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Infezione da Helicobacter pylori: cosa fare

Una donna che si tiene la pancia con un'espressione di dolore, sintomo dell'infezione da Helicobacter pylori.

In passato era universalmente diffusa in medicina l’idea che le ulcere avessero un’origine psicosomatica, una conseguenza diretta dello stress e di una vita frenetica, così come lo era la convinzione che lo stomaco, con il suo ambiente incredibilmente acido, fosse un ambiente sterile in cui nessun batterio poteva sperare di sopravvivere

Negli anni ottanta, però, queste due certezze si sono dissolte in seguito alla scoperta di un piccolo microrganismo a forma di elica, noto come Helicobacter pylori

Questo batterio non solo sopravvive nell’ambiente ostile dello stomaco, ma prospera, colonizzando la mucosa gastrica di circa metà della popolazione mondiale. In Italia, ad esempio, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, parliamo di circa 25 milioni di persone, un numero sbalorditivo. Ma nonostante la sua enorme diffusione, l’H. pylori rimane uno degli agenti patogeni più fraintesi, sul quale persistono molti dubbi.

Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire cos’è l’helicobacter pylori, come si contrae, quali danni provoca, come si diagnostica e come si cura.

Cos’è l’Helicobacter pylori?

L’Helicobacter pylori (Hp) è un batterio spiraliforme Gram-negativo che colonizza la mucosa gastrica, il rivestimento interno dello stomaco umano

L’H.pylori è in grado di sopravvivere nell’ambiente altamente acido dello stomaco grazie alla produzione di un enzima chiamato ureasi, che riduce l’acidità circostante, rendendo l’ambiente meno ostile. La sua particolare forma a elica gli permette inoltre di penetrare lo strato mucoso più esterno e di ancorarsi alla parete interna dello stomaco, dove l’acidità è minore.

Nella maggior parte dei casi, l’infezione da Helicobacter pylori è asintomatica e passa inosservata. Tuttavia, in una significativa minoranza di individui, può manifestarsi con sintomi quali bruciore e dolore addominale, nausea, vomito, gonfiore, dispepsia (difficoltà nella digestione) e inappetenza. Inoltre, l’infezione può portare a condizioni più gravi come la gastrite cronica, un’infiammazione della parete dello stomaco, e le ulcere peptiche (gastriche o duodenali). Si stima che circa il 10% delle persone infette sviluppi un’ulcera gastroduodenale (Manuale MSD).

A lungo termine, l’infezione da H. pylori è un riconosciuto fattore di rischio per lo sviluppo di alcune forme di cancro allo stomaco. In particolare, l’Hp è associato a un aumento del rischio relativo di tumori dello stomaco fino a circa 6 volte rispetto a chi non ha contratto l’infezione. 

L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato l’H. pylori come un cancerogeno di gruppo 1 per l’uomo già nel 1994. L’infezione è anche associata allo sviluppo del linfoma MALT (mucosa-associated lymphoid tissue), una rara forma di tumore che colpisce le cellule del sistema immunitario nella parete dello stomaco. L’eradicazione del batterio può portare alla regressione di questo linfoma nel 60-80% dei casi

Sebbene questi casi di carcinoma gastrico associati all’H. pylori siano a volte considerati rari, il carcinoma gastrico è il secondo cancro più comune al mondo e l’infezione da H. pylori ne è un fattore eziologico riconosciuto (Epicentro ISS).

La scoperta dell’Helicobacter pylori

La storia della scoperta dell’H. pylori è una delle più avvincenti della medicina moderna. Negli anni ’80, i ricercatori australiani Barry Marshall e Robin Warren ipotizzarono che un batterio, e non lo stress, fosse la causa della gastrite e dell’ulcera. La comunità scientifica li accolse con scetticismo e quasi derisione. L’idea che un germe potesse sopravvivere nell’acido dello stomaco era considerata un’eresia.

Di fronte a un muro di incredulità, Barry Marshall compì un atto tanto disperato quanto geniale. Per dimostrare in modo inconfutabile la sua teoria, bevve una coltura di Helicobacter pylori. Pochi giorni dopo, come previsto, sviluppò una gastrite acuta. Si sottopose a una gastroscopia, isolò il batterio dalla sua stessa mucosa gastrica infiammata e, infine, si curò con una semplice terapia antibiotica, guarendo completamente.

