
Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano garantisce l’assistenza ai cittadini presso le strutture sanitarie della propria Regione di residenza. Tuttavia, la normativa riconosce al cittadino il diritto di ricevere prestazioni sanitarie a carico del SSN anche in strutture pubbliche e private accreditate situate in altre Regioni rispetto a quella di residenza.
Questa “portabilità” del diritto alla tutela della salute dà origine al fenomeno della mobilità sanitaria interregionale.
La mobilità sanitaria è un fenomeno cruciale che va ben oltre il mero spostamento di pazienti. Riveste infatti enormi implicazioni sanitarie, sociali, etiche ed economiche. Evidenzia profonde disparità nel diritto alla tutela della salute e rappresenta un segnale di allarme che impone interventi urgenti per riequilibrare i diritti delle persone.
È considerata una componente economica importante da governare, ma anche una componente umana ed etica significativa.
Indice dei Contenuti
Tipi di mobilità sanitaria
Il fenomeno della mobilità sanitaria interregionale si distingue principalmente in due tipologie:
- Mobilità attiva: identifica l’indice di attrazione di una Regione, ossia le prestazioni sanitarie erogate a favore di cittadini residenti in altre Regioni. Economicamente, rappresenta una voce di credito per la Regione che eroga la prestazione.
- Mobilità passiva: esprime l’indice di fuga da una Regione, ovvero le prestazioni sanitarie erogate ai cittadini residenti in una Regione diversa dalla propria. Economicamente, costituisce una voce di debito per la Regione di residenza del paziente.
Dal punto di vista economico, il saldo di ciascuna Regione è determinato dalla differenza tra crediti e debiti derivanti dalla mobilità attiva e passiva.
AGENAS, però, utilizza una differente categorizzazione per la definizione della metodologia di calcolo della mobilità sanitaria ovvero:
- Mobilità apparente: è costituita dai ricoveri effettuati nella regione di domicilio del paziente, quando quest’ultima non coincide con la regione di residenza.
- Mobilità casuale: è relativa ai ricoveri effettuati in urgenza.
- Mobilità effettiva: è quella determinata dalla scelta del cittadino/paziente.
I dati sulla mobilità sanitaria
Secondo i dati sulla mobilità sanitaria interregionale (2023) presentati da AGENAS lo scorso 12 dicembre 2024, l’andamento del fenomeno ha mostrato una certa stabilità nei costi dei ricoveri ospedalieri tra il 2018 e il 2023, sebbene con alcune fluttuazioni.
La pandemia da COVID-19 ha causato una riduzione della mobilità sanitaria, ma già dalla seconda metà del 2020 si è osservata una ripresa del trend. Confrontando i dati del 2023 con quelli del 2019, si nota una diminuzione nel numero di ricoveri in mobilità (da 707.811 nel 2019 a 668.145 nel 2023). Tuttavia, la spesa complessiva è aumentata leggermente nello stesso periodo (da 2,84 miliardi di euro a 2,88 miliardi solo per i ricoveri).

Questo incremento della spesa, nonostante i meno ricoveri, è in gran parte attribuibile all’aumento della mobilità legata ai ricoveri per DRG (Diagnosis Related Groups) di alta complessità, che implicano trattamenti più costosi.

Secondo quanto riportato nel Report Osservatorio GIMBE 1/2025 – La mobilità sanitaria interregionale nel 2022, il valore totale della mobilità sanitaria (che include oltre ai ricoveri anche specialistica, farmaceutica, ecc.) per l’anno 2022 è stato di € 5.037 milioni, il più elevato dal 2010, con un aumento del 18,6% rispetto al 2021.

La mobilità sanitaria nelle varie Regioni
Secondo AGENAS, le Regioni più attrattive per la mobilità sanitaria, ovvero quelle che erogano il maggior numero di prestazioni a cittadini non residenti generando un saldo positivo, sono in prevalenza concentrate al Nord Italia.

In particolare, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto hanno attratto complessivamente oltre la metà della mobilità attiva nazionale nel 2022.
Sempre nel 2022, Lombardia (€ 623,6 milioni), Emilia-Romagna (€ 525,4 milioni) e Veneto (€ 198,2 milioni) sono le Regioni con il saldo positivo rilevante più elevato, superiore a € 100 milioni.Nel 2023, l’Emilia-Romagna ha superato la Lombardia in termini di saldo positivo, attestandosi come la prima Regione. Entrambe superano i 380 milioni di saldo.

