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Il contesto previdenziale e l’importanza della previdenza complementare negoziale

intervento giorgio budassi previdenza cooperativa

Il sistema della previdenza pubblica italiano si fonda sul meccanismo della ripartizione, che consiste nell’utilizzo dei contributi versati dai lavoratori in attività per far fronte all’erogazione degli assegni pensionistici nel medesimo anno

Tale meccanismo si basa su un principio di solidarietà e, al fine di restare in equilibrio, necessita di una crescita economica e demografica stabile che possa garantire flussi monetari in entrata a compensazione di quelli in uscita.   

Purtroppo, il nostro Paese assiste da anni a una crescita pressoché piatta, eccezion fatta per le fluttuazioni in negativo e in positivo pre e post Pandemia, oltre a una fase di decrescita in ambito demografico che spesso è stata definita, in altri termini, come “inverno demografico”

Il Rapporto Annuale del 2023 dell’ISTAT su Popolazione residente e dinamica demografica, rileva il continuo invecchiamento della popolazione, con sempre più persone anziane e sempre meno bambini e giovani. 

Il report sancisce come il calo della popolazione sia frutto di una dinamica naturale sfavorevole, caratterizzata da un eccesso dei decessi sulle nascite, solo in parte compensata da movimenti migratori con l’estero di segno positivo. Il nuovo record di minimo delle nascite nel 2022 (393.333) contrapposto a un elevato numero di decessi nel medesimo anno (715.077) ha generato un saldo naturale della popolazione fortemente negativo, pari a circa 322.000 unità in meno in una sola annualità. 

  • l’ONU conferma a livello globale le traiettorie demografiche sopra descritte con il World Social Report intitolato “Leaving no one behind in an ageing world”. Nell’edizione 2023 del rapporto, sono due gli aspetti significativi evidenziati:  entro il 2050, il numero di persone di età ≥ 65 anni dovrebbe raddoppiare, superando l’1,6 miliardi di individui; 
  • un bambino nato nel 2021 può aspettarsi di vivere, in media, fino a 71 anni: sono quasi 25 anni in più rispetto a un bimbo nato nel 1950. 

Insieme, calo demografico e progressivo allungamento della speranza di vita, dovuto alle migliori condizioni in cui viviamo, mettono in crisi un sistema pubblico basato sulla ripartizione

Le conseguenze sono immediatamente evidenti: le risorse per pagare le pensioni si fanno sempre più esigue perché ci sono meno persone attive a fronte di una popolazione in età da pensione in crescita. 

Un indicatore che mostra l’assottigliamento degli assegni pensionistici è il cosiddetto tasso di sostituzione, ovvero la misura, in termini percentuali, del passaggio dal reddito da lavoro a quello conferito dopo il pensionamento. 

Per effetto delle riforme degli ultimi decenni, il tasso di sostituzione garantito dalla previdenza pubblica obbligatoria è diminuito, generando incertezza sul futuro dei giovani, coloro che più degli altri pagano il passaggio al sistema contributivo. 

Il sistema contributivo – introdotto progressivamente dal 1° gennaio 1996 per ridurre la spesa pensionistica pubblica – ha, infatti, legato il valore dell’assegno pensionistico alle retribuzioni percepite nell’arco dell’intera vita lavorativa. 

Per comprendere l’andamento nel tempo del tasso di sostituzione, sono utili le stime fatte dalla Ragioneria generale dello Stato

Se analizziamo le stime che riguardano i lavoratori dipendenti del settore privato con anzianità contributiva pari a 38 anni, rileviamo che il tasso di sostituzione netto (cioè, dopo l’applicazione delle imposte) passerà dall’82,7% del 2010 al 67,2% del 2070

Infine, per completare il quadro relativo al contesto previdenziale, l’OCSE ha stimato che gli attuali ventenni saranno costretti ad andare in pensione non prima di 71 anni di età al fine di sostenere il sistema pensionistico pubblico, basato appunto sulla ripartizione. 

Il combinato disposto della transizione demografica in atto, dell’aumento dell’età pensionabile, dell’invecchiamento della popolazione e del tasso di sostituzione in decrescita delle future pensioni delineano un quadro alquanto preoccupante

In tale contesto diventa pertanto strategico investire in forme di previdenza complementare, basate su un sistema a capitalizzazione individuale, al fine di consentire ai lavoratori di costruire una pensione integrativa rispetto a quella pubblica.   

Pertanto, Previdenza Cooperativa è oggi una risposta per quelle lavoratrici e quei lavoratori che intendono assicurarsi un futuro “sereno”

Come tutti i fondi pensione negoziali, l’adesione a Previdenza Cooperativa garantisce un contributo mensile aggiuntivo da parte del proprio datore di lavoro a fronte di un contributo proprio del lavoratore (oltre al TFR) e l’applicazione di costi di gestione più contenuti rispetto alle altre forme di previdenza complementare (fondi aperti e PIP), poiché i fondi negoziali sono istituiti senza scopo di lucro e, dunque, operano nell’esclusivo interesse dei soggetti aderenti

Previdenza Cooperativa conta oggi più di 105.000 iscritti e un patrimonio gestito di oltre 2,2 miliardi di euro.  

Le posizioni di iscritti di genere femminile rappresentano il 53% del totale; da evidenziare che le posizioni di iscritti di età uguale o inferiore a 44 anni rappresentano il 24% del totale. 

In aderenza al tradizionale insediamento della cooperazione, si conferma il permanere di una differenziazione tra differenti aree geografiche, con una concentrazione delle adesioni nelle imprese emiliano-romagnole, toscane e del centro-nord. 

Nel macrosettore “Multiservizi – Commercio – Turismo – Vigilanza – Pulizie”, operato sulla base di criteri di sostanziale affinità settoriale autonomamente adottati dal Fondo, al 31 dicembre 2023 risultano 18.542 iscritti, pari al 17,58% del totale

Delle 690 imprese cooperative aderenti al Fondo ASIM, 210 risultano anche iscritte a Previdenza Cooperativa per una copertura pari al 30,4%. Di queste, il 20,5% risultano localizzate in Emilia-Romagna, il 14,8% in Lombardia e il 14,3% in Toscana. Piemonte, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Lazio rappresentano le uniche altre Regioni con più del 10% di insediamento tra le imprese esercenti servizi di pulizia, servizi integrati/multiservizi iscritte a Previdenza Cooperativa.

In riferimento ai CCNL, delle 210 cooperative iscritte al Fondo Pensione, il 50,9% applica il contratto Multiservizi, il 12,4% il contratto delle Cooperative Sociali e il 9% quello dei Servizi Ambientali.

A fronte di tali evidenze numeriche, è auspicabile che le politiche contrattuali forniscano un rinnovato impulso per aumentare l’inclusione previdenziale – a partire da quelle categorie di lavoratori per le quali la partecipazione a Previdenza Cooperativa rappresenta non soltanto un’opportunità ma anche una necessità (giovani, part-time, ecc.) – e che il Legislatore promuova campagne di educazione previdenziale ad ampio raggio, rafforzando al contempo gli incentivi fiscali all’adesione.

Giorgio Budassi
Da maggio 2023 è il Direttore Generale del Fondo Pensione Previdenza Cooperativa.
Oltre 10 anni di esperienza come analista finanziario nel mondo previdenziale,
tra COVIP (la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione),
Fondazione Enasarco e Fondo Cooperlavoro

(fondo confluito a seguito della fusione in Previdenza Cooperativa). 

Fondo ASIM