ob

Movimenti ripetitivi: come ridurre i rischi sul lavoro

Movimenti ripetitivi come ridurre i rischi sul lavoro

Un aspetto cruciale della sicurezza e della salute sul lavoro, al quale prestare la dovuta attenzione, consiste nella prevenzione dei movimenti ripetitivi

In numerosi contesti professionali le lavoratrici e i lavoratori sono chiamati a eseguire cicli di gesti o azioni simili in maniera continuativa, spesso con un ritmo elevato e coinvolgendo in particolare gli arti superiori. La reiterazione di queste attività può rappresentare un fattore di rischio significativo per il benessere fisico.

La ripetizione costante di determinati movimenti può infatti favorire l’insorgenza di disturbi a carico delle articolazioni, dei tendini e dei nervi, con particolare riferimento a mani, polsi, gomiti e spalle. È pertanto fondamentale acquisire consapevolezza dei pericoli connessi e delle strategie di prevenzione più efficaci.

Le normative vigenti in materia di sicurezza sul lavoro impongono ai datori di lavoro di adottare misure adeguate per eliminare o ridurre i rischi derivanti da attività ripetitive. Ciò include una progettazione ergonomica dei luoghi di lavoro e l’implementazione di soluzioni organizzative e strumentali volte a minimizzare l’esposizione a tali movimenti.

Proviamo a offrire una panoramica completa e accessibile su come è possibile ridurre concretamente i rischi associati ai movimenti ripetitivi nell’ambiente lavorativo, fornendo indicazioni utili per la tutela della salute di tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori. 

Cosa si intende per movimenti ripetitivi?

I movimenti ripetitivi sono identificati in quelle attività lavorative costituite da cicli della stessa azione e con tempi relativamente brevi

Si tratta di movimenti che richiedono una sistematica ripetizione, spesso ad alta frequenza, di movimenti o cicli di movimenti identici con sforzi muscolari degli arti superiori, anche senza movimentazione di carichi o con movimentazione di carichi di peso singolarmente irrisorio.

In termini più specifici, i movimenti ripetitivi sono caratterizzati da sequenze di azioni di durata relativamente breve, dette cicli, che si ripetono più volte e uguali a loro stesse

Secondo il Technical Report ISO TR 12295, il documento che l’organizzazione internazionale ISO ha predisposto per il rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori (SBAS), si parla di compito ripetitivo quando:

  • il compito è caratterizzato da cicli lavorativi ripetuti. Un ciclo è definito come una sequenza di azioni (tecniche) ripetute sempre nello stesso modo;
  • il compito è tale che le stesse azioni lavorative si ripetono per oltre il 50% del tempo

Queste attività, spesso eseguite in condizioni di elevata frequenza e con carenza di periodi di recupero, possono comportare un sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore

Tutte le attività in cui vi siano uno o più compiti ripetitivi degli arti superiori con durata totale di 1 ora o più nel turno possono esporre al rischio di questo tipo di malattie professionali.

Cosa si intende per sovraccarico biomeccanico degli arti superiori?

Il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori si riferisce a una condizione in cui le strutture muscolo-scheletriche degli arti superiori (spalle, gomiti, avambraccia, polsi, mani e dita) sono sottoposte a sollecitazioni eccessive e ripetute, che possono superare la loro capacità di recupero. 

Come spiegato, questo sovraccarico è spesso associato all’esecuzione continuativa di movimenti o cicli di movimenti identici con sforzi muscolari degli arti superiori, anche in assenza di movimentazione di carichi pesanti o con carichi singolarmente di peso irrisorio.

Il rischio di sovraccarico biomeccanico nell’ambito lavorativo si configura nel verificarsi di quattro principali fattori:

  1. Ripetitività: frequenza o numero di azioni al minuto, in rapporto anche all’intero turno lavorativo. Come già visto, un compito è considerato ripetitivo quando le stesse azioni lavorative si ripetono per oltre il 50% del tempo.
  2. Impegno di forza: sforzo muscolare richiesto per eseguire una specifica azione.
  3. Postura/gesti lavorativi incongrui: posizioni o movimenti articolari che si discostano da quelle fisiologiche, mantenute per periodi prolungati o ripetute frequentemente. Una postura è sovraccaricante quando l’angolo di movimento articolare supera il 50% del suo range, quando è mantenuta per almeno un terzo del ciclo lavorativo oppure quando le azioni si ripetono per più del 50% del tempo di lavoro.
  4. Inadeguati periodi di recupero (pause compensative): insufficiente tempo concesso alle strutture muscolo-scheletriche per recuperare dalle sollecitazioni.

