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Anafilassi e shock anafilattico: come riconoscerli e affrontarli

Una donna si porta le mani alla gola con un'espressione di soffocamento, simulando i sintomi gravi di una reazione allergica come l'anafilassi e lo shock anafilattico.

Lo shock anafilattico è uno degli eventi gravi, e potenzialmente fatali, che genera più spavento nelle persone, soprattutto nei genitori di bambini piccoli, anche perché spesso si scoprono gli effetti gravi di un allergene solo dopo aver sperimentato la crisi

Per questa ragione, è importante capire qual è il meccanismo di azione, quali sono i potenziali attivatori della reazione, come agire durante l’emergenza e come gestire l’allergia nel corso della propria vita

Proviamo a fare chiarezza con questo articolo.

Qual è la differenza tra anafilassi e shock anafilattico?

Per capire bene di cosa si tratti, è essenziale innanzitutto distinguere tra anafilassi e shock anafilattico, due termini spesso utilizzati erroneamente come se fossero dei sinonimi.

L’anafilassi è una grave reazione allergica a rapida insorgenza che coinvolge simultaneamente diversi organi e apparati del corpo, tra cui la cute, il sistema gastrointestinale, l’apparato respiratorio e l’apparato cardiovascolare.

Lo shock anafilattico rappresenta la manifestazione più grave dell’anafilassi. È caratterizzato da un collasso cardiocircolatorio, con una brusca e pericolosa caduta della pressione sanguigna (ipotensione) che compromette l’irrorazione degli organi vitali. Anche se oggi si tende a utilizzare il termine più generico “anafilassi” per descrivere l’intero spettro della reazione, la distinzione rimane clinicamente importante per comprendere la severità del quadro.

Perché si verifica una anafilassi o uno shock anafilattico? 

La cascata di eventi che porta all’anafilassi o allo shock anafilattico può essere innescata da due percorsi principali:

  1. Reazioni IgE-mediate (allergiche): questo è il meccanismo allergico classico. Si verifica in individui che sono stati precedentemente sensibilizzati a una specifica sostanza (allergene). Al primo contatto, il sistema immunitario produce anticorpi di tipo IgE. Questi anticorpi si legano alla superficie di cellule specializzate, come i mastociti e i basofili. In occasione di una successiva esposizione, l’allergene si lega direttamente a queste IgE, innescando un rilascio massivo e improvviso di mediatori chimici.
  2. Reazioni anafilattoidi (non IgE-mediate): queste reazioni sono clinicamente indistinguibili dall’anafilassi ma seguono un meccanismo diverso che non coinvolge gli anticorpi IgE. La sostanza scatenante può attivare direttamente i mastociti oppure agire tramite immunocomplessi che attivano il sistema del complemento. Poiché non richiedono una sensibilizzazione preliminare, queste reazioni possono verificarsi anche alla prima esposizione a una determinata sostanza. Esempi tipici includono reazioni a mezzi di contrasto iodati usati in radiologia o a certi Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei (FANS).

Il ruolo dell’istamina

Indipendentemente dal meccanismo di attivazione, l’evento chiave dell’anafilassi è il rilascio esplosivo di mediatori chimici, primo fra tutti l’istamina

Oltre all’istamina, vengono rilasciati altri potenti mediatori come leucotrieni e prostaglandine, che contribuiscono in modo significativo alla broncocostrizione e all’infiammazione. 

Queste sostanze agiscono su diversi organi bersaglio, provocando una serie di effetti quasi simultanei:

  • vasi sanguigni: causano una potente vasodilatazione (allargamento dei vasi) e un aumento della loro permeabilità. Questo porta a una fuoriuscita di plasma nei tessuti, causando un calo della pressione (ipotensione), arrossamento cutaneo, orticaria (pomfi pruriginosi) e angioedema (gonfiore profondo, specialmente di labbra, palpebre e lingua);
  • apparato respiratorio: provocano la contrazione della muscolatura liscia dei bronchi (broncocostrizione), che si manifesta con difficoltà respiratorie (dispnea), respiro sibilante (tipico dell’asma) e tosse;
  • cuore: possono causare un aumento della frequenza cardiaca (tachicardia) come meccanismo di compenso all’ipotensione, ma anche aritmie e una riduzione della forza di contrazione del muscolo cardiaco;
  • apparato gastrointestinale: aumentano la contrazione della muscolatura intestinale (peristalsi), scatenando crampi addominali, nausea, vomito e diarrea.

