
Il Rapporto annuale 2025 elaborato dall’ISTAT analizza i recenti cambiamenti che hanno interessato la dinamica demografica e sociale in Italia, offrendo un quadro integrato sulle principali sfide del nostro tempo e del futuro.
Secondo quanto riportato, la popolazione residente in Italia è in costante calo, principalmente a causa di una dinamica naturale fortemente negativa. Semplificando, si fanno pochi figli e l’età media della popolazione è molto alta.
Il triennio segnato dalla pandemia da Covid-19 (2020-2022) ha rappresentato un periodo di elevati livelli di mortalità, con un picco straordinario di decessi nel 2020. Questo evento ha evidenziato la fragilità del sistema di cura e la rapidità con cui i progressi ottenuti nella salute pubblica possono essere intaccati se non adeguatamente protetti.
Tuttavia, il 2024 ha segnato un ritorno a livelli di mortalità più vicini a quelli pre-pandemici. In questo contesto, le condizioni di salute della popolazione mostrano segnali complessi. Un indicatore chiave di longevità, ovvero la speranza di vita alla nascita, ha superato i livelli osservati prima dell’emergenza sanitaria.
Parallelamente, l’analisi di un altro importante indicatore, ovvero la speranza di vita in buona salute, rivela una tendenza differente: gli anni che si prevede di vivere in condizioni di buona salute si riducono, in particolare per alcune fasce della popolazione come le donne e i residenti nel Mezzogiorno. Questo evidenzia che l’aumento della longevità non sempre corrisponde a un incremento degli anni vissuti in autonomia e benessere.
Indice dei Contenuti
La Speranza di vita alla nascita: il recupero post-pandemico
Come accennato prima, il triennio 2020-2022 ha rappresentato un periodo caratterizzato da elevati livelli di mortalità in Italia, con un picco di decessi particolarmente alto nel 2020. Questo scenario, influenzato dalla pandemia da Covid-19, ha avuto un impatto significativo sugli indicatori demografici.
Nel 2024, però, si è assistito a un ritorno a livelli di mortalità più vicini a quelli osservati prima della pandemia.
I decessi scendono a 651 mila unità, registrando una diminuzione del 3,1% rispetto al 2023 e tornando sui livelli pre-pandemici. Questo miglioramento è dovuto anche alla riduzione della mortalità precoce tra individui anziani o fragili che era stata registrata negli anni dell’emergenza sanitaria. Nonostante questa flessione, il saldo naturale, ovvero la differenza tra nascite e decessi, rimane ancora fortemente negativo (-281 mila unità).
La diminuzione della mortalità nel 2024 ha portato a un significativo aumento della speranza di vita alla nascita, un indicatore fondamentale della longevità della popolazione. Nel 2024, questo valore ha raggiunto un nuovo massimo storico di 83,4 anni per il complesso della popolazione italiana. Questo dato rappresenta un aumento di quasi 5 mesi di vita rispetto al 2023.

La speranza di vita alla nascita nel 2024 supera anche i livelli osservati nel 2019, prima dell’emergenza sanitaria. Per gli uomini, è stimata pari a 81,4 anni, mentre per le donne raggiunge 85,5 anni. Entrambi i valori mostrano un aumento di 0,4 anni (in decimi di anno) rispetto all’anno precedente e si collocano su livelli superiori a quelli del 2019.
Le differenze territoriali
L’analisi territoriale evidenzia ancora marcate differenze nella speranza di vita alla nascita all’interno del Paese.
Nello specifico:
- nel Nord, la speranza di vita alla nascita è di 82,1 anni per gli uomini e 86,0 anni per le donne;
- nel Centro, i valori scendono a 81,8 anni per gli uomini e 85,7 anni per le donne;
- nel Mezzogiorno si registrano i livelli più bassi: 80,3 anni per gli uomini e 84,6 anni per le donne.
Nel contesto europeo, l’Italia si colloca tra i Paesi con le aspettative di vita più elevate. Anche nell’UE27, l’aumento dell’aspettativa di vita alla nascita è proseguito dopo la Pandemia, raggiungendo 81,4 anni nel 2023 per il complesso della popolazione maschile e femminile. In questo quadro, Spagna e Italia occupano le prime posizioni per speranza di vita alla nascita.
L’aspettativa di vita nelle età avanzate
Parallelamente all’analisi della speranza di vita fin dalla nascita, è fondamentale considerare l’aspettativa di vita nelle età più avanzate, un indicatore questo che riflette le condizioni di salute e le prospettive per chi ha già raggiunto una certa longevità.
L’Italia si conferma tra i Paesi con le aspettative di vita più elevate.
Un indicatore chiave in questo ambito è la speranza di vita a 65 anni. Questo dato misura il numero medio di anni che una persona di 65 anni può aspettarsi di vivere ancora, basandosi sui tassi di mortalità osservati nell’anno di riferimento.
Nel 2023, nell’UE27, la speranza di vita a 65 anni ha raggiunto 21,8 anni per le donne e 18,3 anni per gli uomini. In Italia, nello stesso anno, i livelli corrispondenti sono stati di 22,6 anni per le donne e 19,7 anni per gli uomini. L’Italia si posiziona, per questo indicatore, dietro Spagna e Francia nel contesto europeo.

L’aumento della longevità ha portato a una profonda trasformazione nella struttura per età della popolazione, rendendo l’Italia uno dei Paesi più anziani al mondo. All’inizio del 2025, quasi un quarto della popolazione italiana (24,7%) aveva 65 anni e più.
Cresce in particolare il numero di persone di 80 anni e più, raggiungendo oltre 4,5 milioni a inizio 2025. Questo gruppo, definito “grandi anziani”, supera ormai numericamente i bambini sotto i 10 anni. Anche il numero di individui di almeno 100 anni ha raggiunto un massimo storico a inizio 2025, superando le 23.500 unità.
La speranza di vita residua
Di fronte a questa evoluzione, la soglia convenzionale dei 65 anni per definire l’ingresso nell’età anziana appare sempre più anacronistica. Si è assistito a uno spostamento in avanti dell’età in cui si diventa anziani.
Un approccio dinamico per definire l’età anziana può basarsi sulla speranza di vita residua.
Ad esempio, assumendo come riferimento la speranza di vita a 65 anni del 1952 (12,8 anni per gli uomini e 14,1 per le donne), nel 2023 gli uomini diventerebbero “anziani” a partire dai 74 anni circa e le donne dai 75 in su. L’applicazione di queste soglie dinamiche ridurrebbe significativamente (quasi dimezzando) la percentuale di persone considerate anziane sul totale della popolazione rispetto alla soglia statica dei 65 anni e più.
Questa considerevole riduzione suggerisce una diversa prospettiva sull’impatto dell’invecchiamento demografico, considerando le mutate caratteristiche delle generazioni che entrano nell’età anziana.
Almeno fino all’età di 75 anni, una parte crescente della popolazione anziana è in condizioni di salute migliori rispetto al passato, più attiva e produttiva. Tuttavia, l’aumento degli anni attesi in buona salute non è della stessa entità dell’aumento complessivo degli anni di vita residua. Questo divario tra vivere più a lungo e vivere più a lungo in buona salute rappresenta una sfida significativa per una società che invecchia.
La speranza di vita in buona salute: un quadro diverso
La speranza di vita in buona salute rappresenta un indicatore cruciale per comprendere le sfide legate all’invecchiamento della popolazione. Non è sufficiente vivere più a lungo; è fondamentale che gli anni aggiuntivi siano vissuti in condizioni di autonomia e benessere, con una migliore qualità della vita e la possibilità di partecipare attivamente alla società. Questo indicatore offre una sintesi efficace di tali sfide.
A fronte di un recupero e un superamento dei livelli pre-pandemici per la speranza di vita alla nascita complessiva nel 2024, l’indicatore che stima gli anni attesi di vita in buone condizioni di salute mostra una dinamica opposta. Dopo un picco “anomalo” registrato nel 2020 (interpretato come un possibile effetto della valutazione soggettiva del proprio stato di salute nel contesto pandemico), il numero medio di anni di vita attesi in buona salute alla nascita continua a ridursi di recente.
Differenze di genere e di età
Nel 2024, la speranza di vita in buona salute per gli uomini è stimata in 59,8 anni, segnando un riallineamento al valore del 2019. Per le donne, invece, la stima è di 56,6 anni, rappresentando il punto di minimo dell’ultimo decennio.
In un solo anno, le donne hanno perso circa 1,3 anni di vita in buona salute, ampliando il già noto divario di genere a loro svantaggio, che nel 2024 è di 3,2 anni.
Questo recente calo è principalmente legato alla percezione soggettiva del proprio stato di salute. Dopo essere tornata ai livelli pre-pandemici nel 2023, la quota di persone che si dichiarano in buona salute è diminuita ulteriormente nel 2024, toccando il livello più basso dal 2009 (63,3%).
Questo calo nella percezione di buona salute segnala una fragilità latente, nonostante l’aumento complessivo degli anni di vita, ed è più marcato tra le donne. Si osserva inoltre un peggioramento della salute percepita nelle generazioni più giovani (20-34 anni), mentre nelle età più mature (oltre i 55 anni) la percezione di buona salute è migliorata negli ultimi 15 anni.
Differenze territoriali
Permangono inoltre significative differenze geografiche. Nel 2024, il Mezzogiorno registra i livelli più bassi di speranza di vita in buona salute (55,5 anni), rispetto al Centro (58,9 anni) e al Nord (59,7 anni).
Lo svantaggio di genere a sfavore delle donne è confermato in tutte le aree territoriali, ma è particolarmente accentuato nel Mezzogiorno:
- una donna che nasce nel Mezzogiorno può aspettarsi di vivere in buona salute solo fino a 54 anni, il che corrisponde a circa il 63,8% della sua speranza di vita alla nascita complessiva.
- una donna che nasce nel Nord-est può invece contare su una media di 58,8 anni in buona salute (il 68,3% della speranza di vita alla nascita).
- per gli uomini, le differenze territoriali sono meno pronunciate, ma i residenti nel Mezzogiorno hanno comunque una speranza di vita in buona salute inferiore, pari a 57,1 anni (il 71,1% degli anni da vivere), rispetto ai 62,5 anni dei residenti nel Nord-est (il 76,0%).
Questo quadro complesso evidenzia un divario crescente tra l’allungamento della vita e il mantenimento di una buona condizione di salute, con particolari criticità per le donne e i residenti nel Mezzogiorno.
Conclusioni
In Italia si vive più a lungo, ma le condizioni di salute generali sono peggiorate negli ultimi anni, in particolare nella popolazione anziana (over 65), con preoccupanti disparità geografiche e di genere.
La sfida centrale per il nostro Paese, quindi, riguarda la qualità degli anni aggiuntivi di vita, che si intreccia in modo indissolubile con le tendenze demografiche in atto ormai da diversi anni, che vedono un invecchiamento della popolazione inarrestabile, con addirittura una percentuale di over 80 superiore a quella dei bambini sotto i dieci anni di età.
Insomma, ci sono più anziani che bambini in Italia, e le condizioni di salute della popolazione over 65 non sono rosee. Questo si traduce, com’è facile intuire, in problemi di carattere economico, previdenziale, sociale e, soprattutto, sanitario.