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Borsa di Studio Fondo ASIM: intervista alla Dott.ssa Aurora Savino

Borsa di Studio Fondo ASIM intervista alla Dott.ssa Aurora Savino-2

Fondo ASIM sostiene attivamente la Fondazione AIRC e la Ricerca scientifica anche tramite il finanziamento di Borse di studio per giovani ricercatrici e ricercatori.

Di seguito, l’intervista alla Dott.ssa Aurora Savino, Ricercatrice post Doctoral Fellow in biologia computazionale e vincitrice della Borsa di studio “Fondo ASIM” 2022-2025.

Salve Dottoressa Savino. Prima di entrare nel merito degli studi che sta conducendo in questi mesi ci piacerebbe capire qual è il percorso che ha compiuto per diventare una scienziata e una ricercatrice.

Io sono, di formazione, una biologa molecolare. Ho studiato all’Università di Pisa e alla Scuola Normale Superiore di Pisa, seguendo due percorsi paralleli e integrati. Alla triennale ho conseguito la laurea in Scienze Biologiche, mentre alla Magistrale in Biologia molecolare cellulare. In parallelo ho ottenuto il diploma di Licenza della Scuola Normale Superiore di Pisa, sempre in Scienze Biologiche. 

Ho poi proseguito gli studi all’estero, all’Università di Cambridge, dove ho preso un Mphil di ricerca – che potremmo comparare a un master o comunque a una laurea magistrale breve, perché ha una durata di un solo anno – durante il quale ho svolto un percorso di ricerca abbastanza intenso. 

Sono poi tornata in Italia per il dottorato di ricerca all’Università di Torino in Medicina molecolare. Al momento ricopro il ruolo di ricercatrice post dottorato allo Human Technopole di Milano. 

Detto questo, ritengo che per definirmi ricercatrice gli aspetti più importanti del mio percorso non siano tanto le lauree e i titoli di studio in quanto tali, ma i percorsi di ricerca presenti all’interno dell’iter di studi, quindi i tirocini finalizzati alla stesura di una tesi in primis e poi il dottorato di ricerca, che è un periodo abbastanza lungo, di 4 anni, in cui l’unica attività svolta è, di fatto, quella di ricerca. 

Ovviamente, i confronti con il supervisore e i colleghi, e le molte presentazioni di ricerca che vengono svolte, sono fondamentali per costruire la propria identità scientifica. 

Il suo focus è stato sempre relativo allo studio delle patologie oncologiche oppure è giunta a questo ambito durante il percorso?

No, devo dire che ci sono capitata, perché è uno degli ambiti di ricerca più importanti e più studiati al momento. 

Nel mio percorso di studi e professionale ho operato in diversi settori. 

Durante la triennale e la magistrale ho lavorato nel laboratorio del professore Alessandro Cellerino della Scuola Normale Superiore di Pisa, che si occupava, e si occupa, di declino della neurogenesi nell’invecchiamento. Nel laboratorio del Prof. Wolf Reik ho lavorato sulla biologia dello sviluppo embrionale, studiando le caratteristiche delle cellule staminali umane e le caratteristiche di cambiamento a livello di espressione genica nelle prime fasi di sviluppo del topo. 

Poi ho iniziato a lavorare in ambito oncologico durante il dottorato di ricerca, all’interno del laboratorio della Prof.ssa Valeria Poli.

Insomma, il mio percorso non è stato assolutamente direzionato. Sono abbastanza specializzata nell’analisi di trascrittomi, che sono essenzialmente ciò che una cellula, un organismo, un tessuto, sta esprimendo a livello genetico in un determinato momento. 

Perché se il DNA è una molecola che rimane invariata in ogni momento dello sviluppo e della vita di un organismo (almeno, grosso modo), è altresì vero che ogni cellula che ha lo stesso DNA si comporta in modo molto diverso. Perché si comporta in modo diverso? Perché non tutti i geni che vengono espressi sono attivi nello stesso momento, e tramite l’analisi del trascrittoma si può vedere quali geni sono attivi in un determinato momento, contesto o fase dello sviluppo, e capire che cosa sta succedendo.

Si sottolinea spesso (ma non abbastanza) il ruolo della ricerca scientifica. Ma perché è così importante?

Non si avrebbe un progresso medico, che vediamo quotidianamente con i notiziari che pubblicizzano la scoperta di un nuovo farmaco, di una nuova terapia, di una nuova tecnica chirurgica, che di fatto ha un impatto immediato sulla vita delle persone, se non ci fosse dietro una ricerca di anni, che parte da sistemi molto semplici […] per poi fare dei trial clinici, che hanno diverse fasi, tutte complesse, che richiedono tantissime risorse a livello umano e a livello monetario. 

I fondi sono sicuramente un limite molto molto importante, specialmente in Italia; anche a livello lavorativo è molto difficile proseguire una carriera nella ricerca, le posizioni sono limitatissime e quindi le persone non sono incentivate e proseguire su questa strada, e questo secondo me già è una cosa fondamentale, perché la motivazione e l’interesse è la vera spinta dei ricercatori. 

Ci può raccontare il fulcro del suo lavoro di ricerca svolto nell’ambito della Borsa di Studio Fondo ASIM?

Al momento il fulcro del lavoro di ricerca svolto nell’ambito della Borsa di Studio Fondo ASIM è lo studio dei tumori al seno. L’obiettivo del progetto è identificare combinazioni di farmaci che siano più efficaci nel contrastare la resistenza dei tumori ai farmaci in attuale utilizzo clinico. 

In effetti, spesso i farmaci che utilizziamo non sono direttamente efficaci sui tumori di tutti i pazienti, oppure in molti casi si sviluppa una resistenza successiva a un primo trattamento, e questo è un problema molto importante perché non abbiamo a disposizione dei metodi per intervenire in un secondo momento su tutte le situazione di pazienti. 

La resistenza ai farmaci può essere legata sia a caratteristiche intrinseche del tumore, quindi a cellule tumorali di per sé capaci di ovviare all’attacco da parte del farmaco, ma anche all’ambiente cellulare circostante il tumore, ovvero ad altre cellule che comunicano con il tumore stesso e lo aiutano a superare l’attacco del farmaco. 

Il mio progetto si occupa di capire come le cellule circostanti al tumore comunicano con il tumore rendendolo resistente ai farmaci in attuale uso. 

Analizzando come questa comunicazione avviene, possiamo capire quali ulteriori farmaci o loro combinazioni utilizzare per contrastare l’interazione e impedire che l’ambiente circostante renda il tumore resistente al farmaco iniziale. 

Cosa sono i CAF, e in che modo hanno a che fare con lo studio che state svolgendo nell’ambito della sua ricerca? 

I CAF sono l’acronimo di Cancer Associated Fibroblasts, in italiano “fibroblasti associati al cancro”. Si tratta di cellule fra le più frequentemente presenti intorno ai tumori, che compongono quindi quell’ambiente descritto prima che comunica con il tumore. 

Sono cellule del tessuto connettivo, che secernono sostanze in grado di sostenere tutti i tessuti circostanti, e possono avere diverse tipologie di interazione col tumore. A volte, in qualche modo, ne impediscono la crescita, e quindi lo rallentano. In altri casi, però, il tumore stesso può insegnare ai CAF ad aiutarlo nella crescita, e diventare loro stessi parte della malattia. 

Al momento il progetto prevede di utilizzare sistemi in vitro di cellule tumorali e di CAF e osservare quando la presenza di entrambe le tipologie cellulari fa sì che le cellule tumorali siano resistenti a un farmaco. Quindi, quand’è che le cellule tumorali rispondono a un farmaco in assenza dei CAF e quando non sono più in grado di rispondere al farmaco in presenza degli stessi, indicando di conseguenza che i CAF hanno aiutato le cellule tumorali a sfuggire alla risposta al farmaco. 

Cosa vuol dire che il tumore al seno è una malattia genetica? Allora i nostri stili di vita non incidono?

Definire il cancro come malattia genetica è un po’ fuorviante a livello comunicativo; in questo caso, si intende che il cancro è una malattia genetica in quanto è dovuta ad alterazioni del materiale genetico, quindi alterazioni del DNA. 

Queste alterazioni possono essere presenti, in alcuni contesti, alla nascita, portando a una predisposizione allo sviluppo di determinati tipi di tumori, ma nella maggior parte dei casi, e anche in questi rari contesti, è necessario che le alterazioni vengano acquisite nel corso della vita adulta dell’individuo. 

Quindi, parliamo di variazioni del materiale genetico che avvengono durante tutta la vita, non presenti in principio alla nascita, e che naturalmente sono dovute anche all’ambiente in cui viviamo. 

In gran parte dei casi queste alterazioni sono del tutto casuali, dovute alla naturale propensione dei sistemi biologici a compiere degli errori; nel momento in cui il nostro corpo cerca di mantenere funzionali i nostri tessuti, rigenera delle cellule che si devono duplicare, e nel duplicarle viene anche duplicato il materiale genetico. Nel copiare il materiale genetico il sistema può commettere degli errori, che possono essere veramente del tutto casuali e non dovuti in nessun modo allo stile di vita o all’ambiente. Esistono tantissimi sistemi all’interno delle cellule che permettono di correggere questi errori, e anche nel caso sfortunato in cui non venissero corretti di solito non sono dannosi o influenti, ma esistono dei rari casi in cui portano allo sviluppo di tumori. 

Ma al di là degli errori del tutto casuali dovuti al funzionamento della biologia del nostro organismo, l’ambiente circostante può alterare il materiale genetico o alterare i meccanismi di riparazione degli errori. Il fumo di sigaretta è uno degli esempi più prototipici di ambiente e di stile di vita che possono danneggiare le cellule e il materiale genetico. Un altro esempio sono i raggi ultravioletti, che danneggiano direttamente il DNA. 

Dall’indagine condotta dal Fondo ASIM con la partecipazione della Fondazione AIRC sulle lavoratrici e i lavoratori del Settore Servizi di Pulizia Servizi integrati/Multiservizi emerge che, negli ultimi due anni, il 49% non ha aderito ai programmi di screening dedicati al tumore al seno. Alla luce di un risultato come questo, secondo lei quanto è importante la diffusione di informazioni e di campagne di sensibilizzazione sull’importanza della prevenzione?

Io penso che in Italia siamo fortunati, sotto tanti punti di vista, nell’avere un sistema sanitario in gran parte gratuito, e delle tecnologie a disposizione di tutti, che ci permettono di prevenire tantissime patologie, tra cui i tumori. 

Di conseguenza, è un peccato che alcune persone non sfruttino questa grande opportunità di avere una vita migliore, più lunga, offerta dalla nostra società. 

A livello di sensibilizzazione, onestamente non è il mio settore, ho forse ingenuamente l’idea che tutti siamo al corrente dell’importanza della prevenzione, e quindi in qualche modo se non viene attuata devono essere presenti delle altre altre cause o concause, come difficoltà lavorative, difficoltà pratiche. Bisognerebbe magari capire quali sono i limiti nell’accesso alla prevenzione da parte delle persone che non ne fanno utilizzo. 

Ovviamente, condivido il pensiero che la prevenzione sia fondamentale, perché tutti conosciamo gli effetti dei tumori in stadi avanzati, soprattutto quando sono ormai diventati metastatici e veramente difficili da bersagliare. 

Secondo me, a livello di prevenzione […] possiamo ancora fare tanto nella nostra società.

È davvero possibile curare il cancro intervenendo sul genoma, e in cosa consiste il sistema CRISPR?

Il sistema CRISPR è un sistema che è risultato rivoluzionario negli ultimi anni, soprattutto come strumento per facilitare la ricerca, e non a caso gli scopritori sono stati insigniti del premio Nobel pochi anni fa. È un sistema molto più facile di quelli precedenti; in effetti, già esistevano dei sistemi in grado di modificare il materiale genetico a proprio piacimento per eliminare un gene o sostituirlo, ma erano molto complessi e richiedevano molto tempo di design a livello tecnico, mentre il sistema CRISPR rende questo processo molto più veloce e più preciso, perché sfrutta gli acidi nucleici che sono appunto il materiale genetico. 

Con CRISPR il ricercatore può direttamente inserire nel sistema la sequenza di DNA basata su quella che vuole modificare, permettendo di raggiungere specificamente la porzione di materiale genetico con la sequenza complementare a quella che vuole modificare, e con molta precisione targhettare il macchinario molecolare che poi “taglia e cuce” in un punto molto specifico del genoma.

Per quanto riguarda CRISPR, così come per tante altre terapie geniche, ci sono ancora dei limiti importanti, che riguardano la possibilità di andare a bersagliare delle cellule specifiche. Perché, nel momento in cui si introduce del materiale genetico estraneo in un organismo, questo può essere inserito in una qualunque cellula. 

Per esempio, nell’ambito oncologico, a noi interessa modificare soltanto le cellule tumorali, non tutte le altre cellule dell’organismo, quindi sarebbe importantissimo essere in grado di andare poi a inserire il materiale genetico che permetta di “tagliare” il gene malato soltanto nelle cellule tumorali, e che io sappia al momento non è non è ancora possibile farlo. Si tratta, insomma, di auspicabili prospettive future. 

Quello che viene attualmente fatto è modificare esternamente all’individuo, quindi in vitro, le cellule del sistema immunitario per renderle più capaci di riconoscere il tumore, e poi iniettarle nuovamente nel paziente per contrastare il tumore in modo più efficace.

In merito alle cure contro il tumore al seno, quali sono le prospettive della sua ricerca?

Come accennavo prima, l’obiettivo finale del progetto sarebbe quello di identificare delle combinazioni di farmaci più efficaci. Dal mio punto di vista, al di là dell’applicazione clinica – che è sicuramente molto importante, ma che potrebbe non arrivare solo con il nostro studio […] – un aspetto molto interessante consiste nell’acquisizione di dati molecolari, che possono aiutare la comunità scientifica. 

Ad esempio, nel mio studio sto utilizzando banche dati di linee cellulari che sono state trattate con centinaia di farmaci e di cui è stata analizzata la risposta al farmaco, per capire quanto ciascuno di essi sia efficace su ogni specifica linea cellulare. Queste banche dati sono pubbliche, sono utilizzabili da tutti i ricercatori, e sono utilissime. 

Quindi, nel nostro piccolo, anche noi aggiungeremo una mole di dati significativa su interazione tra farmaci, microambiente tumorale, tumore e alterazioni a livello molecolare, che speriamo di poter pubblicare e rendere disponibili alla comunità per studi più approfonditi. 

Insomma, la comunità scientifica in qualche modo beneficia sempre dell’acquisizione di nuove informazioni, che possono essere condivise e riutilizzate per nuove domande, magari anche totalmente diverse rispetto a quelle che ci stiamo ponendo noi al momento. 

Quali sono le sue ambizioni professionali? Ci sono ambiti della ricerca scientifica, o progetti, in cui le piacerebbe lavorare?

L’ambito oncologico è molto interessante, ma non è l’unico ambito che mi stimola. Di base, io sono affascinata dalla ricerca fondamentale, la ricerca di base senza chiare applicazioni immediate, che risponda semplicemente a una curiosità innata, sia mia che dell’essere umano, e che possa poi portare ad applicazioni anche in un futuro nel medio-lungo termine.

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