Capire questi meccanismi è essenziale per riconoscere i sintomi e individuare le cause che possono scatenarli.

Le cause principali e i fattori scatenanti

L’identificazione e l’attento evitamento dei fattori scatenanti (trigger) rappresentano la prima e più importante strategia di prevenzione dell’anafilassi.

Gli allergeni responsabili possono variare significativamente in base all’età, alla geografia e alle abitudini individuali, ma alcuni sono universalmente riconosciuti come cause principali.

1. Allergeni alimentari

Gli alimenti sono tra le cause più frequenti di anafilassi, specialmente nella popolazione pediatrica.

Nei bambini, gli allergeni più comuni sono latte, uova, grano, soia, sesamo e arachidi.

Negli adulti, le reazioni sono più spesso scatenate da arachidi, frutta a guscio (noci, nocciole, mandorle), pesce, sesamo e crostacei

In soggetti altamente sensibilizzati, anche l’ingestione di quantità minime o la semplice contaminazione di un alimento (“cross-contaminazione”) possono essere sufficienti a innescare una reazione grave.

Per questo motivo viene indicato, sulle confezioni dei prodotti alimentari, la presenza, all’interno dello stabilimento, di alimenti riconosciuti come noti attivatori di reazioni allergiche gravi

2. Farmaci e mezzi di contrasto

Numerosi farmaci possono causare anafilassi. Tra i più comuni vi sono i seguenti:

  • antibiotici beta-lattamici, come la penicillina e le cefalosporine;
  • Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei (FANS), come l’aspirina e l’ibuprofene;
  • mezzi di contrasto iodati, utilizzati in alcune procedure di diagnostica per immagini come la Tomografia Assiale Computerizzata (TAC), che sono una classica causa di reazioni anafilattoidi.

3. Punture di api, vespe e calabroni

Le punture di insetti appartenenti all’ordine degli imenotteri (api, vespe, calabroni) rappresentano una causa significativa di anafilassi, specialmente durante le attività all’aperto. 

In individui precedentemente sensibilizzati, il veleno iniettato con la puntura agisce come un potente allergene, scatenando una reazione sistemica rapida e grave.

4. Altre cause

Esistono anche cause meno comuni ma altrettanto importanti da considerare, tra cui possiamo menzionate le seguenti:

  • lattice: il lattice di gomma naturale, presente in prodotti come guanti medicali e preservativi, è un potenziale allergene in grado di scatenare anafilassi;
  • esercizio fisico: si parla di anafilassi indotta da esercizio fisico. Questa condizione può manifestarsi in due forme:
    • idiopatica: la reazione è scatenata unicamente dallo sforzo fisico, specialmente se intenso;
    • cibo-dipendente: la reazione si verifica solo se l’attività fisica è preceduta (anche di alcune ore) dall’ingestione di un alimento specifico, che da solo non provocherebbe alcun sintomo. In alcuni casi, co-fattori come l’assunzione di FANS, alterazioni ormonali o l’esposizione al freddo sono essenziali per scatenare la reazione.
  • anafilassi idiopatica: in una percentuale non trascurabile di casi, nonostante un’accurata indagine diagnostica, non è possibile identificare alcun fattore scatenante.

Indipendentemente dalla causa, la capacità di riconoscere tempestivamente i sintomi è un fattore critico che può fare la differenza.

Come riconoscere lo shock anafilattico: sintomi e segni

L’anafilassi è una reazione multi-sistemica che insorge improvvisamente, tipicamente da pochi minuti fino a un’ora dopo l’esposizione all’allergene. 

Una regola generale è che quanto più rapidamente compaiono i sintomi, tanto più grave tende a essere la reazione. È una vera e propria emergenza tempo-dipendente, alla stregua di altre come infarti e ictus: studi indicano che l’arresto cardiorespiratorio può sopraggiungere, in media, entro 5 minuti per sostanze diagnostiche o terapeutiche, 15 minuti per le punture di insetto e 30 minuti per l’ingestione di alimenti.