A questi fattori principali se ne aggiungono altri di natura complementare, che possono amplificare il rischio, come microclima sfavorevole, vibrazioni, contraccolpi, movimenti bruschi e compressioni localizzate, e altri invece individuali come età, sesso, pregressi traumi e condizioni mediche, che possono aumentare la suscettibilità al sovraccarico biomeccanico.

Quali patologie può causare?

Il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori può causare diverse patologie muscolo-scheletriche, che rientrano principalmente in due categorie:

  • Sindromi infiammatorie muscolo-tendinee (tendiniti e borsiti):
    • tendinite del sovraspinoso (o tendinite della cuffia dei rotatori);
    • tendinite del capolungo del bicipite brachiale;
    • tendinite calcifica (morbo di Duplay);
    • borsite (alla spalla, al gomito – borsite olecranica);
    • epicondilite;
    • epitrocleite;
    • tendiniti e peritendiniti dei flessori/estensori del polso e delle dita;
    • tendinite di De Quervain;
    • dito a scatto.
  • Sindromi da intrappolamento dei nervi periferici (neuropatie da compressione):
    • sindrome del tunnel carpale;
    • sindrome del canale di Guyon;
    • sindrome da intrappolamento del nervo ulnare al gomito.

Le tabelle delle malattie professionali (gruppo II) riconoscono diverse di queste patologie come correlate a lavorazioni svolte in modo non occasionale (ora abituale e sistematico) che comportano movimenti ripetuti, posture incongrue e/o impegno di forza a carico degli arti superiori.

Cosa vuol dire? Che se una lavoratrice o un lavoratore è affetto da una malattia “tabellata” e ha svolto una lavorazione indicata come potenzialmente causa di tale malattia, si presume che la patologia sia di origine professionale, e spetta all’INAIL dimostrare il contrario per negare l’indennizzo.

Come valutare il rischio di movimenti ripetitivi: metodologie e strumenti

Per valutare il rischio di movimenti ripetitivi, esistono diverse metodologie e strumenti.

In genere, il processo di valutazione si articola in tre fasi:

  • Verifica dell’esistenza del rischio (Key Enter): in questa fase iniziale, si verifica se nell’attività lavorativa sono presenti uno o più compiti ripetitivi degli arti superiori con una durata totale di almeno un’ora nel turno. Ripetiamo, per completezza, che un compito è considerato ripetitivo se è caratterizzato da cicli lavorativi ripetuti o se le stesse azioni lavorative si ripetono per oltre il 50% del tempo.
  • Valutazione rapida (Quick Assessment): questa fase consiste in una verifica veloce della presenza di potenziali condizioni di rischio attraverso risposte SI/NO a domande predefinite. Le domande sono strutturate per orientare verso un’area di rischio accettabile (verde) o verso un’area di criticità (rossa). Se a tutte le domande relative all’area verde si risponde “SI”, il compito è considerato accettabile e non è necessario proseguire la valutazione. Se anche a una sola domanda si risponde “NO” oppure se si risponde “SI” ad almeno una domanda dell’area di criticità, è necessario procedere con una valutazione più approfondita.
  • Valutazione analitica del rischio: questa fase è necessaria per le condizioni lavorative che non sono risultate né sicuramente accettabili né sicuramente inaccettabili nella valutazione rapida. La norma ISO 11228-3 indica come strumento preferenziale per questa valutazione dettagliata il metodo dell’indice OCRA.

Il metodo OCRA

Il metodo OCRA è basato su una checklist che analizza diverse componenti di rischio, tra cui le seguenti:

  • frequenza delle azioni: numero di azioni tecniche eseguite dagli arti superiori al minuto;
  • forza: impegno muscolare richiesto per eseguire un’azione;
  • posture incongrue: posizioni articolari che superano il 50% del range di movimento, mantenute per almeno un terzo del ciclo lavorativo o ripetute per più del 50% del tempo;
  • periodi di recupero: presenza, durata e distribuzione delle pause durante il turno di lavoro;
  • stereotipia: ripetizione di schemi di movimento senza intenzionalità o consapevolezza, spesso associata a cicli di breve durata o gesti identici ripetuti per gran parte del ciclo;
  • elementi complementari: fattori di rischio aggiuntivi, come l’uso di strumenti vibranti o compressioni localizzate;
  • durata del compito ripetitivo: tempo dedicato all’attività ripetitiva.

