Il Rapporto Sanità 2019 elaborato da Nebo Ricerche PA registra la perdita di più di 40 mila professionisti impiegati presso le ASL dal 2010 al 2017. Approfondiamo insieme. Intro.
In un recente articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore, sono riportati alcuni dati negativi su un tema delicato e importantissimo: la riduzione del personale sanitario nelle strutture pubbliche italiane.
Stando a quanto riportato dall’articolo – che ha attinto dal Rapporto Sanità 2019 “Il personale dipendente delle aziende sanitarie pubbliche – dal 2010 al 2017 si è registrata una perdita di circa 1 professionista ogni mille abitanti.
Questo si traduce, come è facile intuire, con una generale minore efficienza delle strutture, che dovranno affrontare esigenze sempre crescenti con meno personale.
Approfondiamo insieme questo argomento, basandoci sui dati presenti nel Rapporto prima menzionato.
Indice dei Contenuti
Diminuzione del personale sanitario: variazione assoluta
Le tabelle elaborate e contenute all’interno del Rapporto Sanità 2019 non lasciano spazio a interpretazioni.
I calcoli sono stati effettuati tenendo conto del personale sanitario effettivo in servizio, ovvero i dipendenti delle aziende sanitarie, e il personale equivalente, calcolato in base alle mensilità stipendiali erogate.
Ecco la situazione emersa, basata sul rapporto tra il 2010 e il 2017.
In termini di variazione assoluta, nel 2017 si registrano quasi 40 mila professionisti impiegati in meno, passando da 707.000 unità a poco meno di 670.000, pari a circa il 6% del totale.
Le aree più colpite dalla scure della riduzione del personale risultano essere quelle degli infermieri, dei tecnici professionali e del settore dirigenziale e amministrativo.
Se si tiene conto non solo del personale dipendente, ma degli equivalenti – quindi del numero di professionisti realmente impiegati e presenti nelle strutture – il quadro è ancora peggiore.
Come puoi leggere, in questo caso la variazione in termini assoluti è pari a 43.386 persone in meno impiegate nelle varie aziende sanitarie, pari al -6,6%.
L’equilibrio economico-finanziario della sanità italiana
Questa situazione stona con il livello, riconosciuto su base internazionale, della sanità pubblica italiana.
In effetti, una eccellenza come il Servizio Sanitario Nazionale dovrebbe, a rigor di logica, ricevere più sovvenzioni e investimenti, in modo da spostare l’asticella della qualità delle prestazioni erogate sempre più in alto.
Ma i numeri ci raccontano una storia diversa.
Molto interessante è il seguente passaggio, contenuto nella introduzione al Rapporto firmata da Natalia Buzzi, Responsabile scientifico Nebo Ricerche PA:
“Va tuttavia sottolineato che l’equilibrio economico-finanziario perseguito dai Piani di rientro richiede, tra gli altri, incisivi interventi sui costi del personale, spesso concretizzati nel blocco della leva assunzionale, con conseguente diminuzione delle risorse umane: non stupisce, pertanto, che tra le Regioni dove emergono maggiormente segnali di criticità siano evidenziate quelle ancora oggi sottoposte a tale provvedimento, e cioè Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.”
Come spesso accade nella pubblica amministrazione, il taglio del personale non avviene su base meritocratica o su una analisi dettagliata dei costi/benefici, ma in modo lineare.
In alcuni casi si favorisce il pensionamento anticipato, in altri si impone il blocco delle assunzioni. Il risultato non può che essere duplice:
- l’aumento dell’età media del personale impiegato. L’età media dei dipendenti del SSN è, nel complesso, di quasi 51 anni, oltre 3 anni in più rispetto al 2010;
- la riduzione del numero totale di professionisti impiegati.
I tagli più consistenti sono stati registrati nelle regioni centro meridionali, in particolare:
- Campania: – 9.300 unità, con un taglio del 18% rispetto al 2010;
- Calabria: – 3.800 unità (-17%);
- Sicilia: – 4.300 (- 9,5%);
- Puglia: – 3.600 (- 9,3%);
- Molise: -1.800 (-20%). La Regione è quella più colpita in termini di riduzione del personale medico, al punto da ipotizzare l’impiego di medici militari per evitare la chiusura di alcuni reparti. Se ne parla anche in un recente articolo pubblicato su La Repubblica.
Risulta stabile l’Abruzzo, mentre in controtendenza la Sardegna, con un raro + 1%.
Grossi tagli hanno riguardato anche il Lazio, con una riduzione di circa 8.800 unità di personale equivalente, pari a una perdita del 17,4%.
Questi tagli non hanno fatto altro che creare disagi enormi al personale e ai cittadini, allargando il divario tra le regioni del Nord e quelle del Centro Sud.
Conclusioni
Riduzione dei trasferimenti in relazione al Pil, riduzione dei posti letto, aumento dei tempi nelle liste d’attesa, rinuncia alle cure, taglio del personale.
Leggendo con attenzione il Rapporto è chiara la situazione di criticità in cui versa il nostro servizio sanitario nazionale, rendendo sempre più palese l’importanza dello sviluppo di un secondo pilastro sociosanitario e del ruolo dell’assistenza integrativa.