1. Manifestazioni cutanee e mucose

I segni a carico della cute e delle mucose sono i più comuni, presenti nell’80-90% degli episodi di anafilassi, e spesso sono i primi a comparire.

Nello specifico:

  • orticaria: eruzione cutanea caratterizzata da pomfi (rilievi della pelle) rossi e intensamente pruriginosi;
  • prurito: sensazione di prurito diffuso che può interessare tutto il corpo, inclusi palmo delle mani e pianta dei piedi;
  • angioedema: gonfiore del tessuto sottocutaneo. È tipicamente visibile su labbra, palpebre, lingua e genitali;
  • arrossamento: eritema o rossore diffuso della pelle (flushing).

2. Sintomi respiratorio

Il coinvolgimento respiratorio è un segnale di allarme critico che indica un’ostruzione delle vie aeree e richiede un intervento immediato.

Le manifestazioni più comuni sono:

  • dispnea: sensazione soggettiva di fame d’aria o respiro affannoso;
  • broncospasmo e respiro sibilante (wheezing): è il restringimento dei bronchi che causa un suono simile a un fischio durante la respirazione, tipicamente udibile durante l’espirazione;
  • stridore laringeo: rumore acuto e aspro, udibile durante l’inspirazione. È un segno molto grave, causato dall’edema (gonfiore) della glottide, che restringe il passaggio dell’aria;
  • raucedine o alterazioni della voce: indicano un gonfiore a livello delle corde vocali e della laringe.

3. Sintomi cardiovascolari e neurologici

I segni di coinvolgimento cardiovascolare definiscono la progressione verso lo shock e sono potenzialmente letali.

I principali sono:

  • ipotensione: brusco e significativo calo della pressione arteriosa, che causa una ridotta perfusione degli organi;
  • tachicardia: battito cardiaco accelerato ma debole, come tentativo del cuore di compensare il calo di pressione. Questa accelerazione è particolarmente evidente nei bambini piccoli (nei lattanti può superare i 120-130 battiti/minuto);
  • aritmia: battito cardiaco irregolare;
  • vertigini, stordimento, sincope: questi sintomi neurologici sono la conseguenza diretta della ridotta irrorazione sanguigna al cervello (ipoperfusione cerebrale) e possono culminare nella perdita di coscienza.

4. Sintomi gastrointestinali

Anche l’apparato digerente è frequentemente coinvolto, con sintomi quali nausea, vomito profuso, dolori addominali di tipo crampiforme e diarrea, causati dalla contrazione della muscolatura liscia e dall’aumento della permeabilità intestinale.

5. I sintomi nel lattante

Riconoscere l’anafilassi nei lattanti è particolarmente difficile, poiché non possono descrivere i sintomi e i segni possono essere aspecifici. 

È fondamentale prestare attenzione a cambiamenti improvvisi e inspiegabili, tra cui i seguenti:

  • segnali difficili da interpretare: irritabilità acuta, pianto inconsolabile, letargia (sonnolenza anomala) o ipotonia (il bambino appare flaccido);
  • segni evidenti ma aspecifici: comparsa rapida di orticaria o angioedema, vomito improvviso e profuso, tosse persistente, difficoltà respiratoria evidente (con possibile colorito bluastro, o cianosi), pallore marcato e collasso.

Una volta riconosciuti uno o più di questi quadri sintomatologici, è vitale agire immediatamente secondo un protocollo preciso e senza esitazioni.

Gestione dell’emergenza: protocollo di intervento

La gestione dell’anafilassi è una corsa contro il tempo. Poche azioni, eseguite correttamente e senza esitazione, possono salvare una vita. È essenziale agire con rapidità e lucidità, seguendo una sequenza di interventi ben definita.

1. L’adrenalina come farmaco salvavita

L’adrenalina (epinefrina) è l’unico farmaco di prima linea in grado di trattare tutti i sintomi dell’anafilassi e di arrestarne la progressione. Agisce rapidamente contrastando la vasodilatazione, riducendo la permeabilità vascolare, dilatando i bronchi e sostenendo la funzione cardiaca.