L’indice OCRA è calcolato come il rapporto tra il numero di azioni effettivamente svolte e il numero di azioni raccomandate, tenendo conto dei diversi fattori di rischio. Il risultato fornisce un valore che permette di identificare il livello di rischio (accettabile, lieve, elevato) e di definire gli interventi di prevenzione necessari.

Interventi di prevenzione e riduzione dei rischi da movimenti ripetitivi

Gli interventi di prevenzione e riduzione dei rischi da movimenti ripetitivi sono necessari qualora la valutazione dell’esposizione e lo studio delle patologie muscolo-scheletriche correlate al lavoro abbiano evidenziato la presenza di un rischio legato a movimenti ripetitivi e/o sforzi degli arti superiori

Per risultare efficaci, questi interventi devono intervenire su tre aree: strutturale, organizzativa e formativa.

Prima di implementare qualsiasi intervento, però, è fondamentale valutare il rischio di sovraccarico biomeccanico degli arti superiori (SBAS), come illustrato prima. In base all’esito della valutazione del rischio, si definiscono le priorità degli interventi di riprogettazione.

1. Interventi Strutturali

Questi interventi riguardano principalmente la disposizione ottimale del posto di lavoro, degli arredi e del lay-out, e la scelta di strumenti di lavoro ergonomici. L’obiettivo è migliorare gli aspetti legati all’uso di forza, alle posture e ai movimenti incongrui, e alle compressioni localizzate:

  • postura: il principio fondamentale è evitare movimenti o posizioni protratte che costringano le articolazioni a operare ai limiti della loro massima ampiezza di escursione, mantenendo la postura o il movimento articolare al di sotto del 50% della massima escursione possibile. Ciò si ottiene con adeguate altezze del piano operativo e del sedile, e aree operative adeguate per gli arti superiori;
  • forza: l’obiettivo è evitare lo sforzo muscolare eccessivo. È necessario evitare contrazioni superiori al 50-60% della massima capacità individuale e assicurarsi che l’impegno muscolare medio non superi il 15% della massima capacità nel turno di lavoro. La riduzione della forza richiesta può essere ottenuta utilizzando strumenti a motore o meccanici, leve più vantaggiose, o con la meccanizzazione globale dell’azione;
  • strumenti di lavoro: gli strumenti devono consentire di evitare deviazioni del polso superiori al 50%, azioni ripetute con un solo dito, impugnature sfavorevoli, movimenti a strappo e a colpi, compressioni localizzate e la trasmissione di vibrazioni meccaniche. Devono inoltre essere rivestiti con materiale non scivoloso e privo di pericoli.

2. Interventi organizzativi

Questi interventi sono necessari in presenza di alta frequenza di azioni tecniche e/o insufficienti periodi di recupero funzionale

Vediamo quali sono:

  • riduzione del numero di azioni tecniche: ottimizzare per qualità e quantità le azioni necessarie, evitando azioni dovute a inconvenienti tecnici, azioni inutili, ripartendo le azioni tra gli arti, riducendo la ripetizione ad alta frequenza (anche con fasi automatiche), riducendo le azioni accessorie e, se necessario, aumentando il numero di addetti;
  • periodi di recupero: assicurare la presenza e l’adeguata distribuzione dei tempi di recupero. Il rapporto ottimale tra lavoro ripetitivo e recupero è di 5:1, con pause almeno ogni ora. È opportuno ottimizzare la distribuzione delle pause, predisponendole possibilmente alla fine di un’ora di compito ripetitivo ed evitando di collocarle vicino alle pause pasto o alla fine del turno. Periodi di recupero possono includere pause, svolgimento di compiti che comportano il riposo dei muscoli precedentemente impegnati, o periodi di riposo all’interno del ciclo lavorativo;
  • turnazione su più compiti: può essere utile per alternare i lavoratori su lavorazioni con differenti livelli di rischio e per introdurre periodi di recupero con lavori non ripetitivi;
  • riduzione dei ritmi di lavoro: nei casi estremi, si può valutare di ridurre i turni e i ritmi di lavoro dei soggetti a rischio.

3. Interventi formativi e di aggiornamento

La formazione rientra a pieno titolo nelle procedure di prevenzione e riduzione dei rischi, e deve essere specifica per le diverse figure aziendali (lavoratori, capireparto, tecnici di produzione, dirigenti).