Questo gesto zittì gli scettici e rivoluzionò la gastroenterologia. Nel 2005, Barry Marshall e Robin Warren ricevettero il Premio Nobel per la Medicina, un riconoscimento meritatissimo per una scoperta che ha migliorato la vita di milioni di persone.

Come riconoscere l’infezione da Helicobacter pylori?

Come spiegato prima, nella maggior parte dei casi l’infezione da Helicobacter pylori si presenza in modo asintomatico, ma in altri può manifestarsi attraverso alcuni sintomi, che possono includere:

  • dolore o bruciore nella parte alta dell’addome (epigastrio), che si manifesta soprattutto lontano dai pasti e di primo mattino, quando lo stomaco è vuoto;
  • sensazione di gonfiore e pienezza;
  • nausea e/o vomito;
  • difficoltà digestive (dispepsia), che possono includere eruttazioni o una sensazione di digestione faticosa;
  • perdita di appetito e/o dimagrimento ingiustificato.

Sintomi più importanti, in presenza dei quali è opportuno un tempestivo consulto medico, possono essere anche anemia, astenia, febbre, sanguinamento intestinale o vomito con sangue/materiale caffeano (simile ai fondi di caffè).

Molti dei disturbi menzionati non sono specifici e possono essere comuni a diverse altre condizioni gastrointestinali. La comunità medica suggerisce di ricercare e trattare il batterio solo se si manifestano sintomi a esso riconducibili. Pertanto, in caso di sintomi persistenti o gravi, è fondamentale consultare un medico per una diagnosi corretta e per stabilire la necessità di un trattamento.

Cause e modalità di trasmissione dell’Helicobacter pylori

Le modalità di trasmissione dell’infezione da Helicobacter pylori non sono ancora del tutto note e definite in modo definitivo. Tuttavia, l’ipotesi più accreditata e probabile è che avvenga per via orale o oro-fecale

Sebbene la trasmissione oro-fecale sia una possibilità, in particolare nei paesi sviluppati sembra meno probabile. L’uomo è l’unico serbatoio noto di questo batterio.

Le possibili vie di contagio includono:

  • contatto diretto con la saliva, le feci o il vomito di persone già infette. Esiste una forte evidenza di trasmissione da persona a persona, specialmente all’interno delle famiglie, con le madri che sembrano avere un ruolo particolarmente importante nella trasmissione ai figli piccoli;
  • ingestione di cibo o acqua contaminati da liquidi gastrointestinali di persone infette o da materiale fecale di origine umana.

L’infezione da Helicobacter pylori viene spesso acquisita durante l’infanzia. Nei paesi a basso e medio reddito, l’infezione si instaura comunemente in giovane età e tende a causare infezioni croniche. Un fattore di rischio per i più piccoli è l’abitudine delle mamme di assaggiare le pappe prima di imboccarli

Le scarse condizioni igieniche e fattori socioeconomici come l’igiene, i servizi igienico-sanitari, la densità abitativa e il livello di istruzione sono i principali determinanti della prevalenza dell’infezione nell’infanzia e possono favorirne la diffusione, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.

Principali patologie causate dall’Helicobacter pylori

Abbiamo spiegato che, nella maggior parte dei casi, l’infezione da H. pylori è asintomatica o causa manifestazioni a-specifiche che passano inosservate. Tuttavia, in una parte delle persone, può portare allo sviluppo di diverse patologie gastro-duodenali, tra cui:

  • gastrite: l’infezione causa invariabilmente una gastrite cronica attiva, che può essere superficiale o atrofica. È considerata una malattia infettiva anche in assenza di sintomi;
  • ulcera peptica (gastrica e duodenale): l’H. pylori è ritenuto responsabile della stragrande maggioranza delle ulcere duodenali (circa il 90% dei casi) e gastriche (circa l’80% dei casi). L’ulcera è un’irritazione o una perforazione della mucosa che provoca dolore intenso, specialmente a stomaco vuoto. Il rischio individuale di sviluppare un’ulcera peptica nell’arco della vita a causa dell’infezione è stimato tra il 15% e il 20%. L’eradicazione del batterio guarisce la maggior parte delle ulcere attive e previene le recidive;
  • neoplasie gastriche: a lungo termine, l’infezione può aumentare il rischio di sviluppare tumori dello stomaco fino a circa 6 volte rispetto ai non infetti;
  • carcinoma gastrico (adenocarcinoma gastrico): stando alle stime fornite nelle World Gastroenterology Organisation Global Guidelines, è il secondo cancro più comune al mondo. Sebbene solo una minoranza dei soggetti infetti sviluppi il cancro gastrico, l’onere globale è di oltre un milione di casi all’anno. La prevalenza è particolarmente alta in Asia orientale (Giappone, Corea, Cina orientale), con la Cina che registra il 40% dei casi mondiali. L’eradicazione del batterio, se effettuata prima che si verifichino cambiamenti istologici precancerosi, può prevenire il cancro gastrico;
  • linfoma MALT (mucosa-associated lymphoid tissue): è una rara forma di tumore che colpisce le cellule del sistema immunitario nella parete dello stomaco. La maggior parte dei casi è una conseguenza dell’infezione da H. pylori, e la sua eradicazione può portare alla regressione e alla cura del linfoma MALT di basso grado nel 60-80% dei casi;
  • dispepsia funzionale: anche se la gastrite da H. pylori è spesso asintomatica, è comunemente associata a sintomi gastrointestinali superiori come bruciore o dolore addominale, nausea, vomito, inappetenza e gonfiore. Solo circa un terzo dei pazienti con dispepsia funzionale sperimenta un sollievo duraturo dei sintomi dopo l’eradicazione;

L’infezione è stata associata anche a diverse malattie extra-gastriche, come:

Diagnosi: gli esami per scoprire l’infezione

Per accertare la presenza del batterio Helicobacter pylori (Hp) nello stomaco, sono disponibili diversi metodi diagnostici. La scelta del test più appropriato dipende dal contesto clinico, dalla disponibilità e dal costo. 

In generale, gli esami per la diagnosi iniziale dell’infezione vengono eseguiti durante la valutazione per l’ulcera gastroduodenale e la gastrite, e la valutazione dopo il trattamento è solitamente effettuata per confermare l’eradicazione del microrganismo.

Tra i test non invasivi, i più comuni e affidabili sono:

  • Urea Breath Test (Test del respiro): questo test prevede la somministrazione orale di urea marcata (C13 o C14). Se il batterio H. pylori è presente, lo metabolizza rilasciando anidride carbonica marcata (CO2), che viene espirata e misurata in campioni di respiro raccolti 20-30 minuti dopo l’ingestione dell’urea. Ha un’elevata sensibilità e specificità (94-98%). È considerato un test adeguato sia per la diagnosi iniziale sia per confermare l’eradicazione del batterio dopo la terapia. È fondamentale sospendere l’assunzione di antibiotici per almeno 4 settimane e gli inibitori di pompa protonica (PPI) per almeno 1-2 settimane prima del test per evitare risultati falsi negativi.
  • Ricerca dell’antigene fecale: questo test rileva la presenza degli antigeni del microrganismo in piccole quantità di feci. Ha una sensibilità e specificità simili a quelle del test del respiro, in particolare per la diagnosi iniziale. Esistono anche test in grado di rilevare l’antigene fecale senza essere influenzati dall’uso di farmaci inibitori della secrezione acida.

I test invasivi richiedono una procedura endoscopica:

  • Esofagogastroduodenoscopia (gastroscopia) con biopsia: durante questo esame, che permette la visualizzazione diretta della mucosa dello stomaco e del duodeno, vengono prelevati campioni di tessuto (biopsie). Questi campioni vengono poi analizzati al microscopio per la ricerca del batterio. Sulle biopsie può essere eseguito un test rapido all’ureasi, che rileva la presenza dell’enzima ureasi prodotto dal batterio, causando un cambiamento di colore in un terreno speciale. L’esame endoscopico è spesso raccomandato per persone con età superiore ai 60 anni o in presenza di sintomi più severi o d’allarme, come febbre, perdita di peso, anemia o familiarità per cancro allo stomaco. Non è solitamente raccomandato per la sola diagnosi di H. pylori, a meno che non ci siano altre indicazioni cliniche.

Infine, esiste il test sierologico (esame del sangue), che consiste nella ricerca di anticorpi IgG specifici contro H. pylori nel sangue. Tuttavia, questi test sono considerati meno affidabili degli altri e presentano un limite significativo: indicano solo l’esposizione al batterio e non necessariamente un’infezione in atto. Possono rimanere positivi per anni anche dopo un’eradicazione riuscita, rendendoli inadeguati per valutare la guarigione o per distinguere tra infezione passata e presente.