Deve essere somministrata immediatamente ai primi segni di una reazione grave (difficoltà respiratoria, ipotensione, coinvolgimento di più organi). Ogni ritardo nella sua somministrazione è associato a un aumento del rischio di esiti fatali. 

La via di somministrazione più rapida, sicura ed efficace in un contesto extra-ospedaliero è quella intramuscolare, preferibilmente nella coscia.

2. Utilizzo dell’autoiniettore

L’autoiniettore è un dispositivo progettato per essere utilizzato facilmente anche da personale non sanitario

La procedura è semplice e va eseguita con decisione:

  1. Rimuovere il tappo di sicurezza.
  2. Puntare l’iniettore contro la parte antero-laterale della coscia. L’iniezione può essere praticata anche attraverso i vestiti.
  3. Premere con forza contro la coscia fino a sentire un “click”. Questo suono indica che l’ago è scattato e l’iniezione è iniziata.
  4. Mantenere l’iniettore premuto in posizione per 10-20 secondi per assicurare che l’intera dose di farmaco venga somministrata.
  5. Estrarre l’iniettore e massaggiare delicatamente il punto di iniezione.

3. Posizionamento corretto del paziente

Il corretto posizionamento del paziente è fondamentale per gestire la compromissione circolatoria.

Ecco come procedere:

  • Posizione standard (anti-shock): far sdraiare la persona in posizione supina (pancia in su) con le gambe sollevate. Questa manovra favorisce il ritorno del sangue dagli arti inferiori verso il cuore e gli organi vitali;
  • se la persona ha gravi difficoltà respiratorie, potrebbe trovare più confortevole la posizione seduta per facilitare l’espansione del torace;
  • in caso di gravidanza, la posizione raccomandata è sul fianco sinistro, per evitare la compressione dei grossi vasi addominali da parte dell’utero.
  • il paziente non deve mai essere messo in piedi o fatto camminare, poiché un cambiamento brusco di posizione può causare un collasso cardiovascolare fatale.

4. Chiamare i soccorsi

La chiamata ai servizi di emergenza sanitaria (112 o 118) deve essere effettuata immediatamente, anche se è già stata somministrata l’adrenalina e i sintomi sembrano migliorare. 

Le informazioni cruciali da comunicare all’operatore sono:

  • specificare che si tratta di una sospetta reazione anafilattica o shock anafilattico;
  • fornire l’indirizzo esatto e indicazioni precise per raggiungerlo;
  • comunicare l’età approssimativa e lo stato di coscienza della persona;
  • informare se è già stata somministrata l’adrenalina e a che ora.

L’intervento pre-ospedaliero è solo il primo passo di una gestione che deve necessariamente proseguire in un ambiente controllato.

Trattamento ospedaliero e monitoraggio

Anche se i sintomi migliorano drasticamente dopo la somministrazione di adrenalina (epinefrina), ogni episodio di anafilassi richiede un trasporto in Pronto Soccorso

La valutazione medica completa e il monitoraggio sono essenziali per stabilizzare il paziente e prevenire complicanze potenzialmente gravi.

1. Terapie di supporto in Pronto Soccorso

Una volta giunto in ospedale, il paziente viene stabilizzato con una serie di terapie di supporto mirate a correggere le alterazioni fisiologiche causate dalla reazione anafilattica.

Nel dettaglio:

  • ossigeno: viene somministrato ad alti flussi per garantire un’adeguata ossigenazione dei tessuti;
  • liquidi endovenosi (soluzione fisiologica): sono fondamentali per contrastare l’ipotensione. L’infusione rapida di liquidi aiuta a ripristinare il volume di sangue circolante;
  • broncodilatatori per via inalatoria (es. salbutamolo): vengono utilizzati per trattare il broncospasmo e il respiro sibilante.

2. Il ruolo di antistaminici e cortisonici

È fondamentale comprendere il ruolo dei farmaci di seconda linea. Antistaminici e cortisonici non sono farmaci salvavita nel trattamento acuto dell’anafilassi e non devono mai sostituire o ritardare la somministrazione di adrenalina.

