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Il contesto attuale e il risk management prospettico nei fondi sanitari integrativi

marco micocci attuario fondo asim

In questo contributo, Marco Micocci, attuario del Fondo ASIM, ci illustra qual è lo scenario attuale del risk management nei fondi di assistenza sanitaria integrativa.Intro. 

Il periodo eccezionale (in senso negativo) che stiamo attraversando ha già avuto e avrà ricadute strutturali in parte incerte sul settore della sanità integrativa.

In questo breve contributo si vuole proporre alcune riflessioni che scaturiscono dall’impatto congiunto sul sistema dei fondi sanitari della pandemia Covid e dei drammatici conflitti (russo – ucraino prima e israelo – palestinese dopo) che, a partire da inizio 2022, hanno deflagrato sui sistemi economici e finanziari del mondo intero.

La struttura del “mercato” dei Fondi Sanitari Integrativi

Come noto, il settore della sanità integrativa è ormai densamente popolato da operatori eterogenei (Fondi contrattuali, Casse, Mutue, Compagnie, …).

La colonna portante è di gran lunga quella dei fondi sanitari di origine contrattuale (previsti cioè dai CCNL), che tutelano in modo assai differenziato nel nostro Paese ormai milioni di lavoratori.

Focalizzandoci su questo segmento non possono, però, non evidenziarsi alcune forti differenze tra i diversi fondi contrattuali, che di seguito accenniamo per gli aspetti fondamentali:

  • il modello di copertura del rischio è di tre tipi: autoassicurato, coperto con polizze o ibrido;
  • il modello di gestione amministrativa è anch’esso tripartito tra gestione totalmente interna, gestione in outsourcing e gestione mista.

Vista la natura di questo contributo, le due coordinate di cui sopra meritano qualche approfondimento e una loro contestualizzazione, anche evolutiva.

Iniziando dalla tipologia di copertura del rischio, si evidenzia che i fondi “storici”, ovvero quelli di più lunga operatività, sono sostanzialmente tutti in autoassicurazione; gestiscono in proprio il loro rischio (in primis quello attuariale, come vedremo nel seguito), e negli anni sono riusciti a sviluppare competenze tecniche e di conoscenza delle loro dinamiche particolarmente approfondite. In molti casi, il rischio è presidiato in modo realmente scientifico e rigoroso.

Diversa è la posizione dei fondi totalmente assicurati (sempre di meno), che spesso sono quelli più “giovani”. In sostanza, questa tipologia di fondi gestisce il rischio sottoscrivendo polizze collettive con compagnie di assicurazione operanti nel ramo “malattia”. In questo caso, il rischio è totalmente a carico della compagnia (se la polizza non prevede la partecipazione agli utili) oppure, oltre una soglia di sinistrosità, è condiviso anche dal fondo (se la polizza prevede la partecipazione agli utili). La modalità totalmente assicurata trova usualmente spazio nei fondi di recente o recentissima creazione che, non di rado, hanno visto una rapida crescita della platea di lavoratori assistiti e che, per motivi legati alla complessità dell’attività, hanno scelto la strada più immediata della copertura assicurativa.

Infine, la tipologia ibrida di copertura dei rischi. Questo modello di gestione del rischio tecnico si origina, in genere, dal graduale superamento del modello assicurativo e/o dall’ampliamento delle coperture sanitarie offerte dai fondi. In sostanza, il caso “tipo” è quello del fondo (ancora “giovane” ma non più di nuova creazione) che, dopo un iniziale periodo nel quale ha comprato polizze collettive, inizia gradualmente a internalizzare il rischio (e gli avanzi tecnici corrispondenti che possono essere reinvestiti a favore degli iscritti) gestendo in proprio un numero via via crescente di garanzie con il progressivo abbandono delle polizze.

Passando alla seconda coordinata, si può immediatamente affermare che il tema della gestione amministrativa è in parte dipendente da quello della gestione tecnica del rischio.

Osservando autonomamente i tre diversi modelli di gestione amministrativa, rintracciamo le seguenti caratteristiche.

Alcuni fondi hanno una gestione totalmente internalizzata: in questo caso il ciclo attivo (contributi), quello passivo (rimborsi/prestazioni) e tutte le attività connesse (dal call center alla redazione del bilancio) sono gestiti in proprio, con personale dipendente dal fondo. Usualmente (ma non necessariamente) i fondi di questo tipo sono dotati di una propria (in genere limitata) rete di strutture sanitarie convenzionate per la parte di gestione diretta.