Cosa fare: cure e trattamenti disponibili

L’infezione da Helicobacter pylori (Hp) è importante da trattare perché questo batterio può causare problemi seri allo stomaco, come ulcere e, a lungo termine, anche alcuni tipi di tumori gastrici. Per questo motivo, ogni volta che viene diagnosticata, l’infezione dovrebbe essere curata

La terapia per eliminare l’Hp non si basa su un solo farmaco, ma su una combinazione di medicinali: di solito si usano antibiotici insieme a farmaci che riducono l’acidità dello stomaco, chiamati inibitori della pompa protonica (PPI, utili perché, diminuendo l’acidità, rendono gli antibiotici più efficaci e creano un ambiente meno favorevole alla sopravvivenza del batterio.

Un aspetto fondamentale nella scelta della cura è la resistenza del batterio agli antibiotici, specialmente alla claritromicina. L’Italia è considerata un’area in cui molti ceppi di H. pylori sono resistenti a questo antibiotico (più del 15%).

Terapie di prima linea

Le linee guida italiane suggeriscono diverse opzioni come primo approccio terapeutico, tenendo conto dell’alta resistenza antibiotica:

  • Triplice terapia standard (PPI + amoxicillina + claritromicina o metronidazolo): questa terapia, un tempo la cura più comune, è raccomandata come prima scelta solo in aree dove è certo che la resistenza alla claritromicina è bassa (< 15%). Per essere più efficace, deve essere prolungata a 10 o 14 giorni. A causa dell’alta resistenza alla claritromicina in Italia, questa terapia non è più consigliata nella maggior parte del paese. L’efficacia è alta (89.6%) se il batterio è sensibile alla claritromicina, ma scende drasticamente (44.9%) se è resistente.
  • Terapia quadruplice con bismuto (PPI-BTM): comprende un PPI, bismuto, tetraciclina e metronidazolo. Dura generalmente 10 giorni, ma in alcuni casi può arrivare a 14. Il grande vantaggio è che la sua efficacia è poco influenzata dalla resistenza alla claritromicina o al metronidazolo, ed è valida anche se il batterio è resistente a entrambi. Ha mostrato tassi di successo superiori al 90% in alcuni studi, con un tasso medio dell’80%. In Italia esiste una formulazione che contiene tre farmaci in un’unica capsula (Pylera®) per semplificare l’assunzione.
  • Terapia concomitante (quadruplice senza bismuto): anche questa è raccomandata come prima scelta in Italia, e consiste nell’assumere contemporaneamente un PPI, amoxicillina, claritromicina e metronidazolo (o tinidazolo) per 14 giorni. È più efficace della vecchia triplice terapia standard, con un tasso di eradicazione medio dell’84.1%, e può raggiungere il 93% in zone con alta resistenza alla claritromicina. Tuttavia, se il batterio è resistente sia alla claritromicina che al metronidazolo, l’efficacia può diminuire.
  • Terapia sequenziale: è un’altra opzione di prima linea raccomandata in Italia. Prevede due fasi: per i primi 5-7 giorni si prendono PPI e amoxicillina, seguiti da altri 5-7 giorni di PPI, claritromicina e metronidazolo/tinidazolo. La durata totale è di 10-14 giorni. È stata ideata per affrontare la resistenza alla claritromicina e ha mostrato tassi di successo maggiori rispetto alla triplice terapia standard più breve. In Italia, ha raggiunto tassi vicini al 90% anche con resistenza alla claritromicina. Il tasso di eradicazione medio è del 78.5%.

Terapie di seconda linea

Se la prima cura non riesce a eliminare il batterio, si passa a un trattamento di seconda linea. 

La regola fondamentale è non usare di nuovo gli stessi antibiotici “chiave” della prima terapia, in particolare claritromicina e levofloxacina, perché la resistenza a questi farmaci rende quasi impossibile il successo.

Terapie di terza linea e di salvataggio

Se due terapie non hanno avuto successo, il trattamento successivo deve usare antibiotici diversi da quelli già falliti.

Dopo multipli fallimenti terapeutici (due o più)

Possono essere suggerite la triplice terapia con rifabutina (PPI + amoxicillina + rifabutina) o la duplice terapia ad alte dosi con PPI e amoxicillina come “salvataggio”.