  • Antistaminici (anti-H1 e anti-H2): vengono somministrati per controllare i sintomi cutanei come orticaria e prurito.
  • Cortisonici: hanno un’azione antinfiammatoria ancora più lenta (diverse ore) e aiutano a prevenire la fase tardiva della reazione.

A differenza dell’adrenalina, questi farmaci non sono in grado di revertire la vasodilatazione, la perdita di liquidi dai capillari (capillary leak) o la broncocostrizione che sono alla base dello shock. È purtroppo una pratica comune ma errata trattare l’anafilassi in prima istanza con soli antistaminici e steroidi, ritardando l’uso del farmaco salvavita.

3. Il rischio di reazioni bifasiche

Un aspetto cruciale della gestione post-anafilassi è il rischio di una reazione bifasica. Si tratta di una ricomparsa dei sintomi che può verificarsi da 1 a oltre 24 ore dopo l’apparente e completa risoluzione dell’episodio iniziale, senza che vi sia stata una nuova esposizione all’allergene

Questa seconda ondata, che può verificarsi anche a distanza di oltre 24 ore, può essere in alcuni casi più grave dell’episodio iniziale.

Questo rischio è il motivo principale per cui ogni paziente che ha avuto un’anafilassi deve essere tenuto in osservazione in ambiente ospedaliero per un periodo che varia, a seconda della gravità dell’evento, da un minimo di 4-6 ore fino a 24 ore.

Superata la fase acuta, l’attenzione si sposta dalla gestione dell’emergenza alla prevenzione di episodi futuri.

Prevenzione e gestione a lungo termine

Superata l’emergenza, l’obiettivo principale diventa la prevenzione di futuri episodi. Questo si ottiene attraverso un percorso strutturato che include una diagnosi precisa, un’educazione approfondita e una strategia di gestione personalizzata per il paziente e la sua famiglia.

1. Percorso diagnostico allergologico

Dopo ogni episodio di anafilassi, è imperativo che il paziente venga indirizzato a una visita allergologica specialistica. L’obiettivo è identificare con certezza l’allergene responsabile della reazione

Il percorso diagnostico può includere:

  • test cutanei (Prick test): per testare la reattività cutanea a una serie di allergeni;
  • esami del sangue: per il dosaggio delle IgE specifiche, ovvero gli anticorpi diretti contro un particolare allergene;
  • test di provocazione orale (TPO): in casi selezionati e complessi, rappresenta il gold standard diagnostico. Viene eseguito esclusivamente in ambiente ospedaliero protetto, sotto stretta sorveglianza medica, e consiste nell’esposizione controllata all’allergene sospetto.

Ricordiamo agli iscritti del Fondo ASIM che il Piano sanitario del prevede la copertura delle spese per i test allergometrici o prove allergiche, nello specifico: 

  • test epicutanei a lettura ritardata (patch test), fino a 30 allergeni, inclusa visita allergologica di controllo;
  • test percutanei e intracutanei a lettura immediata e ritardata per farmaci e per classe di farmaci;
  • test percutanei e intracutanei a lettura immediata per veleno di imenotteri – un ordine di insetti a cui appartengono, ad esempio, api e vespe – fino a 7 allergeni.

2. Educazione del paziente e dei caregiver

L’educazione è la pietra angolare della gestione a lungo termine. Il paziente e i suoi familiari (o caregiver) devono ricevere istruzioni chiare e complete:

  • piano d’azione scritto (Anaphylaxis Emergency Action Plan): si tratta di un documento personalizzato che riassume in modo semplice i sintomi da riconoscere e le azioni specifiche da intraprendere;
  • kit salvavita: ogni paziente a rischio deve essere dotato di un kit di emergenza contenente almeno un autoiniettore di adrenalina;
  • training pratico: è fondamentale non solo prescrivere l’autoiniettore, ma anche fornire un addestramento pratico e periodico su come e quando utilizzarlo correttamente.

3. Strategie di evitamento e desensibilizzazione

La prevenzione si basa su due approcci principali, che consistono nell’evitare l’allergene conosciuto e provare a ridurre il rischio di reazioni future.

