazione funzionale.

Il medico potrà, successivamente, prescrivere alcuni esami aggiuntivi, che comprendono anche delle analisi del sangue. Nello specifico: 

  • fattore reumatoide: è un autoanticorpo presente nel sangue di circa il 70% dei pazienti con AR. Tuttavia, non è specifico per l’AR e può essere presente anche in altre malattie o in individui sani;
  • anticorpi Anti-CCP: gli anticorpi anti-peptidi ciclici citrullinati sono considerati un marker sierologico più specifico per l’AR rispetto al fattore reumatoide. La loro presenza è associata a una forma più aggressiva della malattia;
  • indici di infiammazione: valori come la velocità di eritrosedimentazione (VES) e la proteina C reattiva (PCR) sono indicatori generici di infiammazione. Sebbene non specifici per l’AR, sono utili per valutare l’attività della malattia.

Un ruolo importante nella diagnosi è ricoperto, senza dubbio, da alcuni esami strumentali, come:

  • radiografia: la radiografia delle articolazioni colpite, in particolare mani e piedi, può evidenziare erosioni ossee, un segno caratteristico del danno articolare causato dall’AR. Tuttavia, nelle fasi iniziali della malattia, le erosioni potrebbero non essere ancora visibili alla radiografia;
  • ecografia articolare: è un esame non invasivo che consente di visualizzare l’infiammazione della membrana sinoviale, la presenza di versamenti articolari e alterazioni a carico di tendini e legamenti. È particolarmente utile per la diagnosi precoce, in quanto può evidenziare alterazioni infiammatorie prima che si manifestino danni evidenti alla radiografia;
  • risonanza magnetica (RMN): fornisce immagini dettagliate delle articolazioni e dei tessuti circostanti, permettendo di identificare precocemente l’infiammazione, l’edema osseo e i danni alla cartilagine.

Riuscire a giungere a una diagnosi accurata contribuisce a sviluppare un piano terapeutico adatto alle esigenze specifiche del paziente. 

Come si cura l’artrite reumatoide?

Non esiste, purtroppo, una cura definitiva all’artrite reumatoide, di conseguenza il trattamento ha come obiettivo principale il controllo dell’infiammazione, il sollievo dai sintomi, la prevenzione del danno articolare e il miglioramento della qualità di vita del paziente

L’approccio terapeutico moderno si basa su una strategia multifattoriale che integra diverse componenti: 

  • una terapia farmacologica;
  • una terapia non farmacologica;
  • un trattamento chirurgico.

1. Terapia Farmacologica

La terapia farmacologica è la pietra angolare del trattamento dell’AR. Ad oggi, i farmaci utilizzati mirano essenzialmente a raggiungere i seguenti obiettivi:

  • ridurre il dolore e l’infiammazione: farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), inibitori della ciclossigenasi (COXIB) e corticosteroidi sono utilizzati per il controllo dei sintomi. I FANS e i COXIB alleviano il dolore e l’infiammazione, ma non modificano il decorso della malattia. I corticosteroidi, come il prednisone, hanno una potente azione antinfiammatoria ma possono avere effetti collaterali significativi a lungo termine;
  • modificare il decorso della malattia: i farmaci antireumatici modificanti la malattia (DMARD) rappresentano la terapia di fondo per l’AR. Il loro obiettivo è quello di rallentare o arrestare la progressione della malattia, prevenendo il danno articolare. 

La scelta del farmaco o della combinazione di farmaci più appropriata dipende dalla gravità della malattia, dalla risposta del paziente e dalla presenza di eventuali controindicazioni.

2. Misure non farmacologiche

Oltre alla somministrazione di farmaci, ai pazienti affetti da AR vengono anche fornite delle raccomandazioni, che coinvolgono lo stile di vita e il ricorso a terapie fisiche

Nello specifico, ci riferiamo a:

  • riposo e protezione articolare: il riposo è importante per ridurre l’infiammazione e il dolore durante le fasi acute della malattia. La protezione articolare si ottiene con l’utilizzo di tutori o ortesi per immobilizzare le articolazioni colpite e prevenire ulteriori danni;
  • esercizio fisico: un programma di esercizi personalizzato, che includa esercizi di stretching, di rinforzo muscolare e di mobilità articolare, è fondamentale per mantenere la funzionalità delle articolazioni, migliorare la forza muscolare, ridurre la rigidità e prevenire la perdita di mobilità;
  • fisioterapia: la fisioterapia utilizza diverse tecniche, come la TENS e le correnti diadinamiche, per ridurre il dolore e migliorare la mobilità articolare;
  • terapia occupazionale: aiuta il paziente ad adattare le attività quotidiane alle sue limitazioni funzionali, insegnando strategie per semplificare i movimenti e ridurre lo stress sulle articolazioni;
  • dieta: come accennato già prima, una dieta equilibrata, ricca di frutta, verdura, pesce e oli vegetali, è consigliata per i pazienti con AR. È inoltre importante mantenere un peso corporeo adeguato per ridurre lo stress sulle articolazioni;
  • astensione dal fumo: smettere di fumare è fondamentale per migliorare la salute generale e la prognosi della malattia;
  • supporto psicologico: l’AR è una malattia cronica che può avere un impatto significativo sulla qualità di vita del paziente. Il supporto psicologico, individuale o di gruppo, può aiutare il paziente ad affrontare la malattia, gestire lo stress e migliorare il benessere emotivo.