  • formazione dei lavoratori: obiettivo è la conoscenza dei rischi e dei danni per la salute correlati al lavoro ripetitivo, per adottare comportamenti volti a limitarli, come l’utilizzo di entrambi gli arti, l’esecuzione corretta delle azioni e la segnalazione precoce di sintomi;
  • formazione dei tecnici di produzione e dei capireparto: essenziale per il loro ruolo nella progettazione del processo lavorativo. Deve fornire la conoscenza dei rischi, la capacità di analizzare il ciclo lavorativo, progettare e modificare i posti di lavoro, considerare gli effetti delle innovazioni tecnologiche e l’importanza di pause e turnazioni. Devono anche addestrare i lavoratori e verificare periodicamente la corretta esecuzione del lavoro;
  • formazione dei dirigenti: deve assicurare una approfondita conoscenza dei rischi, delle procedure di individuazione e controllo del rischio, e delle strategie di organizzazione della produzione. Una valutazione adeguata da parte dei dirigenti è fondamentale per implementare gli interventi necessari.

La sorveglianza sanitaria, effettuata dal medico competente, è un’ulteriore misura di prevenzione che permette di individuare soggetti ipersuscettibili, patologie in fase iniziale o conclamate, e di adottare misure cautelative o protettive, inclusi eventuali cambiamenti di mansione.

Come ridurre i rischi sul lavoro

Quanto illustrato finora rappresenta l’approccio da seguire per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori e delle lavoratrici sul luogo di lavoro, ma anch’essi stessi possono adottare diversi accorgimenti per ridurre i rischi associati ai movimenti ripetitivi, ad esempio:

  • utilizzare entrambi gli arti per quanto possibile nello svolgimento delle attività lavorative. Questo permette di distribuire il carico di lavoro e ridurre l’affaticamento su un singolo arto;
  • eseguire le azioni previste nel ciclo lavorativo nella sequenza prestabilita. Seguire le procedure corrette può aiutare a evitare movimenti inutili o dannosi;
  • sopprimere le azioni inutili per lo svolgimento della lavorazione. Eliminare movimenti non necessari può ridurre la frequenza complessiva delle azioni;
  • eseguire le prese in modo corretto. Impugnare gli oggetti e gli strumenti in maniera ergonomica può diminuire lo sforzo richiesto e prevenire posture incongrue del polso e della mano;
  • segnalare precocemente al caporeparto l’intenzione di adottare nuove o diverse azioni tecniche, basandosi sulla propria esperienza diretta. La comunicazione di eventuali difficoltà o potenziali miglioramenti può contribuire all’adeguamento delle procedure;
  • comunicare al medico competente l’insorgenza dei primi sintomi che potrebbero essere un campanello d’allarme significativo. Una segnalazione tempestiva permette di individuare precocemente eventuali problemi di salute correlati al lavoro;
  • seguire le indicazioni e partecipare attivamente alla formazione fornita dall’azienda sui rischi e sulle corrette modalità operative. Come spiegato, la formazione è fondamentale per la conoscenza dei rischi e l’adozione di comportamenti sicuri;
  • sfruttare adeguatamente le pause previste durante l’orario di lavoro. I periodi di recupero sono essenziali per consentire ai muscoli impegnati di riposare;
  • segnalare eventuali disergonomie del posto di lavoro o degli strumenti al datore di lavoro o al RLS (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza. Un ambiente di lavoro ben progettato e strumenti ergonomici sono cruciali per la prevenzione;
  • variare le attività lavorative se possibile, soprattutto se si svolgono compiti ripetitivi per periodi prolungati. La rotazione su compiti diversi può ridurre l’esposizione continua agli stessi movimenti;
  • adattare il ritmo di lavoro alle proprie capacità nei limiti consentiti. Evitare di lavorare a ritmi eccessivamente elevati per periodi prolungati.

È importante ricordare che il datore di lavoro ha l’obbligo di adottare misure per ridurre i rischi da movimenti ripetitivi, ma la collaborazione attiva di lavoratori e lavoratrici è fondamentale per l’efficacia di tali misure.

I movimenti ripetitivi e gli addetti alle pulizie

Gli addetti ai Servizi di Pulizia, Servizi Integrati e Multiservizi, ai quali si rivolge il Fondo ASIM, rientrano tra le categorie professionali più esposte al rischio di movimenti ripetitivi (e non solo), e quindi di sovraccarico biomeccanico degli arti. 

In effetti, l’impiego di attrezzature manuali non sempre ergonomiche (ad esempio il mocio o l’aspirapolvere), atteggiamenti posturali innaturali, le attività di spinta dei carrelli, la pulizia manuale delle superfici, aumentano il rischio di incorrere in queste patologie con una elevata frequenza, confermato anche dai dati in nostro possesso. 

