In cosa consiste la mobilità sanitaria interregionale, e come la sanità integrativa può contribuire a ridurne gli effetti sui cittadini e sulle Regioni? Vediamolo insieme. Intro.
In Italia abbiamo la fortuna di usufruire di un servizio sanitario nazionale, universale, che offre a tutti i cittadini le medesime opportunità, e si tratta di una conquista da non mettere in discussione, che molti Paesi ci invidiano.
L’invecchiamento della popolazione, la riduzione della spesa pubblica in relazione al PIL investita in sanità, problemi strutturali e cattiva gestione rendono, però, meno efficace l’erogazione dei servizi sanitari e ospedalieri, spingendo molti pazienti a quella che si chiama mobilità sanitaria interregionale.
Per correttezza e completezza d’informazione, dobbiamo sottolineare che, in alcuni casi, la decisione di spostarsi dalla propria regione per ricevere cure mediche in un’altra è dettata dalla presenza sul territorio nazionale di numerose eccellenze, con reparti e team specializzati in determinate patologie e interventi.
Insomma, non ci spostiamo solo perché gli ospedali della nostra regione non sono all’altezza o le liste di attesa sono troppo lunghe, ma molto spesso è così.
Perché la mobilità sanitaria interregionale rappresenta un problema per il nostro Paese, e in che modo la sanità integrativa può contribuire a ridurlo?
Vediamolo insieme.
Indice dei Contenuti
Cos’è la mobilità sanitaria interregionale
Con mobilità sanitaria interregionale s’intende la decisione o la necessità da parte di un paziente di spostarsi dalla propria regione di residenza per affidarsi alle cure di una struttura o di un medico operante in un’altra regione.
Sia chiaro, il Servizio Sanitario Nazionale consente a tutti i cittadini di accedere a cure mediche in tutto il territorio nazionale, senza distinzioni di sorta, ma come primo step è necessario rivolgersi alla propria Asl di competenza.
La mobilità sanitaria si divide in due categorie:
- mobilità attiva: indica la capacità di una regione di attrarre cittadini non residenti grazie alla qualità delle prestazioni sanitarie offerte. Insomma, quello a cui abbiamo accennato prima, ovvero la presenza sul territorio nazionale di centri di eccellenza riconosciuti in modo trasversale;
- mobilità passiva: indica il flusso di cittadini che vanno a curarsi al di fuori della regione di residenza, di conseguenza la scarsa capacità attrattiva della Regione e delle proprie strutture.
Come vedi, la mobilità sanitaria non è un problema solo per noi cittadini, costretti a spostarci per ricevere cure mediche adeguate, ma anche per le Regioni, che si trovano a gestire flussi in uscita o in entrata presso le proprie strutture.
Infatti, secondo quanto previsto dal Testo Unico per la Compensazione Interregionale della Mobilità Sanitaria, la Regione che eroga la prestazione viene rimborsata dalla Regione di residenza del cittadino.
Volume economico della mobilità sanitaria
Qual è il valore, in termini economici, della mobilità sanitaria interregionale in Italia?
Secondo il Report Osservatorio GIMBE 3/2018 “La mobilità sanitaria interregionale nel 2017”, il valore della mobilità sanitaria ammonta a € 4.635,4 milioni.
In relazione alla spesa sanitaria unitaria non è una cifra enorme, ma desta comunque preoccupazione, per diverse ragioni:
- ha un impatto sull’equilibrio finanziario delle Regioni, sia in saldo che in debito;
- evidenzia una dispersione delle risorse pubbliche;
- crea disagio nei cittadini, che devono spostarsi per ricevere cure mediche garantite dalla costituzione.
Ecco la situazione di crediti e debiti prodotti dalla mobilità sanitaria interregionale a in Italia.
La regione che ha l’indice di mobilità attiva più alto è la Lombardia, mentre le regioni con il più alto indice di fuga sono il Lazio e la Campania.
Se prendiamo l’indice di mobilità attiva e quello di mobilità passiva, e li confrontiamo con la popolazione residente, abbiamo questo quadro definitivo.
Fatta eccezione per il Molise e l’Umbria, il centro-sud registra i dati peggiori in assoluto.
I dati denotano, inoltre, come anche questo fenomeno sia il risultato delle note disparità di servizio tra le regioni del nord e del sud del Paese. Fenomeno che – quasi certamente – diventa anche un volano aggiuntivo delle disparità regionali, spostando altre risorse verso nord.
Il ruolo della sanità integrativa
In un precedente articolo abbiamo illustrato come la sanità integrativa rappresenti il cosiddetto secondo pilastro sociosanitario, che unisce le esigenze dei pazienti con la necessità di razionalizzazione della spesa del Servizio Sanitario Nazionale.
Perché è importante la sanità integrativa?
Volendo sintetizzare, potremmo dire che grazie ad un buon piano di assistenza sanitaria integrativa si può accedere a cure mediche e diagnostiche in tempi rapidi, evitando quindi le liste d’attesa sempre più lunghe, a costi sostenibili se non gratuiti.
In merito alla questione della mobilità sanitaria interregionale, poter usufruire di prestazioni anche tramite un fondo di assistenza sanitaria integrativa consentirebbe al cittadino/paziente di individuare, tra le strutture convenzionate, quella più adeguata alla proprie esigenze e, possibilmente, più vicina al comune di residenza o di effettuazione della prestazione lavorativa.
In questo modo, si avrebbe:
- una riduzione delle prestazioni erogate da ospedali e strutture pubbliche, con conseguente possibilità di razionalizzare le spese e le liste di attesa migliorandone l’efficacia;
- minor disagio per il cittadino, che potrà curarsi senza doversi spostare in un’altra regione e senza attendere le lungaggini delle liste d’attesa;
- mantenimento sul territorio delle risorse finanziarie destinate dal SSN alle regioni di pertinenza da utilizzare per i potenziamenti strutturali dei centri sanitari.
La sanità pubblica e la sanità integrativa dovrebbero quindi collaborare, creando un tavolo comune per migliorare, con il contributo del tessuto imprenditoriale nazionale, dei sindacati, delle associazioni di categoria e dei medici di base, l’erogazione di servizi sanitari ai cittadini italiani senza gravare sui conti, già disastrati, del SSN.