3. Intervento chirurgico

Nei casi in cui il danno articolare è grave e la terapia conservativa non è sufficiente, si può ricorrere all’intervento chirurgico

Le procedure chirurgiche più comuni per l’AR sono le seguenti:

  • sinoviectomia: rimozione della membrana sinoviale infiammata;
  • artroplastica: sostituzione dell’articolazione danneggiata con una protesi. Quelle di anca e ginocchio sono le più frequenti;
  • artrodesi: consiste nella fusione di due ossa per stabilizzare un’articolazione gravemente danneggiata.

Insomma, l’artrite reumatoide è una malattia complessa che richiede un approccio personalizzato al trattamento. La collaborazione tra il paziente, il reumatologo e gli altri specialisti coinvolti è fondamentale per raggiungere i migliori risultati possibili in termini di controllo della malattia e miglioramento della qualità di vita.

L’impatto della malattia nella vita quotidiana

L’artrite reumatoide non è solo una malattia che colpisce le articolazioni, ma una condizione che può avere un impatto profondo sulla vita quotidiana di chi ne soffre

La natura cronica e progressiva dell’AR, caratterizzata da dolore, rigidità, gonfiore e deformità articolari, può infatti compromettere significativamente la capacità di svolgere le attività quotidiane, influenzando la vita lavorativa, sociale, familiare e personale.

Nel concreto, i sintomi possono rendere difficoltosi o addirittura impossibili compiti semplici come aprire e chiudere barattoli o bottiglie, abbottonare camicie o allacciare le scarpe, scrivere, usare il computer o il telefono, cucinare, pulire o svolgere altre faccende domestiche, ma anche guidare, camminare o salire le scale.

La rigidità mattutina può rendere particolarmente difficile iniziare la giornata, prolungando il tempo necessario per alzarsi dal letto, lavarsi e vestirsi.

Anche la capacità lavorativa può essere compromessa, in particolare se la malattia colpisce le mani o altre articolazioni essenziali per lo svolgimento del lavoro. La fatica cronica, il dolore e le limitazioni funzionali possono portare ad assenze dal lavoro, riduzione dell’orario lavorativo o addirittura alla necessità di cambiare lavoro o andare in pensione anticipata.

Può influire negativamente sulla vita sociale, limitando la partecipazione ad attività ricreative, hobby o eventi sociali. Il dolore, la stanchezza e la paura di essere un peso per gli altri possono portare all’isolamento sociale e alla depressione. La deformità articolare può anche causare imbarazzo e influire sull’immagine di sé, rendendo difficile la socializzazione e l’intimità.

Convivere con la malattia può rendere difficile prendersi cura di sé, dei propri figli o di altri familiari a carico. La difficoltà nello svolgimento delle attività quotidiane può richiedere l’assistenza di familiari, amici o personale specializzato, modificando gli equilibri familiari e creando tensioni.

Non da trascurare, infine, è l’impatto significativo che questa condizione può avere sul benessere psicologico ed emotivo, con possibili conseguenze come, stanchezza, depressione, ansia, stress, e bassa autostima.

Chi soffre di artrite reumatoide può avere figli?

La risposta a questa domanda è: sì, una donna affetta da artrite reumatoide può avere figli sani e portare a termine la gravidanza

Secondo quanto riportato in un utile opuscolo informativo redatto dalla ALMAR – Associazione Laziale Malati Reumatici, il parto avviene generalmente in condizioni naturali e la probabilità che i neonati siano sani non è differente da quella della popolazione generale.

Anzi, la gravidanza ha addirittura un effetto regressivo sulla malattia, che infatti migliora in quei mesi nel 75 – 80% dei casi. Questo miglioramento è spesso evidente già nel primo trimestre e persiste per tutta la gestazione, anche se dopo circa 3-4 mesi si registra quasi sempre una sua riacutizzazione.

Detto questo, i farmaci in genere prescritti per il trattamento dell’AR non possono essere assunti durante la gestazione, per questo è fortemente raccomandato alle pazienti che intendono avere un figlio di programmarlo con anticipo, in modo da pianificare la sospensione della terapia gradualmente. 

Per quanto riguarda l’allattamento al seno, è consigliato, di solito, solo per un breve periodo per consentire la ripresa della terapia farmacologica evitando così riacutizzazioni della malattia.

ATTENZIONE:
Le informazioni qui riportate hanno carattere divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportati sono assunte in piena autonomia decisionale e a loro rischio.
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