
Quante volte capita di trovarsi tra le mani il referto di un esame clinico o diagnostico effettuato e non riuscire a capire pienamente cosa c’è scritto?
Sia chiaro, un referto va sempre fatto leggere e analizzare da un medico, l’unico in grado di fornire maggiori delucidazioni in merito, ma molto spesso la visita non avviene nello stesso momento in cui si ritirano gli esami, in alcuni casi passano delle ore o, magari, qualche giorno, e nel frattempo sarebbe utile riuscire almeno a farsi un’idea della situazione e giungere più preparati al controllo imminente.
L’educazione sanitaria, nella quale purtroppo gli italiani risultano particolarmente carenti, passa anche da queste cose. Quindi, vediamo un po’ come leggere, e capire, un referto medico, in attesa di mostrarlo allo specialista, al pediatra di libera scelta o al medico di famiglia.
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Cos’è un referto medico e a cosa serve
Il referto medico è un documento scritto, redatto da un medico o da altro professionista sanitario (come un biologo, un tecnico di laboratorio o un radiologo), in base al tipo di esame effettuato. Può trattarsi, ad esempio, di un esame del sangue, di una radiografia, di un’ecografia, di una risonanza magnetica, di una visita specialistica o di un’analisi microbiologica.
Questo documento ha lo scopo di comunicare in modo formale i risultati dell’indagine svolta e fornisce al medico curante gli elementi necessari per inquadrare la situazione del paziente, formulare una diagnosi o impostare un trattamento.
Detto questo, è importante fare una distinzione tra tre termini utilizzati nel linguaggio sanitario, talvolta in modo intercambiabile, che presentano però alcune differenze. Ci riferiamo a:
- referto: è il documento ufficiale che riporta il risultato di un esame clinico o strumentale, firmato da un medico o da altro professionista abilitato;
- relazione medica: è un documento più ampio, spesso redatto al termine di un ricovero o di una visita specialistica, e può includere anamnesi, diagnosi e indicazioni terapeutiche;
- esito: è una parte del referto, ovvero il risultato vero e proprio dell’esame, che può essere espresso in termini numerici, descrittivi o diagnostici.
I tempi di consegna di un referto possono variare in base alla tipologia di esame. Alcuni risultati, come quelli degli esami di laboratorio, sono disponibili anche in giornata. Referti più complessi, come quelli istologici o di diagnostica per immagini, richiedono tempi più lunghi, da alcuni giorni fino a qualche settimana.
La consegna può avvenire in formato cartaceo o digitale, tramite portali sanitari regionali o sistemi di fascicolo sanitario elettronico, dove il paziente può consultare e scaricare i propri documenti in autonomia.
Le parti di un referto medico: come è strutturato
Un referto medico segue generalmente una struttura abbastanza standard, anche se possono esserci piccole variazioni a seconda del tipo di esame eseguito e della struttura sanitaria che lo ha prodotto.
Conoscere la composizione del referto aiuta a orientarsi meglio nella lettura e a capire dove si trovano le informazioni principali.
Vediamo, quindi, quali sono gli elementi che lo compongono:
- Dati anagrafici e identificativi del paziente: la prima sezione del referto contiene i dati identificativi del paziente, come nome, cognome, data di nascita e il codice fiscale. Sono presenti anche informazioni relative alla data e all’ora dell’esame, alla struttura sanitaria e all’unità operativa che lo ha eseguito. Questi elementi servono a garantire che il referto sia riferito correttamente alla persona interessata.
- Tipo di esame effettuato: in questa parte viene indicato con precisione quale tipo di esame è stato svolto: ad esempio “emocromo completo”, “radiografia del torace”, “ecografia addome completo” oppure “esame istologico su biopsia gastrica”. Può essere riportata anche l’indicazione clinica, il quesito diagnostico, cioè il motivo per cui l’esame è stato richiesto (ad esempio “dolore addominale” o “monitoraggio post-operatorio”).
- Descrizione tecnica e osservazioni: è la sezione più ampia e spesso più difficile da interpretare per chi non ha una formazione medica. Qui vengono riportate le osservazioni raccolte durante l’esame. Nei referti di laboratorio si trovano i valori misurati (ad esempio i livelli di emoglobina o di colesterolo), spesso accompagnati dai valori di riferimento. Nei referti di diagnostica per immagini, si descrive ciò che è stato visualizzato, come eventuali anomalie o modificazioni dei tessuti o degli organi esaminati. Questa parte può contenere termini tecnici, abbreviazioni e sigle, risultando particolarmente ostica da capire e interpretare, ma rappresenta il nucleo informativo principale del referto.
- Conclusione diagnostica o referto finale: questa sezione, presente in molti referti, riassume in modo sintetico le principali evidenze riscontrate. Può riportare un giudizio conclusivo, come ad esempio “esame nei limiti della norma” oppure “presenza di formazione nodulare sospetta”. La conclusione diagnostica è redatta in forma tecnica ma cerca di fornire un orientamento chiaro per il medico che prenderà in carico il referto. Anche questa sezione è spesso motivo di confusione per il paziente o per i suoi familiari e caregiver.
- Indicazioni per il medico curante (quando presenti): in alcuni casi il referto contiene anche suggerimenti rivolti al medico curante, come la necessità di approfondimenti diagnostici, ulteriori esami, controlli a distanza di tempo o valutazioni specialistiche. Questa parte può aiutare a impostare il percorso successivo, ma non rappresenta una prescrizione vincolante.
Una volta capito quali sono le varie sezioni che compongono un referto, si può provare ad entrare più nel dettaglio di quanto riportato al suo interno.