All’estremo opposto ci sono i fondi che presentano la gestione amministrativa (del ciclo passivo) in prevalente outsourcing; un soggetto esterno (cosiddetto TPA – Third Party Administrator) provvede all’erogazione delle prestazioni e alla loro rendicontazione al fondo. Usualmente (quasi sempre) il TPA mette anche a disposizione una propria rete di strutture sanitarie, se il fondo prevede l’erogazione in forma diretta delle prestazioni.

Anche per la gestione amministrativa esiste, ed è in crescita, un modello misto, ovvero la compresenza di una parte di gestione in outsourcing e una parte internalizzata. Questo modello è in crescita, al pari della versione ibrida della gestione del rischio tecnico, e per il medesimo motivo: il graduale aumento di consapevolezza dei fondi “ex giovani” che tendono a internalizzare competenze (e ridurre i costi).

Ovviamente, non tutte le combinazioni tra schemi di gestione del rischio tecnico e modelli di gestione amministrativa sono possibili; la matrice sotto evidenzia le combinazioni compatibili.

gestione del rischio fondi sanitari integrativi

Il risk management dei FSI, l’impatto del Covid e i conflitti internazionali

La premessa di cui sopra è necessaria al fine di inquadrare gli impatti citati in apertura (Covid e conflitti) sul risk management prospettico dei fondi sanitari integrativi.

In merito alla Pandemia, e al suo impatto sui fondi, possiamo distinguere tre periodi: l’esercizio 2020, l’esercizio 2021, il 2022 e gli anni successivi.

Nel corso del 2020, l’andamento dei consumi sanitari degli iscritti al complesso dei fondi sanitari è stato influenzato fortemente dalle misure di distanziamento sociale e dai lockdown che hanno contraddistinto il nostro Paese: i rimborsi effettuati dai fondi sanitari sono calati e alcune tipologie di prestazioni (es. odontoiatria, visite specialistiche e accertamenti diagnostici) in alcuni mesi si sono praticamente azzerate. Prescindendo dai rimborsi collegati al Covid (che vari fondi hanno inserito a tariffario per far fronte all’emergenza) tutte le categorie di prestazioni nel 2020 hanno visto un forte “svuotamento” con una riduzione complessiva annua nell’ordine del 20/30% a seconda dei fondi; la fine del 2020 (ottobre – dicembre) ha visto una ripresa e una progressiva normalizzazione dei consumi.

Nel 2021 in trend si è invertito: mutuando la terminologia della finanza, si è assistito a un “rimbalzo” tecnico che, tradotto in termini coerenti con il settore di cui si parla, significa una ripresa dei consumi e un recupero (parziale) di prestazioni non fruite nel 2020 e differite al 2021.

Questo si è concretizzato in un livello di prestazioni 2021 che in quasi tutti i fondi ha superato l’entità delle prestazioni erogate nell’ultimo anno “normale” , ovvero il 2019.

Quello definito “rimbalzo” è però un fenomeno accompagnato anche da alcune modifiche (che in parte possiamo immaginare strutturali), che è importante tenere a mente nell’ambito del risk management dei fondi sanitari.

In particolare, e sempre riferendoci alla generalità dei fondi sanitari, l’aumento della spesa 2021 è stato generato sia da un aumento di prestazioni erogate/rimborsate dai fondi che – nelle generalità dei casi – dalla crescita del loro costo medio. Quindi. a un aumento dei volumi (effetto “volume” cioè “rimbalzo” in senso stretto) si è accompagnato un aumento del costo medio delle prestazioni fruite (effetto “prezzo”). 

A cosa è ascrivibile l’effetto prezzo sopra citato (prescindendo dall’effetto volume)?

Non c’è dubbio che il 2021 abbia, in molti fondi, visto un cambiamento sensibile del “modello di consumo” degli iscritti: anche nelle regioni dove il SSN è più performante si è assistito a un incremento del ricorso a prestazioni erogate in regime privatistico con esborsi generalmente superiori rispetto ai ticket del SSN medesimo. Stante la perdurante difficoltà di accesso agli ambulatori del sistema sanitario pubblico, anche fette di iscritti che non erano soliti farlo si sono avvicinati agli erogatori privati, con i conseguenti effetti sul costo medio della singola prestazione (p.e. per le visite e gli accertamenti). L’effetto volume e l’effetto prezzo hanno prodotto un impatto moltiplicativo sui conti di molti fondi sanitari.