Le richieste di prestazioni associate a malattie muscolo-scheletriche, come la sindrome del tunnel carpale, l’ernia al disco, la borsite, sono infatti tra le più frequenti nell’ambito del piano sanitario offerto dal nostro fondo, così come i trattamenti fisioterapici. 

Domande frequenti (FAQ)

Cosa si intende per movimenti ripetitivi? 

I movimenti ripetitivi sono caratterizzati da sequenze di azioni di breve durata (cicli) che si ripetono più volte, spesso ad alta frequenza. Un compito è considerato ripetitivo se caratterizzato da cicli lavorativi ripetuti o se le stesse azioni si ripetono per oltre il 50% del tempo.

Perché è importante valutare il rischio di movimenti ripetitivi? 

La valutazione è necessaria per identificare la presenza di un rischio legato a movimenti ripetitivi e/o sforzi degli arti superiori. Questo permette di adottare interventi di prevenzione e riduzione dei rischi per tutelare la salute dei lavoratori ed evitare patologie muscolo-scheletriche.

Quali sono i principali fattori di rischio per i movimenti ripetitivi?

I principali fattori di rischio lavorativi includono la ripetitività, l’impegno di forza, posture/gesti lavorativi incongrui e inadeguati periodi di recupero. Possono concorrere anche alta frequenza e velocità dei movimenti, compressioni, vibrazioni e disergonomie degli strumenti.

Quali sono i passaggi per valutare il rischio secondo la ISO TR 12295? 

La valutazione si articola in tre fasi: verifica dell’esistenza del rischio (key enter), valutazione rapida (quick assessment) e valutazione analitica del rischio. Se non ci sono compiti ripetitivi di almeno 1 ora nel turno, non si procede.

Cos’è il metodo OCRA? 

Il metodo OCRA è uno strumento per la valutazione analitica del rischio da movimenti ripetitivi. Si basa su una checklist che analizza frequenza delle azioni, forza, posture incongrue, periodi di recupero, stereotipia, elementi complementari e durata del compito ripetitivo. Fornisce un indice che identifica il livello di rischio.

Quali sono alcuni interventi di prevenzione dei rischi da movimenti ripetitivi? 

Gli interventi si distinguono in strutturali (posto di lavoro ergonomico), organizzativi (pause, rotazioni, riduzione dei ritmi) e formativi (informazioni sui rischi e corrette modalità di lavoro). L’efficacia dipende da un’azione coordinata su queste tre aree.

Esistono normative sui movimenti ripetitivi? 

Il D.Lgs. 81/08, all’articolo 15, richiede il rispetto dei principi ergonomici anche per attenuare il lavoro monotono e ripetitivo. La norma ISO 11228-3 è un riferimento tecnico per la valutazione di tali rischi.

Quali lavori sono più a rischio di movimenti ripetitivi? 

Sono a rischio attività con catene di montaggio, assemblaggio, carico/scarico a ritmi prefissati, confezionamento, cernita manuale, lavorazione carni, levigatura manuale, pulizia, e molte altre. Anche operatori a tastiere, musicisti e parrucchieri possono essere esposti.

Quali sono alcune malattie professionali correlate a movimenti ripetitivi? 

Le tabelle delle malattie professionali includono diverse patologie come tendiniti (spalla, gomito, polso, mano), epicondilite, epitrocleite, borsiti, sindrome di De Quervain e sindrome del tunnel carpale, associate a lavorazioni che comportano movimenti ripetuti, posture incongrue o impegno di forza.

Qual è il ruolo del datore di lavoro nella prevenzione dei rischi? 

Il datore di lavoro deve valutare tutti i rischi, inclusi quelli da lavoro monotono e ripetitivo. Deve adottare misure strutturali, organizzative e formative per ridurre i rischi a livelli tollerabili e rispettare i principi ergonomici nella progettazione del lavoro.

ATTENZIONE:
Le informazioni qui riportate hanno carattere divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportati sono assunte in piena autonomia decisionale e a loro rischio.
Fondo ASIM

Conosci Fondo ASIM

Fondo ASIM è operativo da ottobre 2014, ed ha lo scopo di garantire, ai lavoratori iscritti, trattamenti di assistenza sanitaria integrativa al Servizio Sanitario Nazionale. Per conoscere nel dettaglio le prestazioni sanitarie garantite ti invitiamo a consultare il Piano Sanitario presente sul nostro sito, cliccando qui.

Leggi l’ultimo numero di ASIM INFORMA