Sigle, abbreviazioni e termini tecnici più comuni
Molti referti medici contengono sigle, abbreviazioni e termini specialistici che possono risultare poco comprensibili a chi non ha una formazione sanitaria.
Si tratta, di fatto, di convenzioni utilizzate per rendere più rapida e standardizzata la compilazione dei documenti clinici.
Conoscere il significato dei termini più frequenti può aiutare a orientarsi nella lettura del referto, in attesa del confronto con il medico.
Sigle frequenti negli esami del sangue
Negli esami del sangue vengono riportate numerose sigle (quasi sempre derivanti dall’inglese) che indicano parametri specifici. Tra le più comuni troviamo:
- RBC: numero dei globuli rossi (Red Blood Cells);
- WBC: numero dei globuli bianchi (White Blood Cells);
- HGB o Hb: emoglobina;
- HCT: ematocrito;
- MCV: volume medio dei globuli rossi;
- MCH e MCHC: contenuto medio di emoglobina nei globuli rossi;
- PLT: numero delle piastrine (Platelets)
Ogni parametro è accompagnato da un valore numerico e da un intervallo di riferimento, utile per individuare eventuali scostamenti.
Termini tipici nei referti radiologici e strumentali
I referti di esami come radiografie, ecografie, TAC e risonanze magnetiche utilizzano un linguaggio descrittivo, ma tecnico.
Al loro interno capita spesso di incorrere in alcuni termini frequenti, come i seguenti:
- iperintensità/ipointensità: maggiore o minore intensità di segnale nelle immagini (risonanza magnetica);
- disomogeneo/disomogeneità: struttura non uniforme, talvolta indicativa di alterazioni;
- reperto aspecifico: alterazione presente, ma non indicativa di una patologia precisa;
- lesione: generico riferimento a un’area di tessuto alterata;
- versamento: presenza anomala di liquido in una cavità (es. pleurico o articolare);
- calcificazione: deposito di calcio, a volte fisiologico, a volte segno di una condizione patologica.
Queste espressioni descrivono ciò che viene osservato, ma non sempre sono indicative di una malattia. L’interpretazione clinica dipende dal contesto complessivo.
Abbreviazioni nei referti istologici e microbiologici
Nei referti istologici (esami sui tessuti) e microbiologici (esami per rilevare microrganismi) si incontrano abbreviazioni specifiche, come:
- HP: Helicobacter pylori, batterio che può infettare lo stomaco;
- BMR: batteri multiresistenti agli antibiotici;
- GRAM+/GRAM-: classificazione dei batteri in base alla colorazione di Gram;
- AGC/ASC-US/HSIL: sigle presenti nei referti del Pap test, riferite ad alterazioni delle cellule;
- CD3, CD20, Ki67: marcatori immunoistochimici utilizzati per caratterizzare alcuni tipi di cellule nei tessuti.
Anche in questo caso, le abbreviazioni vanno sempre interpretate nel contesto clinico e con il supporto dello specialista.
Errori da evitare: cosa non fare leggendo un referto
L’interpretazione di un referto medico richiede competenze specifiche, e anche quando il linguaggio risulta comprensibile, il rischio di fraintendimenti è elevato se si ignora il contesto clinico.
Per questo motivo è importante evitare i tre errori più comuni che si commettono nel tentativo di interpretare da soli un documento sanitario.
- Non farsi diagnosi da soli: un referto, per quanto dettagliato, rappresenta solo una parte dell’intero quadro clinico. Trarre conclusioni autonome, basandosi unicamente su valori fuori norma o su termini tecnici, può portare a interpretazioni scorrette o allarmistiche. Solo un medico è in grado di collegare i dati presenti nel referto con i sintomi, l’anamnesi e gli altri elementi rilevanti per formulare una diagnosi.
- Non cercare ogni parola su internet senza contesto: l’abitudine di cercare singoli termini sul web può generare confusione e ansia. Un’espressione che in un determinato contesto clinico è del tutto innocua, potrebbe risultare preoccupante se isolata e interpretata in modo generico. Il linguaggio medico è preciso, ma va decifrato alla luce dell’intera situazione del paziente, cosa che la ricerca autonoma su internet non può garantire.
- Non trascurare il follow-up medico: anche in presenza di un referto apparentemente “nella norma”, è fondamentale sottoporlo all’attenzione del medico curante. Alcune anomalie lievi, oppure combinazioni di dati che singolarmente non destano preoccupazione, possono acquisire significato solo se valutate da un professionista. Evitare o rimandare il confronto con il medico può comportare il rischio di sottovalutare segnali importanti.
In ogni caso, anche quando il linguaggio è chiaro, l’interpretazione è facile, e il referto è comprensibile, non bisogna mai fermarsi lì, ma rivolgersi al proprio medico per un consulto professionale.
E l’intelligenza artificiale?
Ma interrogare l’intelligenza artificiale – come ChatGPT, Gemini, ecc… – può essere la soluzione?
La risposta è: dipende.
In effetti, ci sono diverse evidenze relative alla capacità di sistemi come ChatGPT e simili di analizzare esami medici o referti e giungere a una diagnosi corretta, spesso con percentuali di successo superiori a quelle di un medico, ma anche in questi casi vige la regola illustrata prima: mai fare diagnosi da soli.
Quindi, chiedere a ChatGPT di spiegare il significato di un termine, una descrizione, un valore, può essere molto utile, a patto che ci si limiti ad acquisire l’informazione per giungere più preparati al confronto con il medico, al quale affidarsi per la diagnosi finale.