Ovviamente, la misura degli effetti è stata diversa da fondo a fondo, differenziandosi nell’ambito dei fondi autogestiti rispetto a quelli autoassicurati. Basti fare un esempio scolastico e pensare alla presenza o meno di un cap (una soglia massima presente a tariffario) per un fondo autogestito che rimborsa a percentuale una prestazione (es. una visita specialistica): la presenza di un massimale per singola prestazione limita in modo naturale l’incremento dei costi per il fondo. Per i fondi assicurati il tema si è manifestato – nel breve – sotto forma di riduzione o eliminazione della partecipazione agli utili e/o aumentata condivisione delle perdite (cd meccanismi di bonus e/o malus). In occasione dei rinnovi si manifesterà in forma di aumento dei premi e/o riduzione delle prestazioni (anche a seguito delle variazioni presumibili dei parametri Solvency II che renderanno più “costoso” l’assorbimento di capitale posto a garanzia degli impegni per le compagnie di assicurazione).

Quindi, anche se è vero che ogni fondo ha reagito in modo diverso all’effetto prezzo, non c’è dubbio che questo ha riguardato tutti i fondi; ma quale sarà il modello di consumo nel prossimo futuro (dal 2022/23 in avanti)?

A parere dello scrivente, non c’è dubbio che l’eccesso di ricorso al settore privato si riassorbirà in gran parte, ma una coda rimarrà strutturale: una parte degli iscritti ha approcciato nuovi “fornitori” e continuerà a usarli anche in futuro, impattando negativamente sui conti dei fondi sanitari.

Quindi, il focus si sposta sul presente e il prossimo futuro; quali trend saranno da attendersi nel settore della sanità integrativa, quantomeno da un punto di vista tecnico – sanitario?

Come detto, il modello di consumo degli iscritti tenderà a posizionarsi su schemi più costosi per i fondi sanitari; inoltre, un certo grado di (aumentata) attenzione al tema salute verrà senz’altro lasciato in eredità dalla Pandemia che, in qualche modo, ha posto l’enfasi sul tema della prevenzione dei rischi. Questo aspetto potrà impattare sui conti dei fondi sanitari integrativi, anche se, in questo caso, è facile prevedere impatti assai diversi tra fondi ad alta e bassa consapevolezza (ovvero fondi i cui iscritti conoscono più o meno bene l’esistenza stessa del fondo e le prestazioni cui dà diritto).

Infine, i conflitti; sebbene apparentemente le dinamiche dei conflitti siano lontane dalle logiche gestionali e di monitoraggio del rischio dei fondi sanitari, in realtà la ripresa inflazionistica che le economie stanno sperimentando impatterà prima o poi anche sui fondi sanitari. Le prestazioni erogate dalle strutture sanitarie private (compresa l’odontoiatria) sono inevitabilmente legate alla cosiddetta “inflazione sanitaria”, che a sua volta è funzione dell’andamento generale dell’indice dei prezzi al consumo.

Sul tema dell’inflazione sanitaria le posizioni dei fondi sono effettivamente molto diverse una dall’altra; a seconda della modalità di copertura del rischio (autogestita o assicurata) c’è una diversa rigidità della struttura dei costi tra un fondo e l’altro e, a parità di modalità di copertura del rischio, la struttura regolamentare può porre ulteriori argini ad aumenti degli esborsi dei fondi.

Tuttavia, il problema rimane, e può essere inquadrato come segue: se l’inflazione non si raffredderà da qui a pochi mesi si assisterà ad un fenomeno che anche i fondi sanitari avevano dimenticato: l’incremento dei prezzi (nel nostro caso delle prestazioni sanitarie) e la progressiva erosione dei livelli di copertura garantito agli iscritti.

In questo caso, i fondi saranno costretti a mettere mano ai regolamenti e modificare logiche di rimborso e, se del caso, a inserire (o modificare) meccanismi di salvaguardia collegati alla compartecipazione degli iscritti (franchigie, scoperti, massimali, cap, …).

Linee guida per l’attività del Risk Manager

Quanto precede ci consente di disegnare il ruolo del risk manager di un fondo sanitario integrativo nel nuovo scenario sopra descritto.

Ovviamente, la sua contestualizzazione nell’una o nell’altra tipologia di fondo ne origina attività e perimetro delle competenze nonché gli strumenti e le risorse (tra cui quelle umane) su cui deve fare affidamento.