Questa terapia, però, è più costosa e ha effetti collaterali gravi, come la diminuzione di globuli bianchi e piastrine nel 19-25% dei casi. Data la sua tossicità e l’utilità per altre infezioni (micobatteriche), dovrebbe essere usata solo dopo il fallimento di tutte le altre opzioni. Si consiglia di fare test per la tubercolosi e monitorare il sangue.

Test di sensibilità agli antibiotici

In quei rari casi in cui l’infezione persiste anche dopo tre cure, è consigliabile fare dei test per capire a quali antibiotici il batterio è sensibile

Questo può essere fatto con una coltura del batterio e successivi test in laboratorio, oppure con test molecolari su feci o biopsie gastriche

Questo approccio permette una terapia “su misura”, con tassi di successo che possono superare il 98%, ma è spesso costoso e non sempre disponibile.

Allergia alla penicillina

Se un paziente è allergico alla penicillina, si possono usare il metronidazolo al posto dell’amoxicillina, oppure la quadruplice terapia con bismuto (PPI-BTM) è un’ottima alternativa. 

Se l’allergia è incerta, si possono fare dei test specifici per la penicillina.

Probiotici

L’uso di probiotici è suggerito per ridurre gli effetti collaterali degli antibiotici, come la diarrea, durante la cura. 

Possono anche aiutare ad aumentare i tassi di eradicazione, anche se le prove non sono ancora definitive. Sono ben tollerati e hanno un costo contenuto.

Aderenza alla terapia

È fondamentale che i pazienti prendano tutti i farmaci come prescritto e non interrompano la cura

I medici dovrebbero spiegare bene l’importanza della cura e i possibili effetti collaterali, come un’alterazione del gusto. Anche il fumo può influire negativamente sul successo della terapia.

Conferma dell’eradicazione

Dopo aver terminato la terapia, è essenziale verificare che il batterio sia stato eliminato. Si usano i test non invasivi su elencati, come l’Urea Breath Test (UBT) o la ricerca dell’antigene nelle feci

Questi test devono essere eseguiti almeno quattro settimane dopo la fine degli antibiotici e 1-2 settimane dopo aver interrotto i PPI, per evitare risultati falsi negativi. I test del sangue (sierologici) non sono utili per controllare la guarigione, perché gli anticorpi possono rimanere nel sangue per anni anche dopo che il batterio è stato eliminato.

Prevenzione e consigli utili

Ad oggi, purtroppo, non esiste un vaccino disponibile per prevenire l’infezione da Helicobacter pylori. Nonostante ciò, è possibile ridurre significativamente il rischio di contrarre questo batterio, che spesso viene acquisito durante l’infanzia, soprattutto in condizioni igieniche precarie. 

Per ridurre la probabilità di infezione, è fondamentale adottare buone pratiche igieniche e alimentari, come:

  • lavarsi accuratamente le mani più volte al giorno, specialmente prima e dopo la preparazione dei cibi, prima dei pasti e dopo aver usato i servizi igienici;
  • consumare alimenti igienicamente sicuri, ben lavati o cotti in modo adeguato;
  • bere solo acqua potabile. Se non si è certi della potabilità o si viaggia in paesi meno industrializzati, preferire l’acqua in bottiglia;
  • per i bambini piccoli, è consigliabile evitare l’abitudine, da parte degli adulti, di assaggiare le loro pappe prima di imboccarli, in quanto può essere un fattore di rischio per la trasmissione;
  • inoltre, per la salute generale dello stomaco e per ridurre altri fattori di rischio associati a complicazioni come il cancro gastrico, è fondamentale non fumare e mantenere una dieta equilibrata, evitando il consumo eccessivo di sale, salumi e carni affumicate, privilegiando invece frutta e verdura.

In caso di dubbi o sintomi sospetti, soprattutto se gravi come anemia, perdita di peso o sanguinamenti, è sempre consigliabile rivolgersi al proprio medico per una diagnosi accurata e per valutare l’opportunità di un trattamento mirato.

H.pylori: da fattore di rischio a fattore protettivo per il cancro allo stomaco

Come illustrato dalla Fondazione AIRC, la relazione tra Helicobacter pylori e il cancro allo stomaco è complessa e, in alcune circostanze, il batterio potrebbe persino ostacolare lo sviluppo di tumori.

Nello specifico, mentre l’Hp è riconosciuto come un fattore di rischio chiaro per alcune neoplasie dello stomaco, soprattutto l’adenocarcinoma di tipo intestinale del corpo e dell’antro gastrico, la sua relazione con i tumori localizzati nella parte più alta dell’organo, ovvero il cardias (l’orifizio dove l’esofago si immette nello stomaco), rimane dubbia. Alcuni studi hanno persino osservato un ruolo protettivo del batterio in queste sedi.

Il motivo di questo doppio ruolo, che può essere pro-tumorale o protettivo a seconda della localizzazione, potrebbe essere correlato alla capacità dell’Hp di ridurre l’acidità dei succhi gastrici. L’andamento globale dei casi di cancro allo stomaco sembra confermare questa complessità: i casi di cancro non riguardanti il cardias sono diminuiti, soprattutto nelle nazioni più sviluppate, mentre sono aumentati i tumori localizzati al cardias e gli adenocarcinomi esofagei. Per questi ultimi, i principali fattori di rischio sembrano essere il reflusso gastroesofageo e l’obesità, piuttosto che l’Hp.

Domande frequenti (FAQ)

Che cos’è l’Helicobacter pylori (Hp)? 

L’Hp è un batterio a forma di spirale che si annida nella mucosa che riveste lo stomaco. È unico per la sua capacità di sopravvivere nell’ambiente altamente acido dello stomaco, producendo un enzima chiamato ureasi che ne riduce l’acidità. La sua scoperta ha rivoluzionato la comprensione delle malattie gastriche. 

Quanto è diffusa l’infezione da Helicobacter pylori? 

Questo batterio è estremamente comune, infettando circa la metà della popolazione mondiale. In Italia, si stima che colpisca circa 25 milioni di persone. La sua prevalenza varia notevolmente in base a fattori socioeconomici e igienici, ed è spesso contratta durante l’infanzia.

Come si trasmette l’Helicobacter pylori? 

Le modalità di trasmissione non sono ancora completamente chiarite, ma si ritiene che avvenga principalmente per contatto orale o oro-fecale. L’ingestione di acqua o cibi contaminati, oppure il contatto diretto con saliva, feci o vomito di persone infette, sono considerate vie di contagio. La trasmissione è frequente all’interno delle famiglie.

Quali problemi di salute sono associati all’Helicobacter pylori? 

Sebbene spesso non causi sintomi, l’Hp può portare a gastrite cronica, ulcere gastriche e duodenali, ed è un fattore di rischio significativo per il cancro allo stomaco e il linfoma MALT. Può anche essere collegato a dispepsia funzionale, anemia sideropenica o porpora trombocitopenica idiopatica.

Come si diagnostica l’infezione da Helicobacter pylori? 

Esistono vari metodi diagnostici, inclusi test non invasivi come il breath test all’urea o la ricerca di antigeni nelle feci. Per sintomi più seri o per escludere altre patologie, può essere necessaria una gastroscopia con biopsia per l’analisi istologica e il test rapido all’ureasi. I test sierologici per gli anticorpi sono meno precisi per un’infezione attiva.

Qual è la terapia per l’Helicobacter pylori? 

Il trattamento consiste solitamente in una terapia combinata di farmaci, che include un inibitore di pompa protonica (PPI) e due o più antibiotici, somministrati per 10-14 giorni. La scelta del regime terapeutico dipende dalla resistenza locale agli antibiotici e dalla storia clinica del paziente. È fondamentale verificare l’eradicazione dopo la cura.

È possibile prevenire l’infezione da Helicobacter pylori? 

Non esiste un vaccino. Tuttavia, l’adozione di buone pratiche igieniche può ridurre il rischio. Queste includono il lavaggio frequente e accurato delle mani, il consumo di alimenti ben lavati o cotti e l’uso di acqua potabile. Per i bambini, è consigliabile evitare che gli adulti assaggino il cibo prima di imboccarli.

Quando è consigliabile consultare un medico per l’Helicobacter pylori? 

Se si manifestano sintomi come bruciore o dolore addominale persistente, nausea, vomito o gonfiore, è opportuno consultare il medico. Sintomi più preoccupanti, come anemia, perdita di peso inspiegabile, febbre, vomito con sangue o feci scure, o una familiarità con il cancro gastrico, richiedono un consulto medico immediato per una diagnosi e un trattamento appropriati.

ATTENZIONE:
Le informazioni qui riportate hanno carattere divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportati sono assunte in piena autonomia decisionale e a loro rischio.
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