Nel dettaglio:

  • strategie di evitamento: una volta identificato l’allergene, è necessario implementare misure per evitarlo. Ad esempio, in caso di allergia alimentare, ciò significa leggere attentamente le etichette di tutti i prodotti. Per le allergie al veleno di insetti, significa adottare precauzioni come indossare maniche lunghe, non camminare a piedi nudi sull’erba e non utilizzare profumi o abiti con colori vivaci che possano attrarre gli insetti:
  • desensibilizzazione (Immunoterapia Specifica): per alcuni allergeni, è disponibile un trattamento che riduce il rischio di reazioni future. L’immunoterapia specifica per il veleno di imenotteri, ad esempio, è altamente efficace (>90%). Esistono inoltre protocolli di desensibilizzazione per farmaci specifici e, in contesti di ricerca, per alcuni alimenti.

4. Dispositivi di allerta medica

Indossare un braccialetto o una targhetta di allerta medica è una misura di sicurezza fortemente raccomandata. 

In una situazione di emergenza, specialmente se il paziente perde conoscenza o non è in grado di comunicare, questo dispositivo informa immediatamente i soccorritori e il personale medico della sua allergia specifica, garantendo un intervento più rapido e mirato.

Domande frequenti (FAQ)

1. Qual è la differenza tra una reazione allergica comune e l’anafilassi? 

Una reazione allergica comune è solitamente limitata a un distretto corporeo, mentre l’anafilassi è una reazione sistemica grave e potenzialmente letale che si manifesta con estrema rapidità. Essa coinvolge contemporaneamente due o più apparati, come quello cutaneo, respiratorio, circolatorio o gastrointestinale. Mentre un’allergia lieve non mette generalmente in pericolo la vita, l’anafilassi richiede un intervento medico immediato.

2. Cos’è lo “shock anafilattico”? 

Lo shock anafilattico è la manifestazione più severa dell’anafilassi e coinvolge sempre l’apparato cardiocircolatorio. Si caratterizza per una brusca caduta della pressione sanguigna (ipotensione) associata a una restrizione delle vie respiratorie che blocca la respirazione. Se non viene trattato tempestivamente con l’iniezione di adrenalina, può portare a collasso, perdita di coscienza e morte.

3. Quali sono i trigger (scatenanti) più comuni dell’anafilassi? 

I fattori scatenanti più frequenti includono alcuni alimenti (come arachidi, noci, uova, latte, pesce e crostacei) e diversi farmaci, specialmente antibiotici beta-lattamici e antinfiammatori non steroidei (FANS). Sono comuni anche le reazioni al veleno di imenotteri (api, vespe e calabroni) e al lattice. In alcuni soggetti, persino l’esercizio fisico o l’esposizione al freddo possono innescare la reazione.

4. Quanto tempo passa dall’esposizione all’insorgenza dei sintomi? 

I sintomi si manifestano solitamente entro pochi minuti dal contatto con l’allergene, spesso entro i primi 15 minuti. La rapidità dipende dalla causa: mediamente l’arresto cardiorespiratorio può avvenire dopo 5 minuti per i farmaci, 15 per le punture d’insetto e 30 per gli alimenti. In rari casi, l’insorgenza può essere ritardata di un’ora o più.

5. Quali sono i primi segnali d’allarme da non sottovalutare? 

I segnali iniziali includono spesso una sensazione di disagio o calore improvviso al capo e alle estremità, accompagnata da formicolio. Possono comparire rapidamente prurito alla lingua e al palato, orticaria diffusa, gonfiore di labbra o occhi (angioedema) e vertigini. Anche l’insorgenza improvvisa di ansia, confusione o nausea rappresenta un importante campanello d’allarme.

6. Quali sono i sintomi respiratori e cardiovascolari gravi? 

A livello respiratorio si osservano dispnea (difficoltà respiratoria), stridore laringeo, voce rauca e sibili persistenti. I sintomi cardiovascolari gravi includono ipotensione marcata, battito cardiaco rapido e debole (tachicardia), aritmie e perdita di coscienza. La pelle può apparire pallida, fredda al tatto o presentare una colorazione bluastra (cianosi) dovuta alla mancanza di ossigeno.

ATTENZIONE:
Le informazioni qui riportate hanno carattere divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportati sono assunte in piena autonomia decisionale e a loro rischio.
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