
Il Rapporto Annuale 2025 dell’ISTAT traccia un bilancio dei principali cambiamenti economici, demografici e sociali che hanno segnato l’Italia nell’ultimo anno, delineando al contempo le sfide future. Le trasformazioni in atto sono profonde e investono generazioni, territori e gruppi sociali differenti.
Il Paese affronta un progressivo calo della popolazione residente, causato da una dinamica naturale marcatamente negativa che solo in parte viene compensata dai flussi migratori. L’Italia si conferma tra le nazioni più anziane al mondo: oltre un quarto dei cittadini ha più di 65 anni e gli ultraottantenni superano i 4,5 milioni. Al tempo stesso, la denatalità non si arresta, con 370 mila nascite nel 2024 e un tasso di fecondità sceso a 1,18 figli per donna. L’insieme di questi fenomeni interconnessi dipinge il ritratto di un Paese in piena transizione.
In questo scenario di profonda evoluzione, l’analisi della mortalità evitabile assume un ruolo centrale. Con questo indicatore si intendono i decessi avvenuti prima dei 75 anni che si sarebbero potuti scongiurare grazie a efficaci interventi di sanità pubblica, a una maggiore prevenzione e a un’adeguata assistenza sanitaria.
Studiare questo fenomeno è fondamentale per misurare l’efficacia del nostro sistema sanitario, mettendone in luce le criticità e facendo emergere le persistenti disuguaglianze tra gruppi sociali, in particolare quelle legate al livello di istruzione.
. Vivere più a lungo, come dimostra l’aumento della speranza di vita, non è di per sé garanzia di buona salute. Quest’ultima richiede attenzione costante, investimenti in prevenzione e cura e un sistema sanitario reattivo: un’esigenza che la pandemia di Covid-19 ha reso drammaticamente evidente.
Indice dei Contenuti
La mortalità evitabile: definizioni e tendenze generali
L’analisi della mortalità evitabile offre uno strumento essenziale per misurare l’efficacia dei sistemi sanitari e individuare le disuguaglianze nella salute di una popolazione.
Ma cosa vuol dire “mortalità evitabile”? Come accennato prima, con questo termine si indicano i decessi che colpiscono persone con meno di 75 anni e che si sarebbero potuti evitare attraverso un’azione combinata di sanità pubblica, prevenzione e assistenza sanitaria adeguata.
Questo indicatore generale si articola in due macro-categorie, la cui definizione è stata aggiornata nel 2019 da OCSE ed Eurostat.
- la prima è la mortalità trattabile, che riguarda i decessi scongiurabili grazie a un’assistenza sanitaria tempestiva ed efficace;
- la seconda è la mortalità prevenibile, che comprende invece le morti evitabili tramite interventi di prevenzione primaria, come la promozione di stili di vita sani, e agendo su determinanti più ampi come i fattori ambientali e socio-economici. A partire dal 2020, anche il Covid-19 è stato incluso tra le cause di morte prevenibile.

Nel quadro europeo, l’Italia vanta una delle performance più positive: con un tasso di 17,7 decessi evitabili ogni 10.000 abitanti nel 2022, si colloca al secondo posto nell’Unione Europea, superata solo dalla Svezia.
Questo risultato si inserisce in un andamento decennale (2013-2022) segnato profondamente dalla pandemia, che ha interrotto la precedente tendenza al ribasso dei tassi, causando un aumento sia della mortalità trattabile che di quella prevenibile nel biennio 2020-2021. Sebbene il 2022 abbia mostrato un miglioramento diffuso, i livelli pre-pandemici non sono stati ancora del tutto recuperati.
Analizzando le singole componenti, emergono dinamiche differenti.
Sul fronte della mortalità prevenibile, l’Italia conferma la sua eccellenza. Con un tasso di 11,3 decessi per 10.000 abitanti, si posiziona nuovamente al secondo posto in Europa, mantenendo un valore sostanzialmente in linea con quello del 2013.
Un risultato notevole, se si considera che la media europea è di 16,8 e che il divario tra il Paese più virtuoso (Svezia, 11,0) e quello meno performante (Lettonia, 34,3) rimane molto ampio.
Diverso è invece il quadro per la mortalità trattabile. A livello europeo, questo indicatore è migliorato, passando da 9,9 a 9,0 decessi ogni 10.000 abitanti. Tuttavia, nonostante l’Italia si mantenga al di sotto della media UE, ha perso terreno rispetto ai partner più virtuosi, scivolando dalla terza alla settima posizione.
Il suo tasso è sì diminuito (da 7,1 a 6,3 per 10.000 abitanti), ma questa riduzione è stata meno marcata di quella registrata in altri Paesi. Per recuperare le posizioni perdute, il rapporto evidenzia la necessità di potenziare gli screening, la diagnosi precoce e l’efficacia delle terapie.
Disuguaglianze nella mortalità evitabile
Il contrasto alle disuguaglianze di salute costituisce una priorità assoluta per la politica sanitaria italiana e per lo sviluppo dell’intera società. È infatti ampiamente dimostrato che lo stato di salute non è uniforme tra i diversi gruppi socio-economici e che la mortalità tende a essere più alta nelle fasce di popolazione più svantaggiate.
Analizzare la mortalità evitabile attraverso la lente del titolo di studio, quale indicatore della condizione socio-economica, permette di far luce su queste disparità proprio nella fase della vita in cui la morte rappresenta un evento prematuro.
Dall’analisi emergono tre grandi assi di disuguaglianza: di genere, territoriale e per livello di istruzione.
- Disuguaglianza di genere: nel 2022, la mortalità evitabile risulta nettamente più elevata negli uomini (23,2 decessi ogni 10.000 abitanti) rispetto alle donne (12,5). Questo divario diventa particolarmente marcato se si osserva la mortalità prevenibile, che per gli uomini è quasi tre volte superiore a quella femminile. Il divario di genere si attenua invece per la mortalità trattabile, suggerendo che le differenze più profonde derivino da stili di vita e fattori di rischio, più penalizzanti per la popolazione maschile.
- Divario territoriale: si conferma lo storico svantaggio del Mezzogiorno. Nel 2022, il Sud e le Isole registrano i tassi più alti sia per la mortalità prevenibile che per quella trattabile. All’estremo opposto si colloca il Nord-est, che si conferma l’area geografica più virtuosa del Paese per entrambe le componenti.
- Livello di istruzione: è questo indicatore a rivelare le disuguaglianze più profonde. I dati del 2021 mostrano un forte gradiente sociale: più basso è il titolo di studio, più alti sono i tassi di mortalità, sia prevenibile che trattabile. Per gli uomini e le donne con al massimo la licenza elementare, i tassi di mortalità prevenibile sono oltre il doppio rispetto a quelli dei loro coetanei laureati.

Queste disuguaglianze si intrecciano con quelle di genere in modo significativo. Nella mortalità prevenibile, il divario legato all’istruzione è molto più accentuato tra gli uomini, tanto che solo i laureati maschi riescono a scendere sotto la media nazionale. Al contrario, nella mortalità trattabile, il divario di genere si riduce con l’aumentare del titolo di studio, fino quasi ad annullarsi tra le persone più istruite.
Questo fenomeno suggerisce che un’istruzione elevata non solo migliora la conoscenza e l’adozione di comportamenti salutari, ma facilita anche l’accesso a cure efficaci, offrendo indirettamente maggiori risorse economiche per sostenere le spese sanitarie.
Quali fattori influenzano la mortalità evitabile
Le radici della mortalità evitabile, sia essa prevenibile o trattabile, affondano in una complessa interazione di fattori sociali, economici, comportamentali e nella capacità di risposta del sistema sanitario.
Comprendere questi determinanti è il primo passo per formulare politiche efficaci, capaci di ridurre le morti premature e le profonde disuguaglianze di salute che ancora segnano il nostro Paese.
Fattori socio-economici e strutturali
Le condizioni di vita e il tessuto sociale rappresentano il terreno su cui prospera o si indebolisce la salute dei cittadini.
Tra i fattori strutturali, tre emergono con particolare forza.
- Livello di istruzione: come già illustrato prima, si conferma uno scudo fondamentale per la salute. Un titolo di studio elevato si traduce in una maggiore consapevolezza dei comportamenti salutari, in un accesso più facile alle cure e, indirettamente, in maggiori risorse economiche. Questo crea un netto gradiente sociale, con tassi di mortalità significativamente più alti tra le persone meno istruite. Il divario è particolarmente drammatico tra gli uomini per la mortalità prevenibile, dove solo i laureati riescono a ottenere performance migliori della media nazionale, evidenziando come il ritardo educativo del Paese si rifletta direttamente sulle opportunità di vita.
- Fragilità economica delle famiglie: l’inflazione ha eroso il potere d’acquisto e la povertà assoluta coinvolge oggi 5,7 milioni di persone, colpendo soprattutto giovani, stranieri e residenti nel Mezzogiorno. Questa vulnerabilità non solo limita le spese quotidiane, ma spinge un numero crescente di cittadini a rinunciare a prestazioni sanitarie essenziali, creando un circolo vizioso tra precarietà economica e cattiva salute.
- Svantaggio territoriale del Paese: il Sud e le Isole presentano tassi di mortalità evitabile più elevati, in coerenza con una minore speranza di vita in buona salute e maggiori indici di povertà, mentre il Nord-est si conferma l’area più protetta.
Stili di vita e fattori di rischio
Gli stili di vita sono il fronte principale su cui si combatte la battaglia della prevenzione primaria. Sebbene siano state fatte conquiste importanti, persistono aree di forte criticità.
Le abitudini dannose continuano a mietere vittime. Nonostante il calo dei fumatori tradizionali, preoccupa la diffusione tra i giovani di sigarette elettroniche e tabacco riscaldato. Su questo tema, consigliamo la lettura del nostro articolo Smettere di fumare: consigli pratici da seguire.
Allo stesso tempo, l’eccesso di peso è diventato un’emergenza silenziosa: nel 2024, quasi una persona su due è in sovrappeso o obesa, una condizione che aumenta il rischio di patologie croniche e i cui costi sociali rappresentano una sfida ancora da vincere.
Questo quadro è aggravato da una salute percepita in peggioramento e dalla sfida della multimorbilità.
L’invecchiamento della popolazione, pur essendo una conquista, fa crescere il numero assoluto di anziani con più patologie croniche, mettendo a dura prova la sostenibilità del sistema sanitario e ricordandoci che vivere più a lungo non sempre significa vivere bene.
Efficacia e accessibilità del sistema sanitario
Se gli stili di vita determinano la mortalità prevenibile, l’efficacia del sistema sanitario è cruciale per quella trattabile. Qui, i segnali sono contrastanti.
Un preoccupante campanello d’allarme è l’aumento della rinuncia alle cure. Nel 2024, quasi un cittadino su dieci ha evitato visite o esami, principalmente per le interminabili liste d’attesa e per difficoltà economiche.
Questo fenomeno, peggiorato dopo la Pandemia, colpisce di più le donne, gli adulti e le persone con bassa istruzione, svelando un problema di accesso che mina il principio di equità del nostro sistema. Anche la salute mentale emerge come un’area di crescente fragilità, con un aumento del disagio psicologico e del consumo di antidepressivi.
Infine, il sistema fatica a sostenere le fasce più vulnerabili. La spesa italiana per i servizi sociali a famiglie, anziani e disabili rimane inferiore alla media europea. La disparità territoriale è enorme: la spesa per un anziano nel Nord-est è molto più alta che al Sud, dove anche il ricorso all’assistenza privata, come le badanti, è meno diffuso, lasciando scoperte ampie fette della popolazione più fragile.
L’impegno del Fondo ASIM per la prevenzione
Il Fondo ASIM ha fatto della prevenzione il fulcro della sua missione, riconoscendola come un pilastro fondamentale per migliorare la qualità della vita dei propri iscritti e garantire la sostenibilità del sistema sanitario. Questo impegno si è tradotto in un percorso di costante evoluzione.
Inizialmente, il Fondo si è concentrato sulla prevenzione secondaria, offrendo pacchetti di prestazioni diagnostiche per l’individuazione precoce delle patologie. Ben presto, però, ha ampliato il suo orizzonte alla prevenzione primaria, avviando una prestigiosa collaborazione con la Fondazione AIRC per la Ricerca sul cancro. Attraverso questa partnership, ASIM ha finanziato borse di studio e, soprattutto, ha condotto un’indagine approfondita sulle abitudini alimentari e lo stile di vita dei propri iscritti.
I risultati di questa ricerca hanno fatto emergere una verità cruciale: un profondo scollamento tra il sapere e il fare. Sebbene consapevoli dell’importanza di uno stile di vita sano, molti iscritti faticavano a metterlo in pratica, frenati da barriere concrete come la mancanza di tempo. È diventato chiaro che la sola informazione non era sufficiente a generare un cambiamento reale.
Proprio per colmare questo divario, il Fondo ha dato vita a progetti pionieristici. Il fiore all’occhiello è ASIM Care, un modello innovativo di prevenzione primaria pensato per rendere uno stile di vita sano non solo auspicabile, ma concretamente realizzabile. Il progetto fornisce contenuti semplici e autorevoli su alimentazione, movimento e benessere, allineandosi agli obiettivi del Piano Nazionale della Prevenzione.
La sua forza risiede in tre elementi chiave:
- è facile da fruire, grazie a formati di “edu-entertainment” su piattaforme come Instagram e TikTok;
- è scientificamente rigoroso, con contenuti supervisionati da un Comitato Scientifico;
- è pensato su misura per le esigenze specifiche del settore Pulizie/Multiservizi, tenendo conto di fattori come la fatica fisica e la scarsità di tempo. A questo si affianca il Piano Sanitario Straordinario “La prevenzione su misura”, per offrire percorsi personalizzati ed evitare esami superflui.
L’impegno di Fondo ASIM si manifesta anche attraverso un’intensa attività di comunicazione, dalle rubriche informative a un innovativo progetto video lanciato nel 2024. Collaborando con influencer, il Fondo mira a educare e coinvolgere il pubblico con suggerimenti pratici, superando le barriere che ostacolano l’adozione di comportamenti salutari. Il successo di questa iniziativa ha confermato la validità della strada intrapresa.
In questo modo, il Fondo ASIM si posiziona non solo come un erogatore di servizi, ma come un attore proattivo e promotore di un cambiamento culturale che sia esso stesso inteso come una prestazione socio-sanitaria. La sua visione sottolinea la necessità di una solida sinergia tra sanità pubblica, fondi integrativi, imprese e cittadini.
Conclusioni
Le evidenze emerse dal rapporto delineano chiare e urgenti implicazioni strategiche. Per ridurre la mortalità evitabile e affrontare le sfide sanitarie del Paese non basta agire sul singolo individuo, ma è necessario un intervento organico sulle cause profonde che generano malattia e disuguaglianza.
Un primo pilastro strategico risiede nell’investimento sulla prevenzione primaria e sulla promozione di stili di vita sani. È imperativo potenziare l’educazione alla salute fin dall’infanzia, modernizzando le campagne contro il fumo per includere i nuovi prodotti e intensificando la lotta all’obesità e all’abuso di alcol. Tuttavia, la prevenzione più efficace va oltre le sole campagne informative. Le politiche per l’istruzione, il contrasto alla povertà e la stabilità lavorativa devono essere considerate a tutti gli effetti interventi di sanità pubblica, poiché agiscono direttamente sui determinanti sociali che precludono o favoriscono una vita sana.
Parallelamente, è imprescindibile rafforzare il Servizio Sanitario Nazionale, rendendolo più accessibile ed efficiente. Occorre affrontare con urgenza il duplice problema delle liste d’attesa e della rinuncia alle cure per motivi economici, che oggi minano il diritto alla salute. Per recuperare il terreno perso rispetto ai partner europei, è inoltre fondamentale potenziare gli screening, la diagnosi precoce e l’efficacia delle terapie. Infine, emerge con forza la necessità di strutturare una risposta adeguata al crescente disagio psicologico, sviluppando servizi di salute mentale mirati per i più vulnerabili.
La sfida dell’invecchiamento demografico impone poi un ripensamento del sostegno alla popolazione anziana. L’obiettivo non può essere solo allungare la vita, ma garantire che gli anni aggiuntivi siano vissuti in buona salute. Ciò richiede un aumento della spesa per l’assistenza domiciliare e le strutture residenziali, colmando il profondo divario territoriale che oggi penalizza il Mezzogiorno.
La natura multidimensionale di queste sfide rende evidente che nessuna soluzione settoriale può essere sufficiente. È necessaria una strategia integrata che veda collaborare i ministeri della Salute, dell’Istruzione, del Lavoro e del Welfare, ma anche gli enti del terzo settore e i fondi di assistenza sanitaria integrativa, che possono giocare un ruolo fondamentale nel migliorare l’accesso alle cure per lavoratori e lavoratrici.