Astraendo per un attimo della citata contestualizzazione, e rimanendo sugli aspetti generali, l’attività del Risk Manager deve essere finalizzata all’implementazione di un sistema organico di gestione dei rischi che mappi le rischiosità che interessano il fondo e individui le procedure necessarie per la loro complessiva gestione.

Il sistema di gestione dei rischi dovrà prevedere la definizione delle strategie, dei processi e delle procedure di segnalazione necessarie a individuare, misurare, monitorare, gestire e segnalare i rischi ai quali il Fondo è o potrebbe essere esposto, e le relative interdipendenze.

Vista la preponderanza del rischio tecnico-attuariale e di quello operativo sulle altre categorie di rischi, in termini di competenze il risk manager dovrà essere fornito di capacità trasversali tra materie attuariali, tematiche di tipo sanitarie e organizzazione di impresa.

La competenza attuariale potrà guidare il risk manager nelle analisi di sostenibilità del fondo e nel supporto alle decisioni strategiche che impattano sui trend di lungo periodo (e che per questo devono essere testate ex ante per evitare errori da parte dei decisori); inoltre, trattandosi di temi particolari e che fuoriescono da quelli più tradizionalmente affrontati nelle discipline attuariali, sarà necessaria l’acquisizione di una competenza “alta” di tipo sanitario sulle principali tipologie di garanzie prestate dal fondo (le diverse prestazioni sanitarie: odontoiatria, accertamenti diagnostici, visite specialistiche, ricoveri nelle loro diverse accezioni, non autosufficienza, PMA, …) e sulle dinamiche del SSN. 

Infine, il tema organizzativo; poiché le scelte intraprese in merito a gestione amministrativa e modalità di copertura del rischio generano rischi diversi, il risk manager dovrà possedere competenze in grado di ottimizzare (condizionatamente alla cella della matrice rappresentata in figura in cui si colloca il fondo) l’organizzazione delle risorse a sua disposizione.

Conclusioni

Volendo tirare le fila di quanto precede, e metterlo a sistema con l’esperienza concreta, si può affermare che:

  • Pandemia e conflitti hanno inserito nelle logiche di gestione del rischio dei fondi sanitari nuovi driver (modifica dei modelli di consumo) o hanno dato nuova rilevanza a fenomeni quasi dimenticati (l’inflazione sanitaria).
  • La visione e l’approccio del risk manager devono essere principalmente di medio – lungo periodo: le decisioni che vengono prese nei fondi sono destinate a impattare per molti anni ed eventuali sbagli hanno costi (economici e politici) rilevantissimi; è compito del risk manager supportare al meglio le decisioni in modo che siano sostenibili per l’impianto contributi – prestazioni.
  • Un fondo autogestito possiede potenzialmente il massimo accesso all’informazione (dati di consumo, anagrafiche, strutture sanitarie, tariffari, regionalità, …); è il contesto ideale per decisioni pienamente informate. Ovviamente il risk manager si doterà di reportistiche andamentali e modelli di simulazione attuariale in grado di aiutarlo nei suoi compiti.
  • Di converso, un fondo assicurato ha traslato (almeno in buona parte) il rischio su un soggetto esterno (la compagnia) ma ha il difetto di non gestire in proprio l’informazione: questo allontanamento dai dati genera rischi indiretti che potrebbero concretizzarsi al momento della scadenza della convenzione assicurativa (se non prima). A parere dello scrivente, il compito del risk manager è pensare “come se” il fondo fosse in autogestione, garantendosi che il fornitore consenta al fondo il massimo accesso ai dati e creare un sistema informativo in grado di generare reportistiche utili a descrivere secondo una prospettiva andamentale l’evoluzione dei KPI nel tempo e strutturando una modellistica di proiezione statistico – attuariale utile per colmare l’asimmetria informativa con la Compagnia.

Infine, una considerazione valida per tutti i modelli gestionali e organizzativi: compito del risk manager di un fondo sanitario è anche quello di costruire, unitamente ai vertici del fondo, una cultura della gestione basata sul rischio.

Un approccio gestionale “risk based” serio e pervasivo è, difatti, il primo presidio per la tutela dei lavoratori e dei datori che finanziano il fondo con la contribuzione, ma anche per le responsabilità degli amministratori e degli azionisti (le parti istitutive), che prendono decisioni cariche di significati e di potenziali conseguenze e che per questo devono essere sempre filtrate con la logica della sostenibilità.

ATTENZIONE:
Le informazioni qui riportate hanno carattere divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportati sono assunte in piena autonomia decisionale e a loro rischio.
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