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Il segreto della longevità? Respirare e mangiare bene

Il segreto della longevita respirare e mangiare bene

Il direttore responsabile di Asim Informa, Leonardo Degli Antoni, ha intervistato il Dott. Lucio Lucchin Direttore dell’U.O. di Nutrizione e Benessere della Casa di Cura Bonvicini di Bolzano, Past President della Società Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica che da 20 anni collabora con il Ministero della Salute in numerosi tavoli tecnici e da 27 anni insegna e ha insegnato presso le Università di Padova, Parma, Napoli.

Dottor Lucio Lucchin, Lei è uno specialista in gastroenterologia, scienza dell’alimentazione, nutrizione clinica e ha una lunga esperienza d’ospedale e come ricercatore. Qual è il segreto per vivere a lungo e in salute?

Il segreto è cercare di assecondare la nostra impronta genetica, che ha fondamentalmente tre esigenze primarie: respirare, muoversi e alimentarsi in maniera adeguata. La respirazione è una cosa di cui non si parla mai, però gran parte delle persone non sa respirare. Lo fa automaticamente, ma non sempre nel modo corretto. Ciò ha delle ripercussioni anche sulla fisiologia corporea. Per quanto riguarda il movimento, abbiamo una tecnologia pervasiva che ci spinge sempre di più ad andare contro la nostra biologia. Tutto è fatto per non muoverci, per non utilizzare il nostro apparato locomotore. Questo è un danno perché può essere piacevole, ma la casa domotica che fa tutto da sola ci fa stare sempre seduti sulla poltrona o sul divano. Qualche anno fa avevo calcolato che se noi passiamo una serata a cambiare il canale della tv con il telecomando, rispetto a quando io ero piccolo e bisognava alzarsi per girare la rotella del televisore, oggi risparmiamo l’energia equivalente di un piatto di pastasciutta. C’è differenza tra godersi un buon piatto di pasta e poi bruciarlo e invece mangiarlo lasciandolo depositare in gran parte come grasso. Questo non va bene. Però la tecnologia va verso la direzione di farci muovere sempre di meno perché è tutto più comodo. Va contro anche quella che è stata l’evoluzione del nostro cervello e quindi della capacità cognitiva. Infatti, la nostra biologia è ferma a 25 mila anni fa circa, noi abbiamo lo stesso metabolismo di un uomo di quell’epoca. Al contrario, il cervello si è evoluto molto. Di conseguenza il cervello ci spinge in una direzione che divarica da quella che è invece l’imposizione di un tratto genetico che cambia molto lentamente. Anche a questi aspetti non pensiamo mai a sufficienza. 

In tema di alimentazione, con la popolazione in aumento saremo in grado di provvedere ai bisogni di tutti?

Tra 20 anni saremo un miliardo di persone in più, invece che 8 miliardi saremo 9. Le relazioni che ci sono tra 8 e 9 miliardi di persone non sono proporzionali, cioè quello che si fa con 8 si aumenta un po’ di più per farlo andare bene a 9. È tutta un’altra regola, sono altre dinamiche sulle quali non riflettiamo. Sentiamo in continuazione slogan tipo: l’Italia non cresce, bisogna che si facciano più figli. È vero, il nostro Paese cresce poco e facciamo pochi figli ma nel mondo, ogni giorno, abbiamo un saldo positivo di 70 mila persone. Questi 70 mila che quotidianamente aumentano vorranno alimentarsi o si vorranno nutrire, che sarebbe ancora meglio perché c’è una differenza sostanziale in ambito preventivo tra alimentazione e nutrizione. Ci sarà cibo per tutti? Per alimentarsi ce ne sarà, per nutrirsi no. Non ce n’è già adesso. Se io oggi dovessi nutrire in maniera corretta, secondo i dettami della scienza, gli 8 miliardi di persone che ci sono riuscirei a garantire un adeguato stato di nutrizione a non più di 3 miliardi e mezzo di persone. Ma noi siamo 8 miliardi.

Qual è la differenza tra alimentarsi e nutrirsi?

Alimentarsi significa soddisfare il bisogno primario del corpo che è quello energetico. Sappiamo perfettamente che ci sono alimenti calorici di un tipo, dell’altro e che non se ne possono mangiare troppi. Bisogna perciò fare una selezione, per fornire al corpo non solo la prima esigenza, cioè quella calorica, ma anche la qualità. Su questo siamo in crisi perché abbiamo esaurito tutti i terreni coltivabili e per allevamento disponibili sulla terra. A meno che non vogliamo distruggere la foresta amazzonica che, come possiamo immaginare, ha altre conseguenze. È interessante consultare l’orologio dell’Overshoot Day, che viene aggiornato tutti gli anni, per capire quanto una determinata popolazione consuma di ciò che è disponibile nell’arco dell’anno. A maggio l’Italia aveva già consumato tutto il possibile dell’anno, ma fino a dicembre come arriviamo? Dobbiamo cercare altri tipi di alimenti ed ecco che prevalgono i cibi industriali e ultraprocessati, cioè quei cibi che nei supermercati hanno molti ingredienti, più di 6-7. Se consumati con una certa frequenza, questi alimenti cominciano a dare segnali negativi e qui l’epidemiologia ci aiuta confermando che aumentano le malattie cardiovascolari e tumorali.

Per questo l’educazione alla salute è così importante?

Non bisogna usare solo il termine prevenzione in senso generico, bisogna entrare nello specifico. Noi parliamo spesso di prevenzione in generale, poi però c’è la predisposizione individuale e occorre tenere presente questo aspetto per poter intervenire in modo mirato. Ovviamente i consigli vanno dati, quindi è giusto fornire un orientamento che può essere efficace per la maggior parte della popolazione, ma nella consapevolezza che ogni individuo è diverso e l’intervento va personalizzato.

La sanità pubblica è in affanno. Una corretta alimentazione abbiamo visto che può aiutare a prevenire determinate malattie, quindi può contribuire alla sostenibilità del sistema. Possiamo approfondire il concetto?

Da vent’anni studio questi aspetti e analizzo i numeri. Ogni anno nel mondo almeno 11 milioni di persone muoiono per un’alimentazione scorretta: sono molte di più delle vittime del Covid-19 in tre anni per cui tutto il mondo si è spaventato. Come al solito noi guardiamo i dati che ci fanno comodo perché quelli sulla nutrizione non li vogliamo vedere, non vogliamo sentirci in colpa. Un altro dato è quello che emerge dallo studio sulla malnutrizione PIMAI (Project Iatrogenic Malnutrition in Italy): un soggetto su tre che entra in ospedale, al momento dell’ingresso, è malnutrito per difetto, due su dieci sono malnutriti per eccesso. Gli obesi vengono infatti ricoverati di più perché hanno più complicanze nell’arco della vita. Vuol dire che un soggetto su due nel momento stesso in cui entra in ospedale avrebbe bisogno di un intervento nutrizionale. Allora, già qui qualcosa comincia a non funzionare bene e se si interviene tardi ciò ha conseguenze enormi sia sulla salute della persona, sia sull’andamento della patologia e anche sulla lunghezza della degenza.

La permanenza media in una struttura ospedaliera se non si interviene precocemente con la terapia nutrizionale si allunga in tutta Europa mediamente di un 40%. Vuol dire che su 7 giorni di degenza media di ricovero di un italiano, ci attacchiamo circa 1-2 giorni in più. Ma 1-2 giorni in più costano intorno a 600 euro al giorno per paziente. È evidente che se si riuscisse a recuperare il 50% dell’allungamento delle giornate di degenza di questi pazienti, ed è fattibilissimo, i vantaggi economici sarebbero enormi.

L’obesità è un’altra grande piaga che sta esplodendo in tutto il mondo.

Infatti, l’OMS l’ha chiamata globesità: è un fenomeno pandemico che sta aumentando in tutto il mondo. L’obesità è una patologia a tutti gli effetti anche se non tutti sono d’accordo a definirla tale. Ma se è una patologia cronica va curata e i nuovi farmaci contro questa malattia costano dai 200 ai 600 euro al mese. Per tutta la vita. Non tutti si possono permettere queste spese. Il Sistema sanitario nazionale non li passa. E allora qual è la soluzione? Considerato che l’obesità colpisce prevalentemente le fasce meno abbienti della popolazione è evidente che ci troviamo di fronte a un paradosso. Queste sono le problematiche che dobbiamo cominciare ad affrontare concretamente in Italia. 

Come mangiamo noi rispetto agli altri paesi? C’è qualche modello cui poter fare riferimento?

L’Italia è la patria, o comunque uno dei luoghi punti forti, della dieta mediterranea, riconosciuta in tutto il mondo come uno dei regimi alimentari che più garantiscono salubrità, cioè mancanza di malattia e anche longevità. L’altra dieta è la pesco-vegetariana, cioè una dieta prevalentemente vegetariana che è anche più sostenibile con l’inserimento del pesce. Questi due modelli di dieta sono quelli che andrebbero consigliati alla popolazione mondiale. Ma riguardo alla dieta mediterranea, se noi chiedessimo che cos’è l’80% degli italiani non saprebbe rispondere. Non la saprebbe definire. Peggio ancora, solo il 20% degli italiani la segue o fa una dieta che ci assomiglia. Quindi noi, come al solito, parliamo di cose che non facciamo. Siamo la patria della dieta mediterranea, ma non la seguiamo. Non a caso l’obesità sta crescendo, soprattutto quella infantile, in particolare nella zona centro-sud Italia. Ma sta crescendo anche l’obesità dell’adulto, come in tutti i Paesi del mondo. Noi mangiamo peggio di quanto mangiavamo negli anni ’30-’40 del dopoguerra.

Da dove si potrebbe partire per fare una corretta informazione sull’alimentazione? si può, per esempio, insegnare a scuola?

La scuola non può essere il ricettacolo di tutte le colpe e responsabilità che gli adulti non si vogliono assumere. Faccio il medico da più di 40 anni e mi sono visto arrivare centinaia di famiglie che mi portavano i bambini obesi e almeno uno dei genitori era tale. Ma loro mi portavano il figlio. Ricordo una signora che quando le ho chiesto se in famiglia ci fosse qualcuno obeso mi ha risposto no, ma lei era obesa. Questa è la realtà dell’Italia: non voglio vedere il mio problema, allora vedo quello degli altri, oppure lo sposto a dopo! Ma un bambino che cresce in una famiglia con comportamenti alterati e li acquisisce dai genitori può pensare da piccolo che la mamma e il papà si vogliono fare del male? Non lo capirà mai. In ogni caso, una buona notizia è che la prevenzione si può fare in tutte le fasce di età, anche da anziani.

Quindi non è mai troppo tardi?

Esatto, magari non si otterranno i risultati che si potevano avere cominciando da giovani, però è sempre possibile stare meglio con sé stessi e con il proprio metabolismo. Tornando alla domanda di prima, ha senso fare educazione alimentare a scuola? Io credo che le basi di questa materia vadano spalmate in quelle del programma di studi, piuttosto che in un insegnamento a sé stante, che avrebbe anche dei costi. Educazione civica, alimentare, sessuale, secondo me dovrebbero essere integrate nelle varie discipline. Per esempio, l’educazione alimentare la puoi inserire in geografia, storia, filosofia, biologia. Ma per farlo i docenti dovrebbero diventare multidimensionali e oggi spesso non lo sono.

I Fondi di assistenza sanitaria integrativa possono fare qualcosa per divulgare una conoscenza sulla corretta alimentazione?

Certo, possono dare un’informazione capillare semplice e costante, ma molto decisa ad esempio per fare capire alle persone come fare correttamente la spesa al supermercato. Anche se è tanta l’attrazione nel comprare il 3×2, pago 2 e mi danno 3 salsicce, questo non va bene. Di sicuro le salsicce riempiono più la pancia e saziano più della verdura, che costa tantissimo ma fa sicuramente meglio. Bisogna quindi fare dell’educazione che trovi un compromesso tra le esigenze biologiche e quelle economiche. 

Quali sono i falsi miti legati all’alimentazione? Mangiare un piatto di pasta la sera, come tanti dicono, fa veramente male?

No, assolutamente no, a meno che non lo si mangi troppo tardi. Se io mangio molto tardi il mio piatto di spaghetti, alle undici e mezza o mezzanotte, poi vado a dormire, sicuramente non mi fa bene né il piatto di pasta né qualsiasi altra cosa.

Alimentarsi nel modo giusto non è quindi una cosa così semplice. A chi bisogna rivolgersi?

Per cominciare io consiglio sempre di rivolgersi a un medico dietologo. Dopodiché si può chiedere un parere anche a un biologo nutrizionista o a un dietista se non si hanno particolari patologie e non si ha un eccesso di peso. Ma il messaggio da mandare ai cittadini è: chiedete sempre il titolo di studio di questa gente, sapendo che solo il medico è la figura che cura le patologie. Andare dal “nutrizionista” non ci garantisce perché dietro questo attributo si nascondono professionisti seri, impreparati e ciarlatani. In un’epoca d’informazione pervasiva e confondente, in cui la veste delle notizie è di qualità anche nel caso di bufale, trovarsi un riferimento professionale serio a cui rivolgersi in caso di dubbio è sempre più necessario. Ecco, questo deve essere il primo messaggio chiaro. Secondo, verifico se la mia alimentazione è variata e alterna i vari tipi di cibi, i vari gruppi alimentari: cereali, pane, pasta, riso, patate, vegetali, vari tipi di verdura, la frutta e poi ovviamente la carne, i latticini, il latte, i formaggi, cioè le fonti proteiche. Se la mia alimentazione è varia, il mio peso è stabile, non ho una pancetta eccessiva, è molto probabile che io abbia un’alimentazione accettabile.

Quanta carne si può mangiare a settimana?

Come hanno detto l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro e l’OMS, che nel 2015 hanno creato l’allarmismo sulla carne che fa venire il tumore, per evitare rischi non si dovrebbero mangiare più di 400 grammi di carne rossa alla settimana. Per quanto riguarda gli insaccati, chiamati carne processata, questi dovrebbero essere ancora di meno. Andrebbero dunque mangiati una o due volte alla settimana, non di più. Quest’ultimi sono i più pericolosi in assoluto per la salute. 

E la carne bianca? 

La carne bianca va bene, ma anche con questa non bisogna eccedere. Si può però mangiarne anche 5-600 grammi alla settimana.

Leonardo Degli Antoni
Direttore Responsabile Asim Informa

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