L’attrazione in queste Regioni è in gran parte dovuta a prestazioni legate ai disturbi del sistema muscolo-scheletrico, ma anche all’alta complessità e al ruolo delle strutture private accreditate.
D’altro canto, le Regioni con il saldo negativo maggiore, che identificano le Regioni da cui i cittadini si spostano maggiormente per curarsi altrove (“indice di fuga”), sono Campania, Calabria, Sicilia, Puglia e Lazio.
Secondo Fondazione Gimbe, nel 2022 le Regioni con un saldo negativo rilevante (oltre -€ 100 milioni) includono Campania (€ -308,4 milioni), Calabria (€ -304,8 milioni), Sicilia (€ -241,8 milioni), Puglia (€ -230,2 milioni), Lazio (€ -193,4 milioni) e Abruzzo. Queste Regioni, escluso l’Abruzzo (€ -104,1 milioni), concentrano il 78,8% del saldo passivo nazionale.

La fuga di pazienti da queste Regioni contribuisce al flusso migratorio sanitario che è prevalentemente diretto da Sud a Nord. Secondo i dati disponibili, si registra un miglioramento nel saldo negativo per la Campania e il Lazio nel periodo 2019-2023, con una riduzione dei costi della mobilità passiva e un aumento dei ricavi (mobilità attiva).
Al contrario, la Lombardia ha mostrato un peggioramento in termini di fuga (+13%). L’Umbria ha registrato un notevole aumento dei costi di mobilità passiva (+24% rispetto al 2019).

LEA e mobilità
La forte correlazione tra l’adempimento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e i saldi di mobilità è evidente: quasi tutte le Regioni con un punteggio LEA inferiore alla media nazionale presentano saldi negativi di mobilità pro-capite.

Cosa vuol dire? Che nelle Regioni in cui il servizio sanitario pubblico non riesce a garantire le cure essenziali si registra una maggiore propensione a spostarsi per motivi di salute.
Per approfondire il tema della mobilità sanitaria, consigliamo la visione della presentazione dei dati AGENAS (dal minuto 32 l’inizio della registrazione).
Il ruolo della sanità integrativa
Nell’ambito del fenomeno della mobilità sanitaria si inserisce anche la sanità integrativa, che rappresenta il cosiddetto secondo pilastro socio-sanitario e unisce le esigenze dei pazienti con la necessità di razionalizzazione della spesa del Servizio Sanitario Nazionale.
Perché è importante la sanità integrativa per contrastare la mobilità interregionale?
Volendo sintetizzare, potremmo dire che grazie a un buon piano di assistenza sanitaria integrativa si può accedere a cure mediche e diagnostiche in tempi rapidi, evitando quindi le liste d’attesa sempre più lunghe, a costi sostenibili se non gratuitamente.
Poter usufruire di prestazioni sanitarie tramite un fondo di assistenza sanitaria integrativa, come Fondo ASIM, consentirebbe al cittadino/paziente di individuare, tra le strutture convenzionate, quella più adeguata alla proprie esigenze e, possibilmente, più vicina al comune di residenza o di effettuazione della prestazione lavorativa.
In questo modo, si avrebbe:
- una riduzione delle prestazioni erogate da ospedali e strutture pubbliche, con conseguente possibilità di razionalizzare le spese e le liste di attesa migliorandone l’efficacia;
- minor disagio per il cittadino, che potrà curarsi senza doversi spostare in un’altra regione e senza attendere le lungaggini delle liste d’attesa;
- mantenimento sul territorio delle risorse finanziarie destinate dal SSN alle regioni di pertinenza da utilizzare per i potenziamenti strutturali dei centri sanitari.
La sanità pubblica e la sanità integrativa dovrebbero quindi collaborare, creando un tavolo comune per migliorare, con il contributo del tessuto imprenditoriale nazionale, dei sindacati, delle associazioni di categoria e dei medici di base, l’erogazione di servizi sanitari ai cittadini italiani senza gravare sui conti, già disastrati, del SSN.
Analizziamo i dati elaborati dal sistema di business intelligence del Fondo ASIM in merito alla migrazione sanitaria nel settore di riferimento.
Negli ultimi 12 mesi, tra le prestazioni rimborsabili (Ticket del SSN e prestazioni diagnostiche e specialistiche), il 3,62% risulta essere stato effettuato in Regioni diverse da quelle di residenza. Un dato rilevante, se si considera la composizione socio-economica degli iscritti al Fondo ASIM, caratterizzati da un’elevata percentuale di operai a reddito “contenuto” (90%).
L’analisi per aree geografiche evidenzia una variazione significativa: si passa dal 31,7 per mille di prestazioni effettuate fuori regione sul totale, per i lavoratori residenti nel Nord-Est, all’83,1 per mille per le regioni del Sud. Un dato che conferma le importanti differenze esistenti tra le diverse realtà del